Ci sono frasi dal sen fuggite che marchiano nel tempo una persona anche se ha un trascorso con meriti e impegno. Continua a tenere banco sui giornali la polemica che ha per protagonista la giurista Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi. La scorsa settimana la relatrice ONU aveva definito la senatrice Liliana Segre, sopravvissuta all’olocausto, “non lucida” sulla mattanza di Gaza argomentando con la metafora che il cancro non può essere curato da chi è malato di tumore ma solo dall’oncologo. Dopo l’infuriar delle polemiche, la signora Albanese si è scusata con la senatrice Segre ma il dibattito si è infuocato. E il Golem non fa certo da pompiere.
Avvolta in tutta la sua furia censoria e chiamata dall’Altissimo a salvare gli oppressi del mondo intero, da qualche giorno è ricomparsa su video, giornali ed eventi mediatici di ogni tipo una originale reincarnazione del domenicano Tomàs de Torquemada, noto maestro di tolleranza, comprensione, imparzialità e dialogo. Quest’erede in sedicesimi del grande Inquisitore di Spagna ha fatto la sua comparsa distribuendo condanne e perdono a sua assoluta discrezione, perché posseduta dalla verità più inconfutabile: la sua.
Forte di incrollabili certezze ella divide la realtà in due emisferi. Il primo che, pur essendo enorme, a stento contiene il suo ego e la sua benedizione ai “tagliagole” di Hamas e a tutti i terroristi che vanno capiti, anziché condannati. Nel secondo invece, molto più contenuto, l’inquisitrice senza macchia e senza paura colloca tutti coloro che osano, non tanto dissentire che è imperdonabile, quanto timidamente non fare proprio il suo verbo. Fra costoro spicca il sindaco di Reggio Emilia che si è permesso, il tapino, di citare anche le vittime del 7 ottobre, accanto ai morti di Gaza. Mal gliene incolse al poveretto, sbeffeggiato e fischiato e poi perdonato da una magnanimità che dice esattamente dove stia la giustizia. Ma soprattutto la “non più lucida” senatrice Liliana Segre, rea di essere ciò che è ovvero la Memoria vivente dell’orrore, trova spazio in quest’emisfero, tutto foderato di pregiudizio, intolleranza e antisemitismo.
Se questa è la democrazia dell’inquisitrice democratica internazionale che, per risparmiare sull’inutilità del confronto premette che la anche la ragione è solo la sua, quasi quasi l’aperitivo lo bevo con Claudio Cia, l’uomo che davanti a una domanda banale se l’è svignata, rispondendo: “Io non sono io”.
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