Si dice che Natale è la festa della famiglia. Di questi tempi della “famiglia allargata”. Ma è anche la festa della solitudine, di coloro che la vita ha segnato ben oltre il limite della sopportazione. Uomini e donne e bambini senza prospettive, comunità di accoglienza che accolgono i disperati e gli sconfitti, i precari dell’esistenza. Una volta l’anno, a Natale, la pubblicità del panettone si incarica di ricordarci di essere “più buoni”. Sottotitolo: o almeno fate finta. Va in scena il presepe, il girotondo dei lumini, l’albero con le palle colorate. E tavole imbandite e discorsi tanto per dire. E poi, nella notte piena di stelle, “sgionfi de zèlten e pieni de vin cot” si guadagnano la casa ed il “paión”. Pronti a replicare giusto una settimana dopo quando, da San Silvestro, alle libagioni seguiranno i botti. La nota rapida e sapida di Pier Dal Ri.
Vigilia. Natale bussa, in molti cercano un invito qua o là per passare la serata in compagnia. C’è chi ama restare a casa, per non smentire il detto “con i tuoi” o, se con moglie o compagna, spesso con i “suoi” (di lei, perché i congiunti della sposa sono più parenti). Popi e veciòti, nonni e matelòti, regali e “pensierini” ben incartati e momenti molto aspettati. “Fame en regal per Nadal”: è così che la festa si tinge di magie scintillanti, sorprese banali e convenzioni ormai consumate ma anche novità inattese e sconvolgenti. A Natale bisogna aspettarsi di tutto: “Ne vedén per Nadàl”, e “ghe parlo mi”. La sera della vigilia, fra tortellini in brodo e una fetta di lingua e cotechino, può capitare, del tutto inatteso, qualche piccante discorsino. Le lenticchie, abbinate al purè di patate e alla salsa verde, alla mostarda e alla peveràda, devono fare orecchiette da mercante, poiché ne sentono di tutti i colori. Le chiacchiere dell’aghifoglio potrebbero esulare dalla banalità del solito cerimoniale natalizio basato sulle ovvietà. “Che classe faràlo el pòpo?” Oppure: “Attento che la tua bimba è già una signorina” e fra un po’ la “te scampa”. Poi, magicamente, può scattare l’espressione: “Za-che-te-vedo”!
Eh sì, in queste cene di famiglia si presenta talvolta l’opportunità di affrontare argomenti ostici, lasciati decantare troppo a lungo fino a “fare la tela” e resi feccia da eliminare dal fondo del barile familiare. Potrebbe essere l’occasione propizia per cercare (e magari trovare) una soluzione serena, pacifica e attesa per risolvere questioni e tensioni che nelle famiglie covano sotto la cenere dei caminetti accesi a Natale.
“Fame en regàl de Nadal”: l’auspicio delle mamme e di molti stressati dalla tensione, “fé pàze che l’è ora”. In molti, probabilmente, aspettano che prenda corpo qualche saggia definizione su questioni trascinate e irrisolte da tempo. Natale arriva e le chiacchere pure. Poi all’Epifania assieme alle feste (ma non sempre) anche le questioni familiari vengono trascinate via. Per l’anno e il Natale prossimo venturo. Non sempre si possono siglare “l’accordo del tortellino” o la” pace del cotechino”. Nadàl non è sempre e solo Nadàl. Ogni tanto… gioca pure a tennis e i problemi di famiglia diventano palle. Da sbattere: come le uova (di Pasqua).