Con l’ultimo sospiro di don Bepi Grosselli se ne va un altro tassello della storia, della fede e della religiosità autenticamente popolare di questa terra. Se ne va il buon senso e la preghiera praticata, oltre che recitata. Se ne va la generosità e la passione. Se ne va un Uomo del suo tempo, ancor prima che un Uomo di Dio.
Don Bepi – con il quale ho avuto il grande piacere di collaborare per un periodo nella ricerca e nella scrittura di testimonianze attorno alla Resistenza dei cattolici in Trentino – non era un “prete- operaio”, bensì il prete degli operai, perché portava la Parola e ascoltava le parole, dando un senso di convinta partecipazione e di originale calore umano al Messaggio evangelico.
Don Bepi se ne è andato in vigilia di Natale. Si è allontanato dal nostro sguardo, in silenzio come si conviene agli addii veri, per rinascere a quella “nuova vita”, carica di speranza, che è sempre stata una costante del suo esempio e del suo insegnamento.
Appartenendo ad una schiatta di uomini di grande fede e di profondo realismo, aveva anch’egli costruito la propria storia nel solco del magistero dell’arcivescovo Gottardi, vivendo la propria missione dentro la società, anziché nell’astrazione mistica o nell’impegno per la custodia dell’ortodossia più rigida e conservatrice. “Ecce sacerdos!”
Sono stati preti come don Bepi che hanno dato una impronta importante ed originale alla Chiesa tridentina, segnando preziose stagioni di dialogo e di confronto con l’Altro, anche affrontando avversari ideologici o pregiudizi consolidati, ma sempre cercando la verità e mai imponendola. La Chiesa di don Bepi era aperta e non ottusa; una Chiesa tradizionalmente collaterale al confronto politico e sociale, anziché una Chiesa rinchiusa nella custodia del dogma ed immobile rispetto al mutamento sociale; una Chiesa quindi più ghibellina che guelfa, fedele alla traccia di una storia secolare.
Don Bepi è adesso dentro il caldo cuore del suo Dio: un Dio di misericordia, di tolleranza e di serenità; aperto all’abbraccio con la gente; un Dio di perdono e di modernità; un Dio sorridente e universale; un Dio di tutti e non di pochi. Ed è quel Dio che adesso culla l’eterno riposo di don Bepi, per il quale già splende la certezza della Luce eterna.