Un’opera d’arte di legno di cirmolo, uscita da un laboratorio a Segonzano, celebra gli 800 anni del presepe ideato da S. Francesco. Lo scalpello di Egidio Petri ha completato l’idea maturata sei mesi fa a Gerusalemme. Farà bella mostra come paliotto dell’altare nella chiesa dei frati francescani a Venezia. Finestra sul Medio oriente sconvolto dal terrorismo e dalla guerra.
Albrecht Dürer (1471-1528), pittore e incisore tedesco, tra gli artisti più celebri del XVI secolo, compì due viaggi a Venezia dalla natia Norimberga. La prima volta che raggiunse la Laguna fu nel tardo autunno del 1496, al seguito di alcuni mercanti d’oltralpe che avevano i magazzini nel “fondaco dei Todeschi” sul Canal Grande di Venezia. In quell’occasione, giunto a Laghetti di Egna, il Dürer fu costretto a deviare il suo viaggio a causa dell’esondazione dell’Adige e dell’allagamento dell’intera valle Atesina. Salito ai Pochi di Salorno scollinò in val di Cembra e sostò al castello di Segonzano. Da lì raggiunse Civezzano e la Valsugana senza passare, all’andata, dal castello del principe vescovo di Trento. Alcuni acquarelli conservati in vari musei d’Europa “raccontano” quel viaggio che portò Albrecht Dürer a confrontarsi con l’arte italiana, segnatamente con i pittori veneziani. Tra questi Giovanni Bellini (1430-1516) che Dürer definì “il miglior pittore di tutti”.
Ebbene, una delle opere del Bellini (“Madonna con bambino e Santi) del 1507 è conservata, quale pala d’altare, nella chiesa di San Francesco della Vigna a Venezia. Vi figurano pure un’Adorazione dei Magi di Federico Zuccari (1564); la Pala Giustinian di Paolo Veronese (1551). E pure opere del Tiepolo, di Tintoretto, di Alessandro Vittoria, di Palma il Giovane. Uno scrigno d’arte sacra come lo sono le mille chiese della laguna veneta.
Ma in questo Natale 2023 all’interno della chiesa di S. Francesco della Vigna, a Venezia, è comparsa pure un’opera dello scultore trentino Egidio Petri (1955) da Segonzano. Una Natività che ha avuto origine a Gerusalemme il 25 maggio scorso. L’artista della val di Cembra vi si era recato assieme all’arch. Bruno Pedri e altri per piantare nell’orto degli Ulivi una stele di porfido con riprodotta la campana dei caduti di Rovereto. Il bronzo, che dal colle di Miravalle rammenta le carneficine della Grande guerra, ha propiziato un gemellaggio favorito dai frati francescani della Custodia di Terrasanta.
Nel maggio scorso, a Gerusalemme, il francescano veneto Stefano Cavalli ha proposto allo scultore Egidio Petri un’opera per celebrare gli 800 anni del presepe, la sacra rappresentazione che si vuole ideata da S. Francesco d’Assisi, a Greccio, due settimane prima di Natale del 1223.
Egidio Petri, che è un eccellente scultore, ha scavato e scolpito un paliotto in legno di cirmolo, alto un metro e largo due. L’opera è stata consegnata l’antivigilia di Natale del 2023.
Sulla sinistra del grande quadro figurano i pastori e lo zampognaro della tradizione dell’Italia centrale; al centro: la famiglia di Nazareth e, sulla destra, San Francesco con i suoi primi seguaci. Per rappresentare la Madonna con Bambino, Petri si è ispirato alle opere di Dürer e di Bellini. Ecco spiegata l’ampia premessa di questo testo. Accanto alla famiglia di Nazareth fa capolino la stele con la campana dei caduti di Rovereto “piantata” nell’orto degli ulivi a Gerusalemme. Lo sfondo, inconfondibile, è l’acquarello con i rilievi düreriani della val di Cembra.
Insomma, tutto si tiene e tutto si completa. Un filo sottile lega Dürer a Bellini, Petri a Dürer che ha onorato con lavori di ispirazione düreriana in più di un’occasione, e la chiesa dei francescani di Venezia con Trento posto che vi operò lo scultore Alessandro Vittoria (Trento 1525 – Venezia 1608). In particolare, nella cappella Montefeltro figurano i marmi di tre santi: Sebastiano, Antonio abate e Rocco. Le statue furono scolpite tra il 1563 e il 1564. Due statuette di bronzo, dello stesso Vittoria (S. Francesco e S. Giovanni Battista), furono trafugate nel 1992. Oggi sono sostituite da copie.
Il paliotto scolpito da Egidio Petri a Segonzano è dunque in buona compagnia. “Splendido – scrive la prof. Casimira Grandi, veneziana doc, trentina da una vita – per la splendida chiesa del Sansovino, sede del Commissariato per la Terra Santa, Leggenda vuole che si chiami così perché Francesco, quando tornò dalla Terra Santa, piantò il suo bastone e nacque una vigna”.
Con questa Natività di legno di cirmolo, ideata fra gli ulivi del Getsemani (e oggi Betlemme richiama più il Golgota che il Natale), auguriamo orizzonti di pace, la sconfitta della violenza, la serenità di giorni migliori.
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