Torna il “giorno della memoria”, il 27 gennaio anniversario della “scoperta” (1945) dei campi di sterminio di Auschwitz-Birkenau, in Polonia, da parte dei soldati della 60a Armata, e la liberazione dei pochi superstiti all’olocausto. Nell’Italia delle leggi razziali fasciste (1938) e del post-fascismo, una legge del 20 luglio 2000 ha istituito il “giorno della memoria”. Una legge di soli due articoli che recitano:
“1. La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
2. In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere”.
Per contrastare il negazionismo, per fare davvero memoria di ciò che accadde perché non debba più accadere, il Club Armonia, in collaborazione con il Coordinamento Teatrale Trentino, ha avviato da anni un progetto culturale. Nel 2022 gli attori dell’Armonia portano in scena, in varie località del Trentino, un recital tal titolo equivoco e sinistro: “Jedem das Seine”, “A ciascuno il suo”.
Il recital è proposto in sedici località: San Michele all’Adige (24 gennaio); Cembra (25 gennaio); Trento, teatro “B. Cuminetti” (27 gennaio); Cles (28 gennaio); Aldeno (29 gennaio); Roncone (30 gennaio); Vigolo Vattaro (1° febbraio); Cavalese (2 febbraio); Telve Valsugana (3 febbraio); Isera (4 febbraio); Lavarone (5 febbraio); Coredo (11 febbraio); Spiazzo Rendena (12 febbraio); Vermiglio (18 febbraio); Ossana (6 marzo)
Autore dei testi e regista del recital è Renzo Fracalossi, prezioso collaboratore di questo “foglio liquido” al quale affida le sue riflessioni sul giorno di una “memoria flebile”.
Forse ci siamo illusi. Forse abbiamo creduto che il nostro Paese, storicamente poco propenso a coltivare l’odio antisemita e dopo la rilettura della vergogna delle leggi razziali fasciste, fosse quasi esente dall’attuale diffusione della xenofobia, del pregiudizio razziale e dell’antisemitismo. Forse pensavamo di poter ridurre tutto ad esibizioni di una minuscola minoranza di “nostalgici”, di esaltati e di estremisti. Eppure così non è. Anche grazie agli anonimati delle reti social ed a certe tifoserie sportive gonfie di violenza, i segnali di una ampia recrudescenza si sono fatti via via più preoccupanti, al punto di dover proteggere figure, come quella della Sen. Liliana Segre, che dovrebbero invece costituire il condiviso “Pantheon vivente” dei Padri morali di quest’epoca.
Per capire bisogna conoscere. Diremo quindi che va fatta anzitutto una distinzione fra l’antisemitismo più recente e l’antigiudaismo legato alla tradizione religiosa del cattolicesimo che identificava nei “perfidi giudei” tutto il popolo ebraico e che seminava pregiudizi ancor oggi assai diffusi, come quelli dell’avarizia, della cupidigia e del complotto universale. Ciò nonostante, in Italia l’antisemitismo non ha mai raggiunto, anche nei suoi momenti di maggior affermazione, le forme di acuta violenza registrate invece nell’Europa centrale ed orientale. Gli ebrei sono piuttosto indicati, nella storia unitaria del regno, come i responsabili di un grandioso complotto anticristiano, pensato e perseguito dal liberalismo, dal socialismo e dalla massoneria.
Solo con gli anni Venti del Novecento, la pubblicazione in Italia del pamphlet fortemente antisemita dei “Protocolli dei Savi Anziani di Sion”, voluta da Giovanni Preziosi, figura di spicco dell’antisemitismo continentale, modernizza il tema dell’antico pregiudizio religioso e lo trasforma in oggetto politico, dapprima ignorato dal fascismo per poi, dopo la svolta imperialista e razzista del regime, diventare parte della struttura portante dell’ideologia mussoliniana. Una forte campagna di stampa antisionista avviata ancora nel 1936/37, costituisce la premessa propagandistica all’emanazione delle leggi razziali del 1938, che rappresentano il “corpus giuridico” antisemita più sostanzioso fra tutte le dittature del XX secolo, ivi compresa quella nazista.
Le conseguenze di questi provvedimenti imprevisti ed inattesi furono molto pesanti e durature, comportando soprattutto l’esodo di molte personalità di rilievo culturale e scientifico; l’abbandono degli studi per tutti i ragazzi ebrei; l’espulsione progressiva dalla pubblica amministrazione e dalle libere professioni; il divieto di “matrimoni misti” ed infine la revoca della cittadinanza che colpì tutti gli ebrei italiani.
Lo scoppio della guerra non portò ad alcun mutamento nella condizione dell’ebraismo in Italia e con la resa e la creazione della Repubblica Sociale Italiana, la persecuzione antisemita, caldeggiata dall’occupante-alleato nazista, si fece più serrata, portando alla morte nei Campi di concentramento e sterminio circa 8 mila ebrei italiani su di un totale di poco inferiore a 40 mila componenti della comunità ebraica nazionale.
La pace portò all’affermarsi di una complessiva cancellazione di ogni segno e ricordo della persecuzione antisemita, anche se molte leggi rimasero in vigore fino quasi fino alla fine del XX secolo.
Con l’avvio del nuovo millennio e l’introduzione di una norma che prevede la celebrazione del ricordo della persecuzione, sembrava che il morbo fosse stato definitivamente sconfitto, ma l’odio antisemita non smette mai di covare sotto la cenere della storia e così, nel volgere di poco tempo, sono riapparsi un po’ ovunque in Italia come in Europa, anche in virtù di politiche populistiche e di demagogie xenofobe, slogan, provocazioni, violenze e proselitismi che hanno consentito all’antisemitismo nostrano di rialzare la testa e di proporsi come uno degli elementi caratterizzanti anche dell’ attuale scontro ideologico e manicheo che pare segnare il tempo nostro.
Ci si chiede quindi quale utilità, al di là dei riti di circostanza, possa avere il “Giorno della Memoria” anche in questo Paese? Premesso che quell’evento non serve affatto agli ebrei italiani, per i quali la Memoria è un doloroso ritorno su storie familiari, individuali e di gruppo che hanno lasciato tracce indelebili, l’appuntamento annuale del 27 gennaio dovrebbe servire a tutti gli altri: cittadini, studenti, comunicatori e politici. Soprattutto a quest’ultimi dovrebbe parlare il “Giorno della Memoria” quand’essi tacciono, per un pugno di evanescente consenso momentaneo, di fronte al ripetersi di atti e segnali antisemiti; davanti alle derive nazionaliste e xenofobe che paiono alimentare circoli di pensiero politico nelle destre estreme e non solo; al cospetto degli ultimi Testimoni e del dovere di perpetrarne il racconto. Purtroppo, quella della Memoria è una voce flebile e spesso inascoltata, in una terra quasi vocata alla dimenticanza ed in una cultura che ancora alimenta l’erronea idea degli “italiani, brava gente”.
Quello che servirebbe, oggi più che mai, è un supplemento di verità, uno sforzo di giustizia, un impegno morale indissolubile. Ma forse è chiedere troppo, mentre il rischio del ripetersi è tutt’ altro che impallidito.