Fino al 27 febbraio 2022, il museo di arte contemporanea di Cavalese propone una rassegna di tre artisti: Italo Bressan (Vezzano, 1950); Franco Marrocco (Rocca d’Evandro, 1956) e Alessandro Savelli (Milano, 1955) che riassumono le “stagioni del colore” nelle loro “stanze americane”. Antonio Cossu, presidente di Promart, scrive nella presentazione del catalogo che la rassegna in val di Fiemme non è che la “tappa di un percorso di luce e di armoniche cromie che molti altri, di qua e di là dal mare (quello grande, l’oceano) potranno vedere”. Intanto proponiamo un assaggio con una recensione della mostra di arte contemporanea dovuta alla penna di Federica Giobbe.
Il colore in ogni sua forma trova spazio in questa mostra itinerante dalle cromie a tratti forti e dalle tinte decise. Tre artisti di fama nazionale e internazionale, tre modi di dipingere ed essere se stessi pur nelle differenze, tre peculiarità espressive che messe a confronto sfociano in un amore comune: la pittura che muove la sua luce nel colore. È così che queste tre esperienze di vita e di realtà pittorica hanno creato una rappresentazione collettiva senza precedenti, dove l’arte diviene auto rappresentativa del suo senso d’essere e di espressione. Mero protagonista di questa visione immaginifica dell’arte italiana contemporanea: il colore e le sue stagioni, dove la simbologia che ne deriva, conserva in sé tutto il valore tradizionale della sua universalità di linguaggio comune e comunitario. Un’universalità non soltanto geografica, ma presente a tutti i livelli della conoscenza e dell’essere. Questa mostra, che fa tappa al MAC di Cavalese, in primis, ha radici oltreoceano, in America, a Los Angeles, dove è stata portata per la prima volta a testimonianza dell’arte rappresentativa italiana nel mondo. Un successo senza precedenti, che ha di certo portato questi tre amici artisti a mettersi in gioco nuovamente, raffigurando il loro personale modo di vedere il mondo e le sue sfumature. Tutti e tre gli autori hanno proposto almeno un’opera di maggior formato, che ha partecipato alla prima tappa americana del percorso, mentre la maggior parte dei dipinti presentati in questa esposizione, sono piuttosto recenti, gran parte di essi sono stati svolti tra il 2019 e il 2021, come a voler tracciare una nota di coerenza ed evoluzione nei linguaggi di tutti e tre gli autori.
È risaputo che l’autenticità di un artista deriva dalla rivelazione della sua identità (una simbiosi tra il suo metabolismo espressivo e la sua cultura storica), e questo è evidente nell’arte di Italo Bressan, artista trentino d’adozione milanese, che presenta al pubblico un’arte dove il primo carattere del simbolismo delle sue cromie tenui e sfumate a tratti, e dai toni marcati e decisi da altre, denotano la sua mistica espressione per la pittura e sulla pittura, la quale diviene soprattutto un percorso improntato sulla memoria e sull’evocazione, come egli stesso racconta, nonché sulla metafora del vivere. “Tutti noi abbiamo fatto un viaggio all’interno del colore, un elemento che ci accomuna e diviene un’esperienza costante, sia per chi crea un’opera che per chi ne assapora il risultato; e in questo viaggio insieme, potrete percepire quanta tensione c’è nel colore e nella visione che esso accompagna.” Un’opera, quella di Bressan, che definirei neoespressionista nella vitalità del segno e del colore, esaltata da larghe ed esistenziali stesure delle sue timbricità evocative; dove i valori formali e cromatici pronunciati dall’artista, possono essere intuiti e rivisti in ogni sua opera, senza mai affaticarne lo sguardo. La sperimentazione del colore, in questa mostra, trascende l’ovvietà, dove negli ultimi mesi, Bressan l’ha sviluppata in particolare su vetro, con esiti mirabili. Come egli stesso suggerisce: “L’elemento che deve farci provare energia è il colore, in quanto amplifica e, a tratti, denota la stessa valenza della musica: Il colore è timbrico a volte tonale, e intona una musica che è capace di creare quell’elemento dell’immaginario che ci fa sognare”.
Altro artista d’impatto emozionale è Franco Marrocco, testimone di una turgida fisicità pigmentale, che ha un primo grande piano di rilievo nella sua “realitas” estetica. La prima sensazione che ci colpisce di fronte ad un’opera di Marrocco è senz’altro la sua semantica ricerca espressiva del colore, iniziata negli anni settanta nell’ analisi tra luce e spazio; la sua è una pittura forte, incisiva, a tratti esplosiva, quasi drammatica per quel “retour” dai toni accesi e vibranti, ma anche cupi (rossi, blu), che di colpo sfociano in “incendi di luce” (gialli, rossi, arancioni, azzurri), che inondano coralmente il contesto espressivo dell’artista e ne diventano piccoli nuclei di luminosità silenziosa. “Stanze Americane” nasce da una serie di mostre fatte prime a Los Angeles, Messico, Berlino, per poi approdare in Italia. Come egli stesso testimonia “è un’esperienza di tre artisti del colore con uno sguardo strabico verso la pittura, con tutte le distorsioni e le distrofie che possono nascere cammin facendo”. In Marrocco il colore, infatti, diviene visione, una presenza dell’assenza, virtualità iconologica del suo cammino artistico. La sperimentazione del colore che Marrocco presenta in questa occasione, si orienta prevalentemente sui toni bruni e sui bianchi, dove l’artista propone anche sei ampolle d’acqua pura (piovana), come a dare ancor più valenza e significato alle sue riflessioni sulla natura/ambiente, che si leggono sui suoi tracciati segnici (“alberi-reperti”, come egli stesso ama definirli). Per Marrocco, la collettiva “Stanze Americane” è prima di tutto una tappa condivisa con amici: “Questa mostra ha qualcosa che appartiene alla nostra identità, che unita all’identità dell’altro crea sinergie e unioni uniche”. Le opere, offrono all’osservatore la possibilità di lasciarsi trasportare e interpretare ciò che vede secondo la propria narrativa personale.
Anche l’artista Alessandro Savelli diviene protagonista della sua arte attraverso la luce ed i battiti silenziosi dei pigmenti che utilizza, i quali si estendono da una viscerale matericità pittorica, a delicate, tangibili stesure timbriche. Tutto è avvolto da un mistico alone di mistero e di verità: dove la realtà dello spazio-tempo è sempre, in noi e con noi, una verifica della memoria, una dimensione del proprio vissuto. La ricerca, in Savelli, non descrive la realtà, la interpreta e la rimodella su misura dello spettatore assorto e attento, il quale entra in contatto con la sua arte evocativa alla stregua di un respiro, delineando e sviluppando tonalità che vanno dall’azzurro, al blu, al viola, salvo due piccoli lavori in color marron e terra; lasciti delle sue evidenti stilizzazioni, che si manifestano attraverso le nervature materiche che legano il colore all’enigmatica caducità della vita e della visione della realtà, vero e proprio biglietto da visita di questo artista milanese. Maestro delle sue emozioni e dei suoi sentimenti, Savelli continua a percorrere, attraverso il colore, quell’infinito labirinto della realtà che gli ha permesso di dipingere il mistero della vita con evidente naturalezza, dove tutte è avvolto dal mistero di una personale interpretazione segnica. Le cromie di Savelli proiettano l’osservatore in un viaggio introspettivo, offrendo allo stesso tempo una nuova chiave di lettura della realtà. Un viaggio quello di questi tre artisti che approda all’essenzialità del colore nella sua forma più sublime: la luce e il suo contrasto, in quel “contesto aperto” (come direbbe Umberto Eco) che lascia spazio a libere e differenti interpretazioni; sinonimo di massima libertà immaginativa delle loro epifanie espressive, a metà strada tra un mistico estetismo e una ricerca del bello che accumuna ma sottolinea le proprie unicità comunicative.
Federica Giobbe
1 commento
Grazie a questa dinamica testata per aver scelto di dare spazio ad una notizia “di colore” in un tempo dove tutto appare grigio…
Grazie a Federica Giobbe per aver saputo leggere con sapiente analisi i linguaggi di tre artisti davvero di gran valore!