Mille anni di storia trentina sono condensati, con immagini, testi (dimenticanze e qualche svarione) nella sala d’ingresso di Palazzo Trentini, sede del consiglio provinciale, a Trento. Per i cinquant’anni della seconda autonomia, una iniziativa lodevole se lo scopo fosse quello di informare correttamente il volgo e l’inclita di “quanto siamo bravi” e di quanto affondano nei secoli le radici di codesto autogoverno. Ma il diavolo si nasconde nei dettagli e, talora, certe didascalie risultano fuorvianti ancorché esilaranti.
Per esempio: che ci fa la riproduzione di un ritratto di Massimiliano I, re di Baviera (1756-1825), accanto al testo dove si esaltano le decisioni di Massimiliano I d’Asburgo (1459-1519) e del suo Landlibell con il quale istituiva la difesa territoriale dando vita alle compagnie degli Schützen? Se ci fu un periodo nel quale non si sapeva nemmeno che cosa fosse l’autonomia, furono i tre anni di dominazione bavarese sul Trentino: dal 1805 al 1808. Con un’amministrazione marcatamente centralizzata sul modello francese imposto dopo il 1797 da Napoleone Bonaparte.
Già che c’erano, i curatori della mostra avrebbero potuto mettere il ritratto dell’altro Massimiliano I (1832-1867), pure un Asburgo, divenuto imperatore del Messico e fucilato a Queretaro dai repubblicani.
In fondo, sarebbe bastato prendere l’immagine del Massimiliano del Landibell dal ritratto che ne fece Albrecht Dürer (1519) o fotografare l’affresco dell’incoronazione a imperatore avvenuta a Trento nel 1508. La pittura, ci permettiamo di suggerirlo ai curatori delle mostre prossime venture, si può ammirare sulla facciata di palazzo Geremia, in via Belenzani. Immagine un po’ sbiadita ma di grande effetto scenico, opera di un pittore forse veneto. Ad ogni buon conto, ecco qualche altra considerazione di un lettore di iltrentinonuovo.it.
Autonomia, cosa non si fa per te?
In occasione del 50.mo anniversario del secondo statuto, nell’atrio di Palazzo Trentino e a spese del Consiglio provinciale, è stata allestita una mostra, curata da Carlo Andreotti già presidente della Provincia con un altisonante titolo: “Mille anni di autonomia: dal Principato all’Euregio”.
L’iniziativa potrebbe risultare anche utile e interessante, se solo si trattasse di una mostra didattica. Invece l’impressione è che sia tutt’ altro. Una visione fortemente di parte, condita anche da omissioni ed errori come qualche didascalia clamorosamente sbagliata, ha ridotto la mostra ad una “vetrinetta ideologica” del più sgangherato autonomismo. Mentre ad Andreas Hofer viene dedicato un pannello intero, Cesare Battisti è presentato ancora come un “traditore”, dimenticando le sue reiterate richieste di rinuncia della cittadinanza austroungarica. E poi, nessuna attenzione al Codice Wanghiano o alla rivolta del Belenzani oppure a Trento e Bolzano banchi di prova della “marcia su Roma” e men che meno agli Optanti trentini nel 1939.
Certo, riassumere mille anni in pochi pannelli non è facile. Magari affidandosi ad uno storico professionista forse gli esiti potevano essere diversi, posto che le risorse non mancano: dalla Società di Studi Trentini di Scienze Storiche alla Fondazione Museo Storico, passando per l’Università.
Si è invece deciso di affidare la cura della mostra a un amico di provata fede. Gli esiti sono sotto gli occhi di tutti, ovviamente a spese della collettività.
Ops, dimenticavamo: in una mostra storica non potevano mancare le fotografie dell’attuale presidente del Consiglio provinciale, uno che la storia dell’autonomia l’ha fatta. Soprattutto nelle aule giudiziarie.