Un ricordo struggente di Paolo Cavagnoli pubblicato dall’edizione trentina (venerdì 13 agosto) del “Corriere della Sera”, scritto da uno dei primi bambini affidati per un’adozione ad una famiglia trentina. Il ricordo di un “padre” che lo ha accompagnato per un largo tratto di vita.
Non è sopportabile perdere più di un padre. Nessun cuore resiste a tanto vuoto. Sono uno dei primi bambini di Paolo Cavagnoli che, giovanissimo assistente sociale, curò la mia adozione, donandomi così la straordinarietà di una vita all’insegna della generosità. Fatico a scrivere queste righe mentre la vista si appanna dentro un’assenza che sembra impossibile. Paolo Cavagnoli mi trasse da un orfanotrofio dove il destino provava a confinarmi e mi consegnò a due persone meravigliose che seppero – e tutt’ora sanno nonostante manchino ormai da tempo – ricoprirmi di un amore che non conosce confini di materia e di tempo.
Non vorrei che queste righe rientrassero nella pur onorevole tradizione dei ricordi in morte. Vorrei invece che queste povere parole favorissero una immediata resurrezione di Paolo, affinché la sua voce, la sua risata e soprattutto la sua particolare umanità ritornassero a tutte le bambine e i bambini; a tutte le ragazze e i ragazzi che Egli, insieme ad altri protagonisti del suo pari come Rino Eccher, Rosanna Giordani, Umberto Fumai e molti altri dei quali sembra irrimediabilmente persa la traccia, ha accompagnato dentro l’esistenza.
Paolo ci ha insegnato che la vita non è una landa deserta di dolore, ma un luminoso sentiero di speranza se l’uomo crede nell’uomo ed accantona i suoi egoismi in nome di qualcosa di più universale e indispensabile che si chiama amore.
Nei passi più importanti della vita ho sempre incrociato lo sguardo sornione e la parola amichevole di Paolo Cavagnoli che sapeva sempre sbriciolare il suo cuore per tutti i suoi ragazzi: quelli tolti dagli orfanotrofi; quelli inseriti nel mondo ed anche quelli con i quali ha fallito, ecco perché Paolo Cavagnoli è stato un dono. Non so di quale Cielo, di quale Dio, ma è stato un dono unico e irripetibile, perché ha saputo tradurre la speranza in concretezza ed il sogno di fratellanza in una realtà che molti come me provano a vivere ogni giorno, pur fra mille errori e mille domande irrisolte.Adesso che l’involucro materiale di Paolo si sta dissolvendo, rimane, in chi l’ha conosciuto, il suo istinto naturale al bene e la sua lezione che oltrepassa le dimensioni personali e diventa traccia universale capace di guardare all’uomo ed alla sua essenza, senza discriminazioni di colore, di fede, di idee e provenienze. Questo è Paolo Cavagnoli; un uomo che, nonostante le scadenze del tempo, resta con noi e non smette di guidarci: senza retoriche, ma con la forza dei valori profondi dell’umanità e la potenza del suo largo cuore. Ciao Paolo, che mi manchi già. Tuo Renzo Fracalossi.