Questione di punti di vista. Mentre i consiglieri della maggioranza, uscita dalle urne, sgomitano per un posto al sole (e una poltrona in Giunta Provinciale a Trento) i perdenti si apprestano a sede sugli stretti scranni dell’aula del consiglio Provinciale. Tra gli uni e gli altri, oltre alla differenza di indennità (chi ricopre cariche di vario genere ha un surplus di quattrini) è che i primi decidono, i secondi controllano. Se li lasciano fare, perché negli ultimi cinque anni nell’assemblea provinciale si sono uditi guaiti più che latrati da parte dell’opposizione. Ad ogni buon conto ecco che cosa pensa sul tema Pier da Rì il quale di Provincia e dintorni vanta cognizioni di causa:
Da giorni si parla di possibile e necessaria Giunta dei vincitori. La Provincia, anche a Trento, va amministrata. I programmi e le promesse, al popolo trentino e ai portatori di voti, devono prendere luce. C’è da giurarlo: con la benedizione di don “Zilio da trent” o di “Don-zelli” de Roma un governo provinciale nascerà. Litigarello, forse, ma, come da tradizione nel centrodestra (e non solo), “divisi su tutto, compatti sulla caréga”. Ogni problema, ne siamo certi, diventerà una risorsa per l’esercizio della mediazione, anche con fideiussione bancaria da 60 mila euro (mille euro al mese) a prova di fedeltà… al PATT.
La morale potrebbe suggerire alla sinistra di frequentare un corso di aggiornamento in casa Fugatti, dove il rospo con le gocce di limone sembreranno aragoste; la Gerosa, da zanzara diverrà libellula; Gottardi, il civico in sovrammercato; sarà elevato a Signore dei sensali il Tonina, il vecchio saggio della “magnadora ad altezza d’uomo ma con pastura di stelle alpine”. Daldoss, l’uomo simbolo del “saltafoss”.
Che dire di Kaswalder, in giacca con lana cotta e bottoni d’osso, assurto a pezza pantirolese per lenire la botta dentro le Stelle alpine, relegate a segnalibro di una storia già scritta e non più praticata.
Gran finale con chi è sempre fonte di discussione sulla sua libera assunzione, consapevole di quanto sia utile, benefico, salutare e un po’ proibito, fonte di rassicurazioni serene per le fatiche presidenziali: proprio lui, Spinelli.
Provate per un attimo a pensare cosa potrebbe accadere se nel centrosinistra fossero costretti a trovare un’intesa per la ripartizione di un pugno di incarichi, indicare assessori, designare presidenti d’aula o coprire posti di sottogoverno.
Una vecchia storia, qualcuno l’ha già vissuta direttamente, altri la ricordano come monito da evitare. Qualcuno, invece, sembra felice di non dover affrontare l’improba fatica. Al di là dei buoni propositi, difficilmente porterebbe a un risultato condiviso. Meglio così, si dirà! Scampato il pericolo, l’alleanza democratica di sinistra potrà (forse) sopravvivere. Dovrà litigare soltanto per la vicepresidenza del Consiglio provinciale; per la raccolta delle briciole da dare ai piccioni di piazza Dante; per le sedie destinate, per legge, ai perdenti. Seggiole che vanno pur ripartite tra fratelli-coltelli, distanti e diversi da quelli d’Italia, tra i quali l’unico tratto aggregante rimasto pare essere un senso di sollievo. La convinzione che il sole sorge tutti i giorni per tutti. Che l’onesta indennità di carica vien data a tutti, perdenti compresi, mentre i disastri alluvionali saranno un problema soprattutto per chi occuperà la stanza dei bottoni, per chi dovrà indossare gli stivali. E spalare fango. Un Fugatti con gli stivali: da non augurarlo nemmeno al peggior nemico.