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    Intervista

    Il candidato che vorrei eletto

    Alberto FolgheraiterBy Alberto Folgheraiter4 Ottobre 2023Aggiornato:6 Ottobre 2023Nessun commento9 Minuti di lettura
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    In vista delle elezioni – il 22 ottobre 2023 – per il rinnovo del Consiglio Provinciale di Trento (35 seggi disponibili per quasi 800 candidati), questo foglio liquido ha scelto di scegliere alcuni candidati di schieramenti diversi. Per proporre loro e ai lettori domande e risposte pertinenti ai temi oggi al centro del dibattito politico-amministrativo. Come è noto, ci sono sette candidati alla presidenza della Giunta Provinciale, appoggiati da uno o più schieramenti elettorali. In base alla legge elettorale vigente, il candidato-presidente che ottiene anche un solo voto in più degli altri conquista la maggioranza dei seggi disponibili. Minimo: 18 consiglieri, massimo 24. Alle opposizioni resterà l’onere di controllo e di opposizione all’interno del Consiglio Provinciale.

    Andrea de Bertolini, avvocato, “indipendente” nel PD

    Per coloro che fossero orientati a votare per il PD, il Partito Democratico, abbiamo scelto un… indipendente. Andrea de Bertolini, (1973), famiglia di avvocati, penalista egli stesso. Perché ha deciso di candidarsi alle elezioni provinciali?

    “Tutto nasce da questo senso di insofferenza che ha una base piuttosto profonda. Ho passato la mia vita a dare un contributo nei luoghi nei quali mi sono trovato ad operare: nelle aule giudiziarie e con la presidenza dell’Ordine degli avvocati”.

    Esattamente che cosa ha fatto?

    “Ho cercato di introdurre nel contesto sociale alcuni anticorpi. Perché, ogni volta che partecipi a un processo, alla base c’è sempre un conflitto: sociale, relazionale, e per me il processo è un luogo di ripartenza”.

    In che senso?

    “Sia quando sono accusati degli innocenti, sia quando sul banco degli accusati ci sono persone che hanno sbagliato, sia là dove si difendono le vittime la giustizia costituisce un momento di ripartenza”.

    Un auspicio più che una realtà, no?

    “È ovvio che si giudica un fatto passato ed è ovvio che la giustizia non può farsi carico di troppe pretese di risocializzazione. Tuttavia, poiché la pena ha una funzione costituzionale che deve essere quella della risocializzazione è evidente che quello è il luogo primario nel quale si devono investire risorse: personali, collettive, umane.”

    D’accordo, ma perché vorrebbe passare dalle aule del palazzo di Giustizia all’aula del Consiglio Provinciale di Trento?

    “Dal punto di vista professionale hai una relazione a due: tu, il tuo assistito, e poi c’è il resto del sistema processuale. L’agone politico, nel farsi carico di tutti i problemi della comunità amplia lo spazio di intervento e di impegno.”

    Per dare una risposta a chi e a che cosa?

    “Ai molti problemi del presente, certo, ma anche e soprattutto per concorrere ad un progetto di medio-lungo termine che è quello della salubrità sociale”.

    Che cosa significa?

    “Vuol dire: riduzione delle disuguaglianze, una diffusa equità sociale, il farsi carico di quelle vicende di marginalità sociale, e sono molte, che causano sofferenze a ripetizione.”

    L’immigrazione straniera, per esempio. Si riferisce a questo?

    “Questo è il tema che viene sventolato come un panno rosso davanti al toro del corpo elettorale, ma ce ne sono altri. Il mondo delle sofferenze è fatto da quelli che non hanno la casa, che sono disoccupati, o hanno grosse difficoltà personali. Penso al mondo della disabilità, al Terzo settore, alle dipendenze (da gioco, da alcool, da sostanze psicotrope) …”

    Sofferenze che gli ultimi anni hanno visto crescere.

    “Ed alle quali la politica deve rispondere in termini progettuali. Deve avere consapevolezza che sul territorio si depositano sofferenze non sempre visibili, anzi spesso sotterranee. Se non dai risposte rapide, concrete, decisive, potranno diventare luoghi di tensione, di conflitto sociale. Avremo persone che restano indietro, abbandonate ad un destino di marginalità.” 

    Perché si è candidato come “indipendente” nelle file del Partito Democratico?

    “Perché non ho mai avuto tessere di partito. Non che li ritenga luoghi di perdizione, ma vi si possono depositare dinamiche che non sono né positive né sane rispetto al significato di servizio che io do alla politica.”

    Pertanto?

    “Quando si è presentata la richiesta di disponibilità a dare una mano, consapevole di come il centro destra ha governato il Trentino negli ultimi cinque anni, ho avvertito la necessità di impegnarmi ma di continuare a mantenere una mia autonomia. Che credo sia anche coerente con la mia storia personale e professionale”.

    Che cosa promette agli elettori?

    “Non ho la presunzione di riconoscermi come indispensabile alla sorte futura della comunità trentina. Ma quel che posso promettere è impegno, lavoro e competenze.”

    Ecco, la competenza, in questi anni, ha lasciato molto a desiderare…   

    “Sono in difficoltà a parlare di me stesso, ma è evidente a tutti che ciò che connota la politica nazionale e locale, di questi tempi, è la scarsa presenza di competenze”.

    L’uno uguale a uno, lo slogan del populismo un tanto al chilo, ha prodotto questo risultato. 

    “Sui contenuti mi rifaccio a quanto sopra. Alcune direzioni su principi che non sono nemmeno negoziabili, o non dovrebbero esserlo, neanche in termini di cromie politiche. Mi riferisco a tutto ciò che ha a che fare con l’equità la quale significa “Terzo settore”: il volontariato in tutte le sue sfumature e nelle sue declinazioni”.

    Mille progetti rimasti nei cassetti di Piazza Dante quando non sono finiti nel cestino.

    “C’è una disattenzione e un dare per scontato che il mondo del volontariato esisterà sempre. Non è così che si governa la cosa pubblica. Non è con codicilli, pastoie burocratiche, obblighi e costrizioni a rincorrere ai professionisti per venire a capo di un problema, che si incentiva la generosità delle persone. E la disaffezione, in questi anni, si è vista e dilaga”.

    E sono presenze fondamentali per far funzionare lo stato sociale, per dare risposte là dove il pubblico non arriva e delega al privato (lautamente retribuito) servizi e disservizi.

    “L’istituzione si avvale di queste presenze nel vasto territorio delle sofferenze umane perché il Terzo settore ha un raggio di apertura enorme. Verso questo la politica deve garantire un’attenzione che negli ultimi anni non c’è stata. Vanno ridotti i costi di gestione che gravano su ogni attività del Terzo settore, diversamente una fetta cospicua del bilancio di questi enti di volontariato se ne andrà in risposte alla burocrazia e non ai bisogni”.

    Altro tema “caldo” al centro della campagna elettorale: la sanità.

    “È evidente a tutti che abbiamo un servizio che non risponde più con tempestività alle urgenze richieste. Vado oltre, con un giudizio che si deposita anche sulla salubrità dell’ambiente di lavoro.”

    Che lei ha rilevato anche sul piano professionale…

    “Vorrei evitare di parlare di questo. Ciò che invece mi preme rilevare è una progressiva carenza di personale. Significa che la cabina di regia, che non può non essere politica, è mancata. Conosciamo il meccanismo della nomina delle figure apicali e non mi scandalizzo. Resto sconcertato di fronte a una mancata regia politica nelle scelte che sono state fatte.”

    E qui si torna al tema della competenza. 

    “L’assenza della politica si ripercuote sul servizio ai pazienti ma non c’è dubbio che alimenta anche un disservizio di salubrità ambientale. Al netto di figure che conosciamo, di ottimi medici, infermieri, personale, resta il disagio generalizzato di una sanità che non è più in grado di dare risposte”.

    Nel pubblico. E nel privato?

    “Se la regia politica non pretende un certo tipo di gestione è ben difficile che quel mondo possa innescare delle pratiche virtuose. Quanto al ricorso al privato, si diffonde il timore e la convinzione che il diritto alla salute sia una faccenda da ricchi. E l’ingiustizia è dietro l’angolo”.

    Per quanto riguarda gli ospedali periferici, i centri di salute di prossimità, che cosa ha da dire?

    “È evidente che non possono e non debbono essere tolti. Vanno mantenuti e potenziati con talune specialità che sono consone al territorio. Penso a Cavalese o Tione sui quali gravitano in prima istanza gli infortuni dello sci o del turismo. Se l’ospedale di prossimità deve essere messo in condizione di dare risposte a problemi di salute di routine, Trento e Rovereto devono diventare centri di eccellenza, in alcune specialità già lo sono, come ospedali di secondo livello.”

    Sulla giustizia…

    “Le due province di Trento e di Bolzano devono concertare ed accettare la decisione, presa in sede regionale anni fa, di assumersi i costi della giustizia. Quella delega, da parte dello Stato centrale, non è mai stata attuata in modo serio.”

    Si è messo mano all’estetica del palazzo di Giustizia. 

    “Una mano di colore mentre non c’è mai stata una pianificazione sul personale da immettere nel comparto della Giustizia. Ancora 4 anni fa si sapeva che sarebbero andati in pensione: cancellieri, impiegati, personale della Procura. Sarebbe stato necessario un bando per immettere nuovo personale in maniera seria e strutturata. Si è preferito continuare con la logica del comando a tempo di personale dalla Provincia o dal Progettone”.

    Hanno voluto il giocattolo ma non sono stati in grado di giocare. Salvo poi dare la colpa agli Dei: del Covid, di Vaia, della congiuntura… Ultimo tema: la convivenza.

    “Sull’immigrazione straniera il primo problema è quello della sicurezza sociale. E si riferisce all’immigrazione irregolare o clandestina. Perché l’immigrazione regolare non costituisce problema essendo fatta da persone che sono entrate nel nostro Paese per lavorare o per ricongiungersi con la famiglia.”

    Il versante di quelli che i francesi chiamano i “sans papier”, i senza documenti, invece…

    “Se la sicurezza sociale viene perseguita consente di togliere quel rumore di fondo che avvolge l’intero problema. E per togliere l’acqua ai pirana, anche della politica, va riformata la legge Bossi-Fini che non consente l’emersione degli emigrati irregolari e non permette loro di integrarsi nel tessuto sociale. Oggi, chi entra in Italia come clandestino è destinato a restare tale, per anni.”

    In numerosi Paesi dell’Africa non esiste un’anagrafe, non vengono rilasciati passaporti. L’unica strada dell’emigrazione oltre il continente nero, verso l’Europa, non resta che il tentativo sulle carrette del mare.

    “E quindi è impossibile il rimpatrio di chi è fermato perché sorpreso a spacciare o delinquere. E genera il problema di avere sul territorio persone che non possono emergere. Le quali sono costrette ad alimentare un sottomondo che non ha accesso al lavoro, alla casa, alla sanità. Tale situazione, in prospettiva, è potenzialmente pericolosa. L’incrocio fra i due punti di partenza: non c’è possibilità di emergere e non c’è possibilità di rimpatriare, crea un luogo di umani per i quali è piuttosto elevata la possibilità che accedano a condotte illecite”.

    Così parlò l’avvocato Andrea de Bertolini, candidato indipendente nella lista del PD alle elezioni provinciali del 22 ottobre 2023.

    Avv. Andrea de Bertolini candidato alle elezioni provinciali del 22 ottobre 2023

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    Giornalista e scrittore. Negli anni Settanta redattore al settimanale “Vita Trentina”, alla redazione di Trento de “Il Gazzettino”, direttore responsabile di “Radio Dolomiti”. Dal 1979 al 2010 cronista alla redazione di Trento della Rai, poi capostruttura dei programmi (2007-2010); corrispondente dalla regione (1975-1996) del settimanale “Famiglia Cristiana”. Dal 3 novembre 2022 collaboratore fisso del quotidiano "IlT" del Trentino-Alto Adige. Ha pubblicato 27 libri su storia, tradizioni ed etnografia del Trentino-Alto Adige. È socio di Studi Trentini di scienze Storiche. È socio e direttore responsabile di "Judicaria", la rivista dell'omonimo Centro studi di Tione; e direttore responsabile della rivista "Teatro per Idea" della Cofas, la Federazione del teatro amatoriale Trentino.

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