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    Il Trentino Nuovo
    Home»Intervista»Verso le elezioni»2 – Il candidato che vorrei
    Verso le elezioni

    2 – Il candidato che vorrei

    Alberto FolgheraiterBy Alberto Folgheraiter9 Ottobre 2023Nessun commento11 Minuti di lettura
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    In vista delle elezioni – il 22 ottobre 2023 – per il rinnovo del Consiglio Provinciale di Trento (35 seggi disponibili per quasi 800 candidati), questo foglio liquido ha scelto di scegliere alcuni candidati di schieramenti diversi. Per proporre loro e ai lettori domande e risposte pertinenti ai temi oggi al centro del dibattito politico-amministrativo. Come è noto, ci sono sette candidati alla presidenza della Giunta Provinciale, appoggiati da uno o più schieramenti elettorali. In base alla legge elettorale vigente, il candidato-presidente che ottiene anche un solo voto in più degli altri conquista la maggioranza dei seggi disponibili. Minimo: 18 consiglieri, massimo 24. Alle opposizioni resterà l’onere di controllo e di opposizione all’interno del Consiglio Provinciale.

    Walter Pruner: “Così difendo l’autonomia”

    Per coloro che fossero orientati verso il voto ad un autonomista “doc”, abbiamo scelto Walter Pruner (1961) tra i candidati di “Casa autonomia.eu”. Figlio d’arte come si dice, con il papà, Enrico (Heinrich) Pruner fondatore e a lungo consigliere regionale del Partito Autonomista Trentino Tirolese. Oggi Walter Pruner si candida in contrapposizione a coloro che si dicono gli eredi di suo padre. Perché lo fa?

    “Non sono in contrapposizione ad alcuno. In questo passaggio elettorale, la perdita di bussola che ha portato, per la prima volta e caso unico in Italia, gli autonomisti a fianco dei nazionalisti di “Fratelli d’Italia”, ho ritenuto che fosse l’elemento di discrimine e obbligasse a porre un confine. E ad impegnarmi in prima persona per ribadire i fondamentali dell’autonomia”

    Con ciò venendo meno a una promessa, fatta a suo padre sul letto di morte, e cioè che non si sarebbe mai candidato a un ruolo di primo piano nell’agone politico. È così?

    “Ho sempre seguito il papà, fin da giovane. Poi lui ha patito la scissione del partito autonomista, le accuse ingiustificate e ingiuste. Lui ha dato tutto al movimento autonomista e non voleva che suo figlio subisse il medesimo trattamento. Me lo aveva raccomandato: “Se possibile… non farlo”. E dietro quel “se possibile” ho scorto quest’anno la necessità di dover affermare che c’è un confine che non si deve e non si può superare”.

    In queste settimane ha annusato, come si dice, l’aria. Soprattutto nelle valli, si immagina. Che sensazione ha?

    “C’è una sensazione di smarrimento, da una parte. Di voglia di risposta, dall’altra. Ma soprattutto c’è smarrimento perché una fetta importante, che non so quantificare, è ancora convinta che la scelta migliore sia quella di disertare il voto.”

    L’andare al mare di craxiana memoria…

    “Salvo poi criticare ed arrabbiarsi perché la politica non dà risposte. A costoro dico che è meglio, comunque, scegliere, piuttosto che delegare ad altri. Non è un buon segnale per il Trentino quello di delegare e poi indignarsi. Non è la storia del nostro Trentino che si è sempre rimboccato le maniche: nel volontariato, nell’impegno, nell’esserci in prima persona. Ricordo che nel dopoguerra la partecipazione era del 90%”.

    È difficile far capire che si deve andare a votare?

    “La delusione è molta. Nelle altre consultazioni, alla fine si riusciva a far capire l’importanza della partecipazione, adesso mi pare prevalente il disinteresse. Una disaffezione che non so quantificare ma che sarebbe importante, da parte di tutti i candidati, riportare a livello minimo. È una battaglia di civiltà”.

    Perché?

    “Pensare di essere rappresentativi di un Trentino nel quale vota solo il 50% degli aventi diritto e all’interno del quale, magari, coalizioni che vincono di misura rappresentano, alla fine, nemmeno un quinto dell’elettorato, è un fatto sul quale va fatto un ragionamento. Anche e soprattutto da parte delle forze in campo”.

    È venuta meno la capacità di governo dell’autonomia e, di conseguenza, di autogoverno da parte della popolazione trentina?

    “Pensare a un autogoverno con una partecipazione levantina mi pare una contraddizione”.

    Che cosa le chiedono i suoi potenziali elettori?

    “Sento molta attenzione ad uno stile di sobrietà, anche nel linguaggio, che è venuto meno e che è andato via via peggiorando. Ciò, in virtù del fatto che sembra sia più premiante un atteggiamento, anche dal punto di vista lessicale, populista. Pochi contenuti rispetto alla qualità di quello che viene espresso”.

    Ma il populismo ha o dovrebbe avere le gambe corte, no? 

    “I problemi complessi richiedono soluzioni complesse. Pensare di rispondere a problemi complessi con dei twit o degli slogan vuol dire non capire che con questi atteggiamenti non si risolvono i problemi”.

    Che cosa promette ai suoi elettori?

    “Non prometto nulla. Tutti promettono, io posso solo metterci la faccia e la mia storia personale. Un percorso semplice, onesto. Gli impegni sono noti a tutti. Credo che la differenza la faccia il declinatore”. 

    Il tema degli orsi e dei lupi, si dice, sarà dirimente per la vittoria o per la sconfitta. È così, a suo giudizio?

    “Se fosse così sarebbe una delusione. Perché la presenza dei grandi carnivori è un tema tecnico e non può essere un programma di governo. Se siamo ridotti a questo vuol dire che non consideriamo temi molto più concreti quali: il costo degli affitti, il blocco degli stipendi, le code sanitarie… Il tema, serissimo, della morte di un giovane sbranato dall’orsa in val di Sole, episodio che non doveva capitare, non può essere preso a programma di governo perché è un tema tecnico e come tale va affrontato. Non si può lucrare elettoralmente sulla tomba di una persona. Non si fa”.

    È in atto un braccio di ferro con i cosiddetti “animalisti”.

    “Questa maggioranza è attenta agli umori. Bravi ad intervenire con delle risposte populiste che tali restano e non influiscono minimamente sulla quotidianità delle persone”.

    La sanità, sì è detto, resta uno dei macigni da scalare (o da scansare) in codesta campagna elettorale. Ma dopo, che ne sarà dello stato sociale del Trentini?

    “Il 10 ottobre è la giornata mondiale della salute mentale. È sintomatico che questi temi che toccano da vicino molte persone abbiano poca attenzione da parte della politica. La sanità che non funziona non è solo un problema di budget. È un problema di gestione manageriale della sanità. Girando percepisci che abbiamo delle eccellenze in campo medico che si scontrano con un problema organizzativo. E dunque è un problema di scelte.”

    Tutti in coda armati di molta pazienza. Pazienti, appunto.

    “Le code non sono colpa del primario o di medici che non hanno voglia di lavorare. Alcuni dati portano a ritenere che la tendenza sia quella di indirizzare la sanità nel campo privato. Un solo dato riferito alle ecografie. Nell’anno in corso, 80 sono state usufruite nelle strutture pubbliche, 3.073 effettuate presso le strutture private: 97,5% contro 2,5% nel pubblico”.

    Impressionante. 

    “È evidente che quando uno ha problemi di salute mette mano anche ai fondi di famiglia pur di avere una risposta rapida e possibilmente efficiente. Ma talvolta questi fondi non ci sono e non è giusto ed è profondamente immorale che una persona sia costretta ad attendere mesi perché non può permettersi la visita o un esame a pagamento”.

    La crisi del volontariato mette a rischio anche la tenuta del welfare. 

    “Non per giudicare, fotografo la situazione: sul welfare questa Giunta provinciale è stata ferma. Oltre ad avere prodotto una sorta di gestione ordinaria in tutti i settori, sullo stato sociale è stata immobile. In questo ha mostrato il peggio di sé. Girando raccolgo lamentele e registro uno stato diffuso”. 

    Si lamenta mancanza di competenza, soprattutto.

    “È il risultato di una crisi della politica. I partiti, che un tempo facevano da filtro oltre che da scuola politica, sono evaporati nel personalismo. Non si fa più selezione di classe dirigente. Se viene meno la capacità di filtro del partito, il risultato che ci ritroviamo in piazza Dante è il prodotto della società.” 

    Ed è anche il risultato di una legge elettorale fatta in fretta e, taluni dicono, fatta male. Con un premio di maggioranza che premia la coalizione che abbia ottenuto anche un solo voto in più rispetto ai concorrenti.

    “Io sono per una legge assolutamente proporzionalista. Con uno sbarramento al 5% in modo da costringere i gruppi minori a trovare un accordo. Diversamente le piccole comunità rischiano di non essere rappresentate. Bolzano docet.”

    L’insoddisfazione monta…

    “In questo momento non è solo una battaglia per la soglia di maggioranza, è anche una battaglia dentro la battaglia. C’è anche la possibilità di un voto incerto. Perché se una coalizione non raggiunge il 40%, con 18 consiglieri su 35 la vedo dura a governare il Trentino”. 

    “Aiutiamoli a casa loro”. E intanto negli ultimi anni si è fatto poco o nulla, salvo smantellare strutture ed associazioni impegnate nell’accoglienza e nell’integrazione degli immigrati. Con quali prospettive?

    “Immigrazione: per quanto riguarda il Trentino non ci sono cifre allarmanti, tutt’altro. La nostra è sempre stata una terra accogliente. Parlando con i singoli io non trovo atteggiamenti razzisti. Li trovo in quei gruppi di persone che fanno riferimento a visioni ideologiche importate da fuori. Aleggia l’onda lunga del timore assoluto nei confronti dell’immigrato e poi vai in valle di Non, tanto per fare un esempio, dove sarebbe interessante capire che cosa succede in assenza di manodopera degli immigrati.” 

    È solo questo il problema?

    “Non è solo questione di manodopera poiché una forma di razzismo subdolo è anche quello di ritenere che sia utile solo l’immigrato in grado di produrre. E chi in questo momento non lo può fare? Va cacciato? Non esiste.”

    Siamo stati anche noi migranti in altre terre ed anche noi abbiamo subito l’onta del rifiuto. Nella civilissima Svizzera, cinquant’anni fa sulla porta di alcuni locali pubblici era apparso un cartello con la scritta “È vietato l’ingresso ai cani e agli italiani”. 

    “Noi dall’emigrazione abbiamo ricevuto rimesse e sviluppo. Adesso dobbiamo anche restituire”.

    Grandi opere: by pass ferroviario di Trento, alta velocità, completamento o abbandono definitivo del progetto PIRUBi. Che ne pensa?

    “Penso che a volte le grandi opere sono usate come occasione di distrazione di massa. Penso al ponte sullo Stretto di Messina, ma anche in casa nostra a roboanti progetti e poi non si trovano i soldi per l’Università. Il clima sta cambiando e pensare, per esempio, a finanziare piste da sci e impianti di risalita sotto i 1.400 m di altitudine mi pare solo una boutade elettorale. Certo, le Dolomiti e il lago di Garda sono due “bancomat”, ma come lo possono essere la valle dei Mocheni o la valle di Rabbi. Quindi attenzione al territorio ed a come lo lasciamo in eredità alle generazioni che verranno”. 

    L’analfabetismo di ritorno dilaga e di conseguenza dilaga anche l’esercizio della delega. Non si vota, che si arrangino, dicono coloro che non vogliono più avere a che fare con la politica. Come si fa a riaccendere la fiamma della partecipazione. Almeno al voto?

    “La cultura è importante. Quello che sta accadendo in queste ore in Israele è tristissimo. Ieri sera ho partecipato a una riunione di studenti universitari. Sono rimasto basito perché non sapevano nulla di ciò che stava accadendo nel vicino Oriente. Allo stesso modo: non sapere oggi se si vota a turno unico o doppio turno, non sapere che cos’è un ballottaggio, e via di questo passo, vuol dire che …”

    La scuola non ha fatto e non fa il proprio dovere.  

    “Il fatto che lo studente medio non abbia alcun interesse per ciò che lo circonda, per le dinamiche anche geopolitiche, porta poi alla disaffezione dal voto. Votare per chi e per che cosa? L’insegnante bravo è quello che suscita nei suoi allievi il gusto per la curiosità. Non è possibile, è esempio di ieri, che un universitario di 24-25 anni confonda il popolo palestinese con il popolo del Marocco o della Tunisia, o Israele con gli ebrei.”

    Un pronostico sulle elezioni del 22 ottobre. 

    “Settimane fa c’era una forbice molto ampia. Si è ridotta di molto. Le variabili sono ampie. L’ingresso di nuovi concorrenti nel centro-destra, il recupero che ha fatto il centro-sinistra, mi fanno dire che la partita è apertissima. Molto dipende, secondo me, dall’affluenza al voto”.

    Così parlò Walter Pruner, candidato di “Casa autonomia.eu” nella coalizione di centro sinistra con candidato presidente Francesco Valduga.

    ©iltrentinonuovo.it

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    Alberto Folgheraiter
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    Giornalista e scrittore. Negli anni Settanta redattore al settimanale “Vita Trentina”, alla redazione di Trento de “Il Gazzettino”, direttore responsabile di “Radio Dolomiti”. Dal 1979 al 2010 cronista alla redazione di Trento della Rai, poi capostruttura dei programmi (2007-2010); corrispondente dalla regione (1975-1996) del settimanale “Famiglia Cristiana”. Dal 3 novembre 2022 collaboratore fisso del quotidiano "IlT" del Trentino-Alto Adige. Ha pubblicato 27 libri su storia, tradizioni ed etnografia del Trentino-Alto Adige. È socio di Studi Trentini di scienze Storiche. È socio e direttore responsabile di "Judicaria", la rivista dell'omonimo Centro studi di Tione; e direttore responsabile della rivista "Teatro per Idea" della Cofas, la Federazione del teatro amatoriale Trentino.

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