Non ci sono medici su piazza per garantire una presenza costante nei due punti nascita di Cavalese e Cles. E così l’Azienda sanitaria del Trentino ricorre a una cooperativa bolognese per tenere aperti i reparti di maternità a Cavalese e Cles. Il costo di un ginecologo “in affitto” – informa il giornale l’Adige – è di 2.200 euro al giorno (12 ore di turno e 12 ore di reperibilità) o di 1.560 euro per 12 ore di presenza in reparto senza l’onere della reperibilità.
Se il conto della serva (cioè il calcolo fatto da noi) è corretto, sarebbero 803.000 euro per “l’affitto” annuale di un professionista della cooperativa sanitaria bolognese. Ne dovesse servire uno per Cavalese e un altro per Cles la cifra verrebbe raddoppiata. Nel 2023 a Cavalese si sono avuti 137 nati, a Cles più del doppio: 282.
Riferito al “medico in affitto”, lo scorso anno a Cles un bambino sarebbe costato 2.847 euro; a Cavalese 5.864 euro. Nel 2024 probabilmente qualcosa in più poiché i nuovi nati sembrano in ulteriore calo.
Per il momento e per tre mesi l’Azienda Sanitaria provinciale ha stimato una spesa di 138.900 euro (pari a 45 turni di guardia attiva di 12 ore ed altrettante di reperibilità; a questi si aggiungono 25 turni di guardia attiva di 12 ore senza i turni di reperibilità).
Nel merito una nota di Paolo Zanella e Francesca Parolari, due consiglieri provinciali del PD (ogni tanto l’opposizione batte un colpo).
“La notizia dell’apertura dei nostri servizi sanitari alle cooperative che forniscono medici – tra l’altro dopo che ci si era compiaciuti giusto qualche mese fa di essere gli unici a non avervi ancora fatto ricorso – è un dato tanto grave quanto allarmante. Il sospetto è che vi si faccia ricorso, non solo perché i concorsi per ginecologi vanno deserti e non si trovano più nemmeno gettonisti, ma anche perché alcuni di quegli stessi gettonisti, arrivati a fine anno, hanno raggiunto il tetto per le retribuzioni erogabili in un anno a carico delle finanze pubbliche (255.127,83 euro!) e in questo modo possono aggirare questo limite.
Il fatto che si metta in piedi questo investimento perché ci si è incaponiti a voler tenere aperti ad ogni costo i punti nascite, eletti ideologicamente a simbolo della difesa dei territori, oltre a sollevare perplessità dal punto di vista etico, mina in profondità il principio cardine su cui fondare i servizi sanitari: l’appropriatezza.
Nascite sicure si possono garantire negli ospedali cittadini, potenziando nei territori i servizi ostetrici e gli eccellenti percorsi nascite – magari evitando che le donne gravide debbano scendere a Trento durante il percorso per alcuni controlli, come oggi avviene… – e pensando a strutture dedicate alle donne arrivate al termine della gravidanza vicine all’ospedale cittadino. Il territorio lo si difende con altri servizi: a Cavalese con la riattivazione della risonanza magnetica, il potenziamento della gastroenterologia per avere prestazioni più vicine a casa, velocizzando il percorso di edificazione del nuovo ospedale. Potenziamo i territori iniziando a mettere a terra i progetti per riempire quelle case della comunità che oggi sono solo muri vuoti.”
Fin qui i due consiglieri del Partito Democratico. Ma le valli del Noce e le valli dell’Avisio sono bacini elettorali troppo ghiotti per privarli dei punti-nascita (anche se in deroga). I futuri elettori saranno pochi ma quelli attuali sono troppo importanti per la coalizione di maggioranza. E poi, tanto, paga Pantalone.