La notizia è di venerdì 14 aprile 2023: il TAR (Tribunale di Giustizia Amministrativa) ha momentaneamente graziato l’orsa JJ4 accogliendo, fino alla seduta di metà maggio, il ricorso della LAV, la Lega Anti vivisezione che chiedeva una sospensiva dell’abbattimento dell’orsa “assassina”, così come disposto con ordinanza dal presidente della Provincia di Trento, Fugatti. La sospensiva, l’ennesimo intervento in materia del Tribunale Amministrativo, ha suscitato indignazione e preoccupazione soprattutto nelle valli dove gli orsi scorrazzano beatamente in numeri sempre più consistenti. Taluno ha suggerito al presidente Fugatti di rassegnare le dimissioni da governatore e di consegnare le chiavi della gestione della Provincia Autonoma (?) di Trento direttamente al presidente del TAR. Una provocazione, certo, ma il segno di una insofferenza che si somma alla sofferenza di chi ha subito il lutto causato dalla malaccorta gestione del progetto Life Ursus. Le cui colpe, a questo punto, non si possono far ricadere esclusivamente su chi ha o ha avuto le chiavi del governo provinciale. Ormai siamo il Paese dei “no”.
Orsi da esportazione
Ma sì, la prenderanno prima o poi l’orsa JJ4 che, ignara dei divieti e delle preoccupazioni degli umani, ha sbranato e ucciso un giovane uomo di Caldes. E poi? Uno Zoosafari, in Puglia, vorrebbe averla come ospite da richiamo. I media locali hanno pubblicato il post della struttura di Fasano il cui Amministratore unico si “rende disponibile, qualora necessario, ad accogliere l’orsa, eventualmente realizzando un’apposita struttura ex novo”. Insomma una prigione dorata poco lontana dal mare di Puglia. Intanto si annunciano altre richieste di adozione di plantigradi ingombranti.
Anche se JJ4 sarà destinata, in un modo o in un altro, a finire i suoi giorni in val di Sole, resteranno sulle montagne del Trentino occidentale altri 120-150 figli, cugini, nipoti e consanguinei dell’orsa “assassina”. Nell’emozione e nella commozione del lutto condiviso, sono volate parole forti, proclami di sterminio e di deportazione, senza che chi li pronunciava abbia fatto i conti con la realtà. Come faranno a trasferire altrove (e dove?) almeno cinquanta esemplari di orso bruno. E chi li vuole, dopo il pericolo reale che qualcuno di codesti esemplari “sgorilli” e attacchi il primo runner di passaggio su un sentiero di montagna? Sarebbe perfino banale spedirli a casa di chi dice che l’orso è intoccabile e che gli umani devono imparare a convivere con i grandi predatori.
Il progetto di ripopolamento del parco Adamello-Brenta, avviato sul finire del secondo millennio, è sfuggito di mano da molto tempo. Chi paventava una crescita pilotata e una diffusione dei plantigradi sull’intero arco delle Alpi si è dovuto ricredere. Gli orsi hanno fatto ciò che gli umani faticano a fare: hanno cioè moltiplicato in pochi anni la loro progenie oltre ogni più rosea aspettativa. Contestualmente, gli stessi si sono ben guardati dall’attraversare i confini disegnati dal piano urbanistico provinciale. Probabilmente hanno avuto sentore che ai migranti dal territorio provinciale, soprattutto nell’area tedesca, viene riservata un’accoglienza simile a quella che taluni sovranisti-populisti vorrebbero offrire agli umani immigrati clandestini.
Infatti gli esemplari che si sono avventurati negli anni verso la foresta nera della Baviera o hanno superato il confine della Confederazione elvetica sono finiti anzitempo come trofei. Altri sono scomparsi dai radar a causa, s’è detto, dei radiocollari ormai scarichi. Eccolo il tema dei problemi: al principio ogni esemplare fu provvisto di trasmettitore di segnale, seguito a distanza dai forestali così come fanno i ranger nei parchi degli Stati Uniti. Ma quelle sono riserve dove chi ci va paga il biglietto d’ingresso; è ammonito a restare in automobile o entro spazi limitati; che non deve lasciare per terra nemmeno una briciola di pane; che le immondizie vanno depositate in casse a prova di sfondamento.
All’interno dei parchi dell’ovest degli Usa non ci sono paesi, città o stazioni turistiche, non ci sono malghe e pastori. In Trentino, da Madonna di Campiglio a Folgarida-Marilleva, da Cles a Tione, ci sono valli e ci vive una popolazione stanziale che non ha nessuna voglia di emigrare altrove. E nemmeno di convivere con la paura.
Archiviata la tragica morte di Andrea Papi è alle viste una sotterranea caccia all’orso, con le autorità preposte alla tutela della collettività (e dell’ambiente) chiamate a vigilare. Se nelle notti o di prima mattina si udranno colpi di fucile nel bosco, il disturbo sarà passeggero. Un incubo, per qualcuno; un sogno per molti.
Dopo le parole e i proclami, a chi vive in periferia, nei territori condivisi (obtorto collo) con i grandi predatori – orsi e lupi – è già arrivato l’invito a tenere a freno la lingua. “Sopire, troncare, padre molto reverendo; troncare, sopire…” fa dire il Manzoni (capitolo 19) al conte zio dei “Promessi sposi”. Ovvero: meno si dice, meno si sa. Meno si sa, fa pensare che la presenza dell’orso diventerà un problema… risolvibile. Sarà così? Si dice che le parole non sono pallottole. E non saranno le parole, pronunciate sulla tomba di Andrea Papi, a ridare serenità a una famiglia straziata, a una comunità sconvolta, a una popolazione furibonda.
Nel Trentino austriaco del primo Ottocento, la convivenza con i predatori fu risolta con una taglia. Ecco la “Circolare” diramata dal governatore del Tirolo, Ferdinando conte di Bissingen, il 29 gennaio 1818: “Sua Maestà Imp. Reg., sempre intenta a procurare il bene de’ suoi sudditi, osservando, che le misure fin qui prese per distruggere gli animali di rapina non ottennero il desiato scopo, si è benignamente compiaciuta, mediante alto decreto della Cancelleria aulica dei 10 ricevuto il 26 gennaio, di stabilire per l’uccisione di simili animali i premi seguenti da pagarsi dall’erario Camerale, cioè: per un orso femmina 40 fiorini; per un orso 30 fiorini; per un lupo femmina 25 fiorini; per un lupo 20 fiorini; per un orso o lupo, il quale non abbia ancora un anno, 10 fiorini. Solamente allora sarà promossa la concessione di tali premi quando formalmente sarà stata comprovata l’uccisione. La procedura relativa è assegnata esclusivamente ai Giudizj. L’animale di rapina ucciso dovrà essere presentato al Giudizio, il quale giudicherà con l’intervento dei due intendenti sull’età e sesso dell’animale; farà tagliare al medesimo la zampa destra dinanzi, estenderà sopra quest’atto un formale protocollo, e lo spedirà in seguito per mezzo dell’Ufficio Circolare al Governo. Ciò che si dovrà esattamente osservare in simili casi. Innsbruck, li 29 gennaio 1818”.
Le cronache del XIX secolo si occuparono più volte della caccia all’orso. Memorabile ciò che accadde tra la valle di Pinè e la val di Cembra sul finire dell’Ottocento.
Questa la relazione stesa il 21 maggio 1896 dal capocumune di Bedollo, Matteo Toniolli, e inviata alle autorità provinciali: “Ieri mattina verso le 8 un orso arrivato da Ceramont si avventò adosso a certa Domenica Andreatta dei Caselli a Piazze, la grafiò alla testa e al petto e la morsicò in un ginochio, abbandonò la donna semiviva e si portò al maso Marteri dove sfigurò un ragazzo di 11 anni con grafiate e morsicate. Dopo continuò a salire la campagna e inbatutosi con Barbera Dalpez la aferò colle zampe al colo e getata per terra ambi atacati si travolsero per un trato di circa 10 metri pel bosco e dopo averla morsicata alle bracia e alla testa la abbandonò. Continuato nel bosco, la bestia poi si portò alla località Laite mezza ora sotto il paese di Bedollo e imbatutasi in un ragazzo Eugeni Matteo che portava un gerlo di legna si rizzò in piedi e aferatolo pel gerlo lo getò a terra, il ragazzo credendo che sia un cane, colle mani gli teneva una zampa e l’orso lo morsicò nel bracio sinistro per due volte, allora la madre del Eugeni gridando disperatamente l’orso si allontanò.
Chiamato subito il medico dottor Carlo Zanetti, adoperò tutta la sera a medicare e cucire i quattro feriti. Il ragazzo Mattivi Giovanni versa in pericolo di vita.
Tutto il paese si è messo in moto per uccidere la bestia ferocie. Mandai a Segonzano e Valcava per far venire gente per cercar tuta la montagna. Tutta la montagna era carica di gente coll’intervento dell’I.R. gendarmeria di Baselga e Brusago e custodi forestali.
La gente stanca per aver cercato invano tuto il giorno, verso le sei di sera rincasò e subito dopo l’orso fu veduto sopra il maso Gausaldo, tereno di Segonzano. Avuto notizia in Bedollo subito l’Imperiale-Regia gendarmeria e diversi individui di Bedollo si portarono sopra luogo ma giunta la notte non potè fare nessun rilievo.
Oggi con 120 persone armate di Bedollo, Segonzano, Luch, Gagio e Valcava e gendarmeria di Cembra, Baselga e Brusago abbiamo perlustrato la montagna, ma non fu possibile rinvenirlo. Abbiamo trovato a metà della selva di Segonzano delle pedate fresche in due sentieri che indicavano essere andato per uno e ritornato per l’altro. D’accordo col Capocomune di Segonzano abbiamo stabilito di premiare chi ucide l’orso con fiorini austriaci 40, oltre alla solita taglia che percepisce dalla Provincia del Tirolo.
Dai fatti successi si rileva che la bestia è ferocissima. Nessuno perciò si arrischia più andare in campagna e ancor meno nei pascoli coi bestiami o nei boschi per legna. Prego della valida sua protezione per poter scovare la bestia e mettere in pace il paese”.
È quanto invocano dalle autorità provinciali (che a loro volta hanno rimbalzato il problema al ministro nazionale) coloro che vivono e sono costretti a convivere con gli orsi, nelle valli del Trentino occidentale. Con buona pace di coloro che discettano nei salotti televisivi. Scomodando De André, “si sa che la gente dà buoni consigli/ sentendosi come Gesù nel tempio/ si sa che la gente dà buoni consigli/ se non può più dare cattivo esempio…”.
Intanto in Giappone sono in vendita confezioni da 250 grammi di carne di orso. Al prezzo di 2.200 yen, pari a circa 15 euro. Sayonara.
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