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    Home»Scienza&Tecnica»La lumaca sconosciuta del Muse
    Scienza&Tecnica

    La lumaca sconosciuta del Muse

    redazioneBy redazione28 Febbraio 2023Nessun commento4 Minuti di lettura
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    Mentre i gourmet europei sono alle prese con la farina di grilli e con l’impasto di lombrichi, al Muse di Trento hanno scoperto una lumaca, finora sconosciuta alla scienza. Una lumachina che potrebbe essere arrivata nella serra tropicale del museo delle scienze, alle Albere di Trento, probabilmente dall’estremo Oriente, forse dall’Australia, mischiata al terriccio o “annidata” tra le radici di qualche pianta esotica. Fatto sta che la specie aliena ha suscitato curiosità e interesse. Non solo tra i ricercatori di varie università e centri specializzati. Ad ogni buon conto non è la prima scoperta degli scienziati del Muse. In dieci anni sono state individuate una cinquantina di specie sconosciute. Questo il comunicato diramato dall’Ufficio Stampa del Muse:

    Non credevano ai loro occhi le ricercatrici e i ricercatori dell’Università di Siena e del Museo di Storia Naturale dell’Accademia dei Fisiocritici durante uno dei campionamenti presso la serra tropicale del MUSE di Trento: nel setaccio, tra il terriccio e le piante della serra tropicale, ha fatto capolino una piccola lumacalunga circa due centimetri appartenente alla famiglia dei Rathouisiidae. Grazie alla successiva analisi morfologica e molecolare condotta in collaborazione con l’Università di Poznań, in Polonia, è stato possibile determinare che quel piccolo invertebrato apparteneva ad una specie sconosciuta alla scienza. 

    La nuova lumachina è stata descritta in un articolo scientifico sulla rivista Zoological Journal of the Linnean Society, prendendo il nome Barkeriella museensis, in onore del malacologo neozelandese Gary Barker e del MUSE di Trento, luogo della scoperta.  

    Il suo areale di origine rimane ancora un mistero, non essendo conosciuta in natura, ma potrebbe collocarsi in Asia orientale o in Australia visto che la famiglia a cui appartiene è diffusa in quelle aree. Ma incerta è anche la modalità con cui la lumachina è arrivata nel capoluogo trentino: probabilmente in seguito al trasporto di terriccio o di piante esotiche nella serra tropicale del museo.  

    La scoperta è avvenuta nell’ambito di un progetto di ricerca sulle specie aliene condotta dall’Università di Siena e dal Museo di Storia Naturale Accademia dei Fisiocritici, in collaborazione con l’Università di Poznań, in Polonia, e il National Biodiversity Future Center (NBFC) nell’ambito del PNRR. Il progetto è coordinato da Giuseppe Manganelli e Folco Giusti dell’ateneo senese, tra i pochi ricercatori italiani che si occupano prevalentemente di molluschi terrestri .

    “Il MUSE – spiega Debora Barbato, ricercatrice dell’Università di Siena/NBFC– è una delle aree di studio che assieme ad altri orti botanici e musei scientifici dotati di serre e giardini stiamo indagando in cerca di xenodiversità, quella componente della biodiversità costituita da organismi alieni, cioè non originari del territorio indagato. Il nostro settore di ricerca è quello dei molluschi terrestri e di acqua dolce, che comprende specie spesso introdotte in maniera del tutto accidentale con il trasporto di terriccio o di piante esotiche. Solitamente per trovare esemplari utilizziamo i classici metodi di campionamento usati per la fauna del suolo, ossia ricerca visiva, raccolta di terriccio e lettiera da esaminare in laboratorio”. 

    Andrea Benocci, conservatore del Museo di Storia Naturale Accademia dei Fisiocritici, descrive così la scoperta di Barkeriella museensis: “Sia a Trento che in altre città d’Italia abbiamo trovato numerose specie aliene, alcune delle quali mai segnalate prima in Europa. Ma al MUSE, in particolare, abbiamo scoperto questa lumachina tropicale, finora sconosciuta alla scienza: un ritrovamento abbastanza eccezionale. Una delle particolarità è che l’apparato riproduttore di questa specie è dotato di tre diversi condotti (ciascuno dei quali si apre indipendentemente) preposti allo scambio dei gameti: una condizione finora mai osservata nei molluschi terrestri, che generalmente ne hanno due”. 

    Non è la prima volta che il MUSE contribuisce all’identificazione di nuove specie in giro per il mondo, ma è la prima che diventa territorio di scoperta.Come spiega Massimo Bernardi, responsabile Ricerca e Collezioni del MUSE: “Il MUSE, nell’ultimo decennio, attraverso le sue attività di ricerca ha portato alla scoperta di circa 50 specie, quale esito dell’esplorazione territoriale. Nelle nostre collezioni sono conservati oltre 700 olotipi, cioè gli esemplari di riferimento per la descrizione di nuove specie. Questa volta, tuttavia, il MUSE diventa luogo di ricerca, a riprova di come non serva andare troppo lontano per scoprire nuova biodiversità: solitamente notizie di nuove specie ci arrivano da luoghi ad alta concentrazione di biodiversità come i Tropici o solo parzialmente esplorati come i fondali oceanici. In realtà, c’è biodiversità da scoprire tutto attorno a noi, anche nei luoghi che pensiamo di conoscere meglio, come una manciata di terriccio in una serra tropicale di un museo frequentata ogni anno da migliaia di persone”.

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