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    Persone&Personaggi

    Silvano Forti, il poeta del mondo contadino

    Alberto FolgheraiterBy Alberto Folgheraiter24 Luglio 2021Nessun commento4 Minuti di lettura
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    Addio a Silvano Forti che se n’è andato una sera d’estate mentre nuvoloni gonfi e neri, solcati dai fulmini e accecati da saette, annunciavano grandine e pioggia a devastare le campagne. Aveva superato la soglia dei novantaquattro e disseminato il campo della poesia di fiori e di opere che gli sono valsi meritati riconoscimenti anche fuori regione. Da “I dì dela mèrla” a “Fiori ‘n del formént”, dal “Mas del vènt” a “i tabernàcoi del còr”, da “La caréga de paia” a “Storie de paesi lontani”, per dire dei titoli di opere che formano l’antologia di una vita.

    Silvano Forti era orgogliosamente figlio di Romagnano, il paese agricolo a sud della città dove era nato il 3 gennaio del 1927. Ha patito la fame e la miseria. Rimase orfano a dieci anni. Il papà Cesare, infatti, morì di polmonite a 38 anni. A dodici anni, Silvano fu mandato in collegio. Qui si confrontò con lettere e latino, poi frequentò l’avviamento professionale. C’era la guerra. La fame fu anche carenza di affetti, accompagnata da una robusta dose di nostalgia. La parola “destràni” percorre in sottofondo molte sue poesie. Del resto “nostalgia”, che deriva dal greco, combina “ritorno” e “dolore”. Fu chiamato sotto le armi nel 1944, arruolato nella Todt, di guardia al ponte dei Vòdi “a batter svelleri con pic e badil”. Rischiò il campo di concentramento in Germania. Conclusa la guerra, fu “arruolato” quale impiegato civile presso il Distretto militare a Trento. Impiegato modello, attento alla legge e ai doveri di ufficio ma anche alle piccole-grandi storie personali di quei ragazzi che si presentavano al Distretto militare, smarriti, di fronte alla naja.

    Ascoltava, aiutava, dava consigli. Del resto, un poeta non può essere un impassibile e freddo burocrate. La prima raccolta di poesie – Fiori ‘n del forment – è del 1965. Seguita da “I dì dela merla”, che ottenne il primo premio triveneto (1985) nella prima edizione del concorso di poesia “Acque slosse” (acque stagnanti) a Bassano del Grappa. Ha pubblicato poi: “’L mas del vent”, “I tabernàcoi del cor”, “La carega de paja”, “I silenzi dela meridiana”, “La memoria che ziga”. Silvano Forti ha dato alle stampe anche un libro di racconti “Storie de paesi lontani”, rievocazioni personali della vita contadina e di paese.

    Ha ottenuto numerosi riconoscimenti. Nel 1990, a Cavarzere (Padova) gli è stato attribuito il premio di poesia dialettale “Ulgibos”. Faceva parte, assieme ad altri poeti dialettali trentini, del Cenacolo Trentino di cultura dialettale, fondato il 28 maggio 1989 dal giornalista e scrittore Elio Fox.

    Qualche frammento per dire la caratura del nostro, degno commensale alla tavola di Marco Pola, Arcadio Borgogno, Giuseppe Caprara, Fabrizio da Trieste, Antonio Bruschetti, Italo Varner: 

    La caréga de paia: “La Gègia, gòba, su per la scaleta/ la ràmpega pian pian, la va a dormir,/ cola candela en man, che al so respir,/ la mòve ombre per la camereta…”. 

    Polenta mora: “I contadini i slarga fòr sul’ara/el formenton segà, e col serciar/ i bàte, un sì, un nò, che ‘l par ‘na gàra/ ensèma ai vèci che se dà da far…”. 

    ‘Na sera de silenzi: “Na sera de silenzi. Forsi ‘l fiòca./ No se sènte ‘na voze o ‘n bàter d’ala./ E rumega le bestie zo ‘n la stala./ E sogna zo ‘n la cuna la me pòpa…”.

    Paròle vèce: “Ma cossa scriveràle mai le àgole/ sule nugole bianche a sgolàr lizer,/ e le perle slusente dele bàgole/ dei léveri sui óri del sinter…”.

    Un inedito, “Primavera”, dedicato a un amico: 

    “Primavera la fa ‘n bel passetin/ tra le vigne che pianze nei filari/ e tàca via a cantar i stranezàri/ che del’inverno, ormai, sen ala fin.

    Le primule le cuca. Sul lustrin/ dei fossi piove fòie da salgari,/ e i àsia fòr le teze e i talambàri/ i contadini pieni de morbin.

    Canta sui dossi verdi le rozòle/ nei silenzi de ziéli che s‘empizza/ tra en ciciolàr de alegre parissòle.

    Qualche slinza de sol sul’erba mizza/ e ‘n la cosina trema le parole/ de dòne ‘n dinociòn che ‘l fòc le stizza”.

    Silvano Forti ha raccontato la vita e la stagioni del mondo contadino. Se n’è andato nel cuore dell’estate, ma resta l’immagine dell’inverno a ricoprire la sua ultima dimora nel cimitero di Romagnano: “Stanòt, cola natura empisolada/ la néf la stirerà sora la tèra/ la so camisa fresca de bugada”.

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    Alberto Folgheraiter
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    Giornalista e scrittore. Negli anni Settanta redattore al settimanale “Vita Trentina”, alla redazione di Trento de “Il Gazzettino”, direttore responsabile di “Radio Dolomiti”. Dal 1979 al 2010 cronista alla redazione di Trento della Rai, poi capostruttura dei programmi (2007-2010); corrispondente dalla regione (1975-1996) del settimanale “Famiglia Cristiana”. Ha pubblicato 27 libri su storia, tradizioni ed etnografia del Trentino-Alto Adige. È socio di Studi Trentini di scienze Storiche.

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