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    Home»El cantòn del Filò»“I Nossi migranti in diaspora”
    El cantòn del Filò

    “I Nossi migranti in diaspora”

    Louis BrunelliBy Louis Brunelli3 Giugno 2021Nessun commento8 Minuti di lettura
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    Un filo lega iltrentinonuovo.it, questo foglio liquido, con “el Filò”, la rivista trimestrale che Louis Brunelli, nato a New York, figlio di emigrati dal Bleggio, pubblica ormai da dieci anni. È la passione per le comuni radici, il recupero di una identità che gli eredi dell’emigrazione cercano tra le pieghe della storia, talvolta plasmando la storia stessa attorno al racconto tramandato dai genitori o dai nonni. A cento anni dall’annessione del Tirolo italiano al regno d’Italia, in Trentino solo pochi nostalgici mettono in dubbio l’italianità di codesto territorio. Negli Stati Uniti, racconta Louis Brunelli, i discendenti di chi lasciò il Trentino tra il 1867 e il 1919 proprio non vogliono sentir parlare di radici “taliàne”. Un interessante punto di vista che merita di essere “ascoltato” nella scrittura del nostro amico “americano con origini del Bleggio”.

    In una delle sue pubblicazioni, la Provincia di Trento nota che gli emigrati in USA e America del Sud sarebbero 300 mila. Chi lo sa? Ho tantissimi dubbi poiché la Provincia non ha mai avuto né un’efficiente rete né la cura di attendere ai bisogni degli emigranti. Poi si domanda se questa grandissima ondata di gente era solo una migrazione o veramente una diaspora. La diaspora è una dispersione di qualsiasi gente dal suo paese, patria o heimat. E infatti il 97% degli emigranti erano cittadini dell’Impero e del Tirolo. Perciò i loro discendenti, come chi scrive, hanno una tale associazione, tale storia, tale patrimonio. Un altro modo di esprimere questo fatto è che sem amò [siamo ancora] la gente de sti ani [del tempo andato], di prima dell’annessione [del 1919] cosicché si può dire che sem i prodotti e i testimoni di un popolo con una storia particolare. Allora la parola “annessione” è una nomenclatura abbastanza gentile, quasi innocente. Infatti se guardiamo bene la storia, quella era una invasione, un’usurpazione dai poteri di quei tempi facendovi diventare “Taliàni ciapàdi con il sciòp” [italiani presi con il fucile] e ricostruiti senza plebiscito. Si può concluder che in quei anni di massima emigrazione c’era una diaspora; che poi la diaspora sparì perché il Tirolo sparì e la intenzione degli invasori era di mantenerla sparita, trascurata. Perciò i nossi emigranti diventarono orfani, senza Paese, senza patria e la heimat che avevano creato e sviluppato quel popolo, quei cittadini dell’Impero. Dunque noi no sem pu in diaspora perché ghe manca il sine qua non l’ingrediente di un’heimat. Voi siete stati trasformati non solo col sciòp ma anca con le ideologie dell’Irrendentismo, il Nazionalismo e poi il Fascismo. Si osserva questa intolleranza e soppressione nel Fascismo riguardo ai Sudtirolesi. Con le maledette “Opzioni” erano obbligati di scegliere: abbondonare la loro cultura storica e diventare “I taliani ciapàdi col sciop” o uscire dalla loro terra, partire… separarsi dal nuovo e ricostruito territorio.

    La nossa storia, la storia de noi Mericàni coi nonni tirolesi non è di Garibaldi, Mazzini e Cavour e neanche Dante prestato da Firenze. Noi (e anca voi, infatti) sarem la gent che erano i cittadini di una teocrazia dei Principati che è durata per 800 anni consecutivi. (Nota che il Vescovo Antonio Crosina, un Bleggiano, era il Vescovo Principe di Brixen). E poi con una piccola interruzione con l’invasione dei Francesi, segue i Asburghi e l’Impero Austro-Ungarico. Fente i conti: quasi Mille anni di sovranità germanica e di heimat Tirolese. Questa storia che abbiamo in comune include la insurrezione del Tirolo nel 1809 che serve come un Imprimatur internazionale riguardo alla nossa storia e alla nossa identità. Si può dir che dopo la separazione storica dell’annessione che ghe sem NOI e voi rimasti in Provincia siete veramente VOI.

    Il Filò non ha nessun sogno di restaurar il Tirolo o di avanzar qualche polemica o tesi o ideologia. Al tempo dell’annesione, noi e voi avem cambià strada in un modo politico e anca culturale. Fondamentalmente rimaniamo i vossi fradèi e sorèle e paesani. Mantenendo la nossa Tirolesità, abbiamo abbracciato la Merica in un modo che avem mantenù la nossa storia e identità e l’avem combinata con quella mericana e voi avete fat un capitombolo culturale poiché il vostro Governo ha veramente trascurato la nossa storia e, anca, ha dichiarato guerra contra noi.

    Il Filò non cerca nessun conflitto con il Trentino di oggi. Infatti, il Filò è forse il suo più gran benefattore e collaboratore. Per questi 10 anni e per mezzo di 24 numeri, il Filò si basa sul benessere del Trentino/Alto Adige presentando con affetto e creatività le valli, il paesaggio, la cucina, la musica e l’arte, i suoi vini e formài, il suo artigianato, i suoi musei, tradizioni, feste, comunità diverse, i suoi personaggi. Quel che evito è la complessità della vossa politica abbastanza italianata. 

    Partidi, separadi con la grandissima distanza del mare, ghèra forse anca una separazione politica sicome i nossi emigranti avevano il rispetto dell’Impero e erano infatti i loro nemici nella Grande Guerra. Forse ghéra un sentimento di tornare per impegnarsi a italianizzare il Tirolo. Comunque sia, i fatti e la storia dimostrano che i nossi erano abbandonati dal nuovo Stato e anca dalla Chiesa che, spesso, li condannavano per la partenza perché i preti avevano paura che i nossi perdessero la loro fede. Allora mancavano servizi essenziali e dovevano rangiàrse in contrasto con la Chiesa della Germania che aveva creato la “Società di San Rafaele” (patrono degli emigranti) collaborando con il campione dei suoi migranti, Peter Paul Chahensley, un laico molto attivo in Germania nel servizio per gli emigranti. Mancando sopporti e comunicazioni del nuovo Stato italiano, i nossi avevano un regalo dalla Providenza. Mentre la maggioranza degli emigranti italiani in USA erano analfabeti, i nossi avevano la fortuna o la grazia di poter scriver e léger grazie alla Riforma Teresiana di 1774. Intendo la Riforma dell’imperatrice Maria Teresa che aveva obbligato i nossi popi a restare a scuola fino ai dodici anni. Veramente la Divina Providenza! Tal competenza ha ccompagnato i nossi come un arnese nel suo tool kit e perciò potevano rimanere in comunicazioni con i loro cari nelle valli. In contrasto con lo Stato, in Mérica i nossi mandavano soldi e… scatole. 

    Nella mia memoria in casa mia, ricordo la scatola dove si metteva il tabàch per il nono, zùcher per la nona, abitini per la prima comunion, bambole. Ogni doi settimane, la me mamma Adele la copriva la scatola con ‘na tela e la spediva ai noni nel Bleggio della Val delle Giudicarie. Ricordo bene i miei primi viaggi al Bleggio. I me diseva: “Louis, la to mamma la m’ha mandà la me prima bambola, ‘n abitin per la prima comunion… Il to Pupà el m’ha prestà soldi e non l’ha mai domandà de dargheli indré. I nossi i se trovava a far un filò vero, senza stalle ma con un legame fortissimo fra se stessi a trovarse per contraccambiar informazioni, notizie, ciàcere dei suoi cari nelle valli. “Ecce quam bonum e quam jucundum abitare fratres in unum!”. Allora e nonstante le asinade dei gran poteri, con le so invidie e guerre e stupidade, diciamo in inglese…You can take us out of the Tyrol but you cannot take the Tyrol out of us! Te puoi tirar fora i nossi dal Tirolo ma non te pul tirar fora il Tirolo da noialtri”. 

    Nel futuro, se me lo permetteranno, vi presenterò le fonti o i fatti delle mie osservazioni: il padre Bonifacio Bolognani, frate Francescano da Cavedine che l’ha girà gli USA per 22 anni raccogliendo storie, racconti, informazioni dai tantissimi emigranti originali e i suoi discendenti, come mi, e l’aveva scrit l’unico comprensivo libro o bibbia nossa riguardo alle nosse esperienze di adattarsi alla Mèrica (The Courageous People from the Dolomites, La gente coraggiosa delle Dolomiti). 

    La copertina del volume pubblicato (1984) dal francescano p. Bonifacio Bolognani (1915-2000)

    I miei incontri di tanti emigranti a New York, Pennsylvania e Illinois, le centinaia di scambi e ciàcere dai miei lettori che i ciàma el “bidel del Filò” e il fradèl della nossa comunità Tirolese Americana. Sono scambi che diventano informazioni, ricerca delle vite e esperienze dei loro avi, noni, genitori e paesani, ‘na ricerca de studi da sol, e la gioia e la fortuna di aver la consulenza de cosi tanti studiosi in Provincia, i musei di San Michele, Meran, Teodone, Museo della val Passiria e di Meran, Museo della Montagna, Museo della Guerra di Rovereto, Museo dei Ladini e Cimbri, Trentino Marketing, IDM di Sudtirol. Queste care e generose persone, son veramente i nossi angeli custodi che rinforzano la nossa testimonianza che dicono “chi siamo è chi eravamo”. Stéme ben.

    Louis, il bidèl del Filò

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    Louis Brunelli
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    Louis Brunelli (1941), è un “Mericàn Tirolese”, figlio di emigrati da Cavaion del Bleggio. È nato a New York dove il papà Agostino lavorava, prima come scaricatore di porto, poi come operaio nello scavo delle gallerie della metropolitana. Si è laureato in psicologia ed ha svolto la professione di psicologo e formatore negli istituti superiori di New York. Per tre anni si è occupato dei carcerati. Vive a nord di New York, tra le colline vicino all’Accademia militare di West Point. Pubblica riviste di collegamento e indirizzo dei giovani verso le università americane. Per i discendenti degli emigrati dal Trentino (già Tirolo italiano) pubblica un trimestrale: “Il Filò”.

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