La collezione degli ex voto Per Grazia Ricevuta, le bambole Lenci, le trattative con i guerriglieri in Biafra, l’incidente aereo che si porta via Enrico Mattei (un delitto? è più di un sospetto), una canzone di Rino Gaetano (cosa filava Berta, esattamente?), la Resistenza e la Repubblica partigiana dell’Ossola, la P2, Fanfani e la repubblica presidenziale (solo abbozzata?), un’altra collezione: quella delle biografie di briganti, la veggente Angela Volpini, l’Agente Zeta, il discorso all’Accademia militare di Modena, i fanghi rossi inquinanti in Toscana, la “guerra” con i partiti, la tragedia di Stava quando i bacini di decantazione di Prestavel rovesciarono il loro fango di morte sulla valle, i colloqui dell’economista Giulio Sapelli nel “buon retiro” di Zurigo, la razza padrona e il “Superpotere” (suo e del suo acerrimo rivale, l’Avvocato Agnelli), l’Italia che esce dal fascismo, l’Italia della ricostruzione, l’Italia del boom, l’Italia della strategia della tensione e delle lotte operaie e studentesche, l’Italia della Borsa e dei profitti vertiginosi, la finanza cattolica e i contratti petroliferi con i sovietici, il “Petrolio” profetico di Pier Paolo Pasolini e la mafia (o è una firma buona per tutte le stagioni?) che fa sparire il giornalista Mauro De Mauro. Ovviamente: l’Eni e la Montedison, la Montedison e l’Eni.
Ci fermiamo qui. Anche se undici pagine di indice dei nomi e sedici di fonti e bibliografia parlano chiaro: questa lista potrebbe occupare molto altro spazio. Tutto quello – e sono 392 pagine fitte – che Paolo Morando si è preso per il suo nuovo, rapinoso saggio, in libreria per i tipi di Laterza (20 euro, da spendere senza dubbio alcuno).
Così come era successo per i suoi precedenti titoli (tutti Laterza: “Dancing Days, i due anni che hanno cambiato l’Italia”; “’80. L’inizio della barbarie” e “Prima di piazza Fontana. La prova generale”) la previsione è facile quanto certa. Questo suo “Eugenio Cefis. Una storia italiana di potere e misteri” farà il pieno di recensioni, di copie vendute, di inevitabili polemiche e dietrologie (siamo in Italia, bellezza, il Paese dove la verità non è mai certa e gli accomodamenti del potere e attorno al potere sono il mestiere di molti).
Un pieno meritato per il giornalista trentino (è stato alla “Cronaca di Verona”, al “Mattino dell’Alto Adige”, a “l’Adige” e al “Trentino”, ora scrive per “Huffington Post”, “Internazionale” e sul blog “minima&moralia”) che nel tempo si è ritagliato sempre più uno spazio da storico, sapientemente in bilico tra cronaca, costume, politica, sempre scavando, sempre curioso, sempre civilmente attento. Gli è così riuscito di conquistare un ruolo riconosciuto ed importante, curiosamente al fianco di un altro storico trentino, quel Francesco Filippi che smonta le bufale fasciste e fascistoidi con altrettanta perizia e competenza.
Non era una impresa facile quella di raccontare la vita di un uomo, Eugenio Cefis (nato giusto cento anni fa) che della riservatezza (ai suoi imponeva di essere citato come “il presidente”, senza che vi fosse aggiunto il nome e il cognome…) aveva fatto la sua bandiera. Morando vi è riuscito forte della sua specialità: infaticabile rovistatore di archivi (cartacei o in rete che siano), onnivoro lettore, scrupoloso intervistatore (e alcune delle interviste di questa sua vertiginosa indagine lo ribadiscono, a partire da quelle ai familiari: ci credereste? nessuno, prima, aveva mai pensato di chiedere loro qualcosa). Forte anche dell’adesione convinta ad una amicizia. Perché il tarlo di siffatta indagine biografica su quello che è stato uno degli uomini più potenti e misteriosi d’Italia glielo ha instillato, negli anni, l’amico Luca Dal Bosco, noto film maker trentino. Morando non solo gliene dà atto. Lo omaggia – omaggiando sua maestà il cinema, del quale sono entrambi devoti consumatori – scegliendo di assegnare cinque titoli cinematografici ai cinque grandi capitoli (ognuno dei quali a sua volta declinato in cinque “sottocapitoli”: un 5X5 che ritorna, eccome, riguardo a Cefis…) del libro. Lo stato delle cose, Sentieri selvaggi, Orizzonti di gloria, Il lungo addio, La caduta degli dei. In ogni titolo Cefis lo si può ritrovare, garantito. Saggio che ha la struttura di un giallo, ma forte di un impianto di ricerca che resta saldo anche quando deve riferire di episodi e personaggi che rasentano il grottesco e l’incredibile, “Eugenio Cefis” ci aiuta a capire come siamo stati e, forse, come stiamo diventando. Per questo resta capitolo denso ed emozionante quello che ruota, “antropologicamente”, attorno a Pier Paolo Pasolini.
Dimenticavamo: Morando chiude il suo libro con la rivelazione di un clamoroso retroscena – a dir poco – sulla morte di Mattei e si concede, quasi di passaggio, una annotazione pungente. In rete troverete che Cefis è morto a Lugano il 28 maggio del 2004. Sbagliato. E’ morto tre giorni prima: ed anche questo particolare aiuta nella (ri)costruzione della sua vita. Il resto lo affidiamo, in parte, alle note di copertina che accompagnano questo libro, importante come tutti quelli che cercano, ostinatamente, di saperne e capirne di più. Il che, specie nelle cose dell’economia, è tutt’altro che facile, anche in democrazia.
Bene, sappiate che “Eugenio Cefis è stato per anni uno degli uomini più potenti d’Italia. Secondo molti, il più potente: la politica al suo servizio, i rapporti con i servizi segreti, le accuse di progettare disegni eversivi, fondi neri, dossier e intercettazioni telefoniche. Un grande burattinaio della Repubblica, capace di nutrire per oltre mezzo secolo una inarrestabile leggenda nera. Ma che cosa c’è di vero? Tenente dell’esercito del Regno, capo partigiano in Val d’Ossola, braccio destro all’Eni di Enrico Mattei, di cui divenne successore. E poi la scalata a Montedison. Fino al colpo di scena del 1977: le dimissioni da presidente del colosso chimico e l’espatrio in Svizzera, con un immenso patrimonio personale. Un improvviso abbandono della scena pubblica di cui era stato a lungo uno dei principali protagonisti. In mezzo, una miriade di polemiche giornalistiche, scandali e inchieste, da cui uscì miracolosamente indenne. Una coltre di sospetti alimentati dalla sua leggendaria riservatezza: le sue interviste si contano sulle dita di una mano, rarissime le foto, inesistenti i filmati in cui compare. La leggenda nera, che da sempre lo avvolge, dopo la sua morte si è arricchita a dismisura, con Cefis messo in correlazione con le morti di Mattei, del giornalista Mauro De Mauro e di Pier Paolo Pasolini. E poi la P2, di cui è stato indicato come il fondatore”.
Un profilo autentico e senza sconti: chiude così la nota di copertina. Confermiamo. E aggiungiamo: un profilo anche sorprendente, per molti aspetti. Ben scavato, Paolo Morando.
(Questa recensione, inizialmente apparsa su Facebook, è stata poi ospitata dal sito Articolo 21. org ed ora approda qui)