Recenti fatti di cronaca hanno riproposto la figura del volontariato come pilastro portante di una comunità. È accaduto in val di Cembra, ma poteva essere anche altrove. La scomparsa di una persona ha mosso per giorni decine, quando non centinaia, di volontari: vigili del fuoco, uomini del soccorso alpino, aderenti all’associazione “Stella Bianca”, semplici valligiani impegnati anche nelle operazioni di preparazione e distribuzione dei pasti. Le ricerche della persona scomparsa sono state supportate da polizia, carabinieri, guardia di finanza, forestali. Questi ultimi, doverosamente, giustamente, in servizio. Pertanto retribuiti come da contratto.
Lascia invece stupefatti e perplessi la casuale scoperta che i volontari, in quanto tali, sono e restano dei paria. Le assenze dal lavoro sono calcolate giorni di ferie; gli infortuni sono a loro rischio e pericolo; spese di benzina (o gasolio, o gas) sono a loro carico. Quanto a essere rifocillati… Dio provvede.
Se “si è sempre fatto così”, come si sente dire da taluni che la sanno più lunga degli altri (e che di solito fanno i volontari… a libro-paga) oggi quel “così” non va più bene. Soprattutto da quando i signori consiglieri provinciali, dall’oggi al domani si sono aumentata di mille euro al mese l’indennità (e cosa vuoi che siano mille euro per chi ne prende varie migliaia?). Ecco, costoro, che dovrebbero fare gli interessi della Comunità con qualche prebenda in meno visto che sono “volontari” votati al sacrificio, sarebbe il caso che mettessero ai voti una leggina di un solo articolo: “In caso di assenza dal lavoro per ricerche di persone scomparse o per prestare soccorso a persone in difficoltà, il datore di lavoro viene rimborsato delle spese da parte dell’Ente Pubblico”. In fondo, chi si assenta, fa un servizio alla Comunità, non certo a sé medesimo. Ed è immorale che per fare questo servizio sia costretto a sacrificare giorni di ferie.
Poi, certo, abbiamo visto come sono stati gratificati medici e infermieri costretti a sopportare fatiche e malattia al tempo della pandemia di Covid. In quei mesi di paura collettiva erano indicati come “gli angeli” della sanità. Quegli “angeli” non solo hanno perso le ali, ma non hanno mai ottenuto un concreto riconoscimento pubblico. Chiacchiere, tante. Tanto, come si diceva una volta, “un grazie e una sigaretta non si nega a nessuno”.
Allora lorsignori, rinuncino a qualche prebenda che noi diremo loro pubblicamente “grazie”. E così sia. Tanto (resti tra noi) non ci costa nulla. Anche se vale altrettanto.