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    Dialoghi attorno al male

    Al di là del bene e del male. Anzi, dentro il male che attraversa gli individui e con essi la società. Che coinvolge le Istituzioni e che mina la credibilità delle stesse. Che lascia attoniti, perché il pendolo della sospensione del tempo e della clausura forzata hanno alimentato spinte populiste e fatto balenare rigurgiti di sopraffazione. A molti livelli. Dialogo agostano fra un cronista alla soglia della terza età e un celebre avvocato, un principe del foro di Trento. Dialogo per ragionare a voce alta, senza alcuna pretesa di dare lezioni a chicchessia, con l’unico scopo di capire che cosa sta accadendo attorno a noi. Dialogo tra due punti di vista culturali diversi: per origine, formazione e percorso professionale su un tema terribile e affascinante: il male e le sue forme. Adolfo de Bertolini (1944) è un avvocato penalista che si è confrontato con il male e la sofferenza generata dal male per più di cinquant’anni: nelle aule di tribunale, nelle carceri, nei colloqui con gente disperata.
    redazioneBy redazione15 Aprile 2021Aggiornato:18 Aprile 2021Nessun commento7 Minuti di lettura
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    De Bertolini: “Uno dei problemi che grava sul genere umano è l’invincibilità del male. Oltre alla violenza di genere c’è un male sociale che, nella parte più aberrante, è sfociato nei genocidi. Lo sterminio di un popolo è la manifestazione più atroce del male. Il Novecento è lì, dietro l’angolo, a pungolare la memoria degli smemorati. Ma ciò che sta accadendo adesso è ancora peggiore”.

    Af: “Forse perché non abbiamo fatto i conti con la storia. Quello che ci siamo lasciati alle spalle, più che un “secolo breve” è stato un secolo violento, e come figli di quel secolo non abbiamo saputo farci carico delle colpe dei padri”.

    DB: “La storia insegna qualcosa”?

    Af: “Dovrebbe, ma non la si studia e non la si insegna più. Forse perché la conoscenza del passato potrebbe mettere in discussione molte certezze del presente, molte arroganze, molte attese di un nuovo Messia: che dia lavoro a tutti, risolva la crisi che non è scolo economica ma soprattutto valoriale; che ci faccia vivere nel Paese dei balocchi”.

    DB: “Il male è alieno o è dentro l’uomo”?

    Af: “A chi è cristiano hanno insegnato fin da piccolo che, alla nascita, ogni uomo è portatore di una maledizione, il cosiddetto “peccato originale”. Che si “lava” con il battesimo. Sennò, dicevano, si finisce nel Limbo, una sorta di area di parcheggio eterna dove non vedi Dio ma non sei nemmeno inforcato dal demonio. Poi papa Ratzinger, già depositario dell’interpretazione della Dottrina della Fede, ha detto che no, il Limbo è una sorta di invenzione medievale e che, a ragion di logica, non esiste. Resta che il male resiste, comunque”.

    DB: “Credo ci sia uno strumento che lo fa emergere e ne dispiega tutta la sua virulenza: il bisogno di supremazia. Lo strumento che la veicola è il potere. C’è un male privato che si sprigiona nell’incapacità del partner di considerare la persona che si ha accanto come un essere libero e la si interpreta come proprietà. La violenza si sprigiona quando il partner rifiuta di essere sottomesso al potere dell’altro. E poi c’è un male collettivo che si dipana nelle fiammate di brutalità delle quali sono piene le cronache e che culmina nel genocidio, nell’annientamento di un popolo”.

    Af: “Qual è lo strumento attorno al quale si realizza il male e come ci si arriva”?

    DB: “Vale la pena di parlare oggi, dopo i recenti fatti accaduti all’interno della Magistratura e dell’Arma dei Carabinieri, anche se quest’ultima, nella quale ho sempre avuto la massima fiducia, l’ho trovata più onesta nel circoscrivere l’incendio, più laica nel reagire al marciume emerso da talune inchieste su episodi vergognosi. Tutto questo ha portato a una perdita di credibilità in talune di quelle Istituzioni che sulla credibilità poggiano o dovrebbero poggiare la loro stessa ragion d’essere”.

    Af: “Il silenzio del Parlamento, costretto al bavaglio (e alla mascherina) nei mesi dell’emergenza, ha portato altra legna nel forno del “così fan tutti”.

    AB: “Ciò che è grave, in tutto questo, è che oltre alla credibilità delle istituzioni si rischia la sopravvivenza economica della popolazione. Perché siamo arrivati a questo”?

    Af: “Probabilmente si deve partire da lontano, dal mondo della scuola che è stato colpevolmente lasciato franare sotto i colpi della contestazione studentesca di mezzo secolo fa; delle promozioni collettive, di riforme maldestre e sbagliate, del populismo un tanto al chilo, dell’uno uguale a uno, dello studio e della meritocrazia relegate nei cassetti delle robe vecchie. La diffusione della conoscenza, il diritto allo studio, anziché favorire l’ascensore sociale ha livellato al ribasso l’apprendimento e il merito. Gli insegnanti, che un tempo avevano credibilità, sono stati depauperati di autorevolezza e di stipendio. Per anni si è lasciato germogliare il sospetto che l’insegnante avesse scelto la scuola solo perché non aveva altri mestieri da fare. I genitori degli “asini” sono diventati i primi demolitori della classe insegnante, pronti a ricorrere all’avvocato prima che al ceffone dato al figlio fancazzista. Poi, certo, ci hanno messo del loro anche taluni insegnanti, incapaci di svolgere degnamente l’importante compito. Siamo arrivati all’oggi, con chi dice che la scuola in fondo serve a poco perché anche gli ignoranti sono ben rappresentati nelle istituzioni. Anzi, la cultura non serve. L’ignoranza è la benvenuta, perché meno si conosce, meno problemi ci si pongono e meno problemi si sollevano. L’uomo della Provvidenza gongola, dietro l’angolo, pronto a risolvere tutto. Perché oggi facciamo fatica a trovare una classe dirigente degna di un titolo onorevole?”

    AB: “Chiediti perché la Magistratura è diventata uno strapotere tale da non essere più credibile. Perché l’Arma dei Carabinieri, sia pure con una posizione diversa, diventa anche quella non più credibile. Perché il rischio di un ordinamento autoritario, i sintomi di una previsione negativa di ritorno ad un potere autoritario, sono proprio nella perdita di credibilità. Tutto questo accompagnato da una situazione economica esasperata e disperata, senza tralasciare il tema dell’invenzione del nemico che fa sempre gioco nei tempi della crisi”.

    Af: “I Padri costituenti avevano disegnato una Carta e ideato i bilanciamenti tra i poteri dello Stato. Con la corruzione del mondo politico e la delegata lasciata alla Magistratura di scoperchiare il vaso di Pandora; con il giornalismo frantumato da un disegno piduista; la delegittimazione del Sindacato; l’occupazione manu militari del mondo dell’Informazione, tutto ha contribuito a far perdere credibilità. Oggi, paradossalmente, sembra credibile solo chi sa raccontare balle e diffondere notizie parziali, pertanto false. In questi ultimi decenni abbiamo assistito agli Osanna e ai Crucifige che duravano lo spazio di una stagione o di un mattino. Si sono sdoganati gli insulti, il turpiloquio. La violenza verbale è dilagata dalla televisione alla politica, già per gli rami, fino ai “leoni da tastiera” del web i quali, nascosti dall’anonimato, vantano diritto di insulto e di contumelie. Certo, ognuno di noi è portatore di violenza, che si argina e si contiene con l’intelligenza e la cultura. Ma se quest’ultima è delegata a pochi visionari…”.

    DB: “Tutto questo si supera attraverso le Istituzioni. Che devono essere credibili, senza se e senza ma. Tutto questo, mentre hai non solo dei sintomi ma la caduta verticale della credibilità delle Istituzioni sei a un passo dalla palude autoritaria.Se oggi siamo così, c’è il dovere di evidenziare che chi è nelle Istituzioni e chi ci crede, con la massima urgenza deve fare qualcosa per recuperare questa credibilità”.

    Af: “Il problema, a mio modo di vedere, è che sia arrivati a un esercizio delle delega che rasenta il foglio in bianco. A una deresponsabilizzazione personale, anche in termini di impegno civile e politico, che apre praterie sterminate ai predatori delle libertà individuali. Torniamo alla violenza. Noi abbiamo bisogno di immigrati più che loro di noi, perché stiamo diventando vecchi, siamo un Paese in recessione ma certi lavori non li sappiamo o li vogliamo più esercitare. Ma dire tutto questo significa farsi scannare dai “leoni da tastiera” e da chi aizza le folle che hanno bisogno di un nemico per esorcizzare la paura della povertà e della regressione sociale. Certo, fra gli immigrati ci sono spacciatori e farabutti. Anche noi abbiamo esportato una buona dose di delinquenza. La lettura del mondo non può essere manichea: noi tutti buoni, loro i cattivi”.

    AB: “Per tornare al marcio emerso nella Magistratura, ciò che mi stupisce è che non ci sia una presa di coscienza e di posizione da parte della Magistratura sana. Si sapeva, ma tutti facevano finta di non vedere. Se noi non risolviamo il problema con il recupero di credibilità delle Istituzioni democratiche finiamo in una dittatura. Questa è il vettore e il fine del male assoluto. Lo abbiamo visto nel Novecento, rischiamo di vederlo anche adesso”.

    Af: “È l’esercizio della delega portato alle estreme conseguenze. Tanto ci penserà qualcuno”.

    (1. continua)

    Adolfo de Bertolini (1944), avvocato del foro di Trento
    Adolfo de Bertolini
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