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    Renzo FracalossiBy Renzo Fracalossi6 Luglio 2025Nessun commento7 Minuti di lettura
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    Nelle scorse settimane, durante un colloquio attorno a una mia recente pubblicazione – “ENTRARE NEL MALE. Premesse per visitare un campo di concentramento” (Ed. ViTrend 2025 – pagg. 335) – il mio interlocutore ha posto alcune domande sull’esistenza o meno di un vero fenomeno resistenziale tedesco, in opposizione al nazismo. Mi sono ripromesso di rispondere, articolando qualche riflessione e raccontando un episodio forse sconosciuto ai più.

    Generalmente si ritiene che la Resistenza tedesca al nazismo sia poca cosa e in effetti non ci sono momenti eclatanti e di opposizione di massa al regime. L’adesione al nazionalsocialismo, soprattutto dopo aver superato i primi periodi segnati dalle violenze delle SA, è amplissima. Il tedesco medio si riconosce nella retorica hitleriana che agita lo spettro della “pugnalata alla schiena”, per giustificare la sconfitta bellica; che evoca il complotto mondiale giudaico e la grande ed occulta finanza ebraica, per addossare a loro le responsabilità della crisi economica del ‘29; che rivendica un ruolo nuovo e di protagonismo per la Germania, costretta a subire l’ingiustizia dei vincoli stretti del “trattato di Versailles” e via elencando.

    Herr Müller, il cittadino comune tedesco – un po’ come il nostro signor Rossi – crede nel Führer che promette prosperità, crescita e ricchezza e chiama il III Reich ad allargare ad oriente il proprio “Lebensraum” (spazio vitale), per dar vita ad una nuova “razza padrona” che guiderà i destini del mondo per almeno un millennio. In realtà, il nazismo dura solo dodici, lunghi e terribili, anni. La vita media di un normale elettrodomestico.

    In questo clima di adesione di massa, è tutt’altro che facile sviluppare fenomeni resistenziali e quei pochi che provano a battersi in nome dei più alti valori dell’umanità, come i ragazzi della “Weisse Rose” (Rosa Bianca), diventano facile preda della Gestapo, anche per l’assenza di un qualsiasi terreno sociale favorevole e per un isolamento pesante e pericoloso.

    Ma quei coraggiosi studenti universitari cristiani e pacifisti di Monaco di Baviera, guidati da Hans e Sophie Scholl, da Cristoph Probst, Alexander Schmorell, Willi Graf e dal professor Kurt Huber e che vengono ghigliottinati nel ‘43, non sono i soli.  Altri non condividono e si impegnano, ognuno a proprio modo, ma purtroppo senza alcun coordinamento e collegamento politico e personale con gli altri. Ognuno, mosso dalla paura e dal sospetto, si ingegna autonomamente per contrastare i tentacoli mostruosi della svastica che avvinghiano il suolo, la società e la cultura tedesca, cambiandoli radicalmente.

    Alcuni protagonisti di questa particolare Resistenza, generalmente non violenta, vengono dall’esperienza religiosa e dagli ambienti culturali, ma anche da una tradizione militare che fatica molto ad accettare la visione nazista di dominio sul mondo. Appartengono prevalentemente alle classi elevate, anche se i ragazzi della Rosa Bianca sono di estrazione piccolo-borghese e i coniugi Elise e Otto Hampel sono, rispettivamente, domestica ed operaio. Questa coppia, dal settembre 1940 al novembre 1942, scrive oltre duecento cartoline anonime contro Hitler e la guerra. Le lasciano poi nei luoghi più frequentati del quartiere di Wedding, a Berlino, dove abitano. La Gestapo ci impiega quasi un anno ad identificarli. Arrestati e processati, vengono ghigliottinati nel carcere di Plötzensee l’8 aprile 1943. Fra i nomi di spicco della Resistenza tedesca, non possono poi essere dimenticati l’intellettuale, pastore protestante e agente dell’Abwehr, il Servizio Informazioni militare, Dietrich Bonhöffer, impiccato a Flössenburg il 9 aprile 1945; suo cognato l’avvocato ebreo, anch’egli agente dello stesso Servizio Hans von Dohnanyi, ucciso a Sachsenhausen l’8 aprile 1945. Un altro brillante avvocato ebreo, Hans Litten, che coraggiosamente porta Hitler alla sbarra nel 1931 e che, dopo anni di torture, muore suicida il 4 febbraio del 1938 a Dachau dov’è detenuto. Poi i vertici dell’Abwehr e cioè il generale Hans Oster, vice capo dell’Abwehr e l’ammiraglio Wilhelm Canaris, capoo del Servizio, entrambi uccisi a Flössenburg il 9 aprile 1945 a seguito dell’attentato ad Hitler del 20 luglio 1944.

    Un cenno a parte merita il Circolo di Kreisau, che agisce fra il 1940 e il 1944 ed è composto da circa venticinque dissidenti di varia estrazione e provenienza: nobili, conservatori, cristiani, socialisti e democratici, raccolti attorno al conte Helmuth James von Moltke nipote del celebre generale prussiano, collaboratore dell’Abwehr e che viene impiccato a Plötzensee il 23 gennaio 1945. Fra costoro i giuristi Carl Gördeler, già Borgomastro di Lipsia e che non milita nel Circolo di Kreisau, impiccato nel carcere di Plötzensee il 2 febbraio 1945 e Ernst Jünger, l’unico che sopravvive alla guerra e muore nel 1988, E ancora, il conte Peter Yorck von Wartenburg,  giurista e militare ucciso anch’egli a Plötzensee nella carneficina che segue all’attentato ad Hitler; il conte Claus Schenk von Stauffenberg, autore dell’attentato ad Hitler e fucilato il giorno seguente e, infine, i generali della Wehrmacht Ludwig Beck, Franz Olbricht e Henning von Treschkow,  uccisi anch’essi il 21 luglio 1944, nella rappresaglia delle SS dopo la bomba a Rastenburg. Sono questi – e pochi altri – coloro che si oppongono al regime della paura e dell’orrore, anche a costo della vita.

    Infine, altre piccole realtà compongono il quadro resistenziale e si occupano principalmente di spiare i nazisti. “Die rote Kappelle” (l’Orchestra Rossa), una rete di spionaggio militare e industriale a favore dell’URSS; il “Leopol Trepper Gruppe”, un’altra rete che si occupa di spionaggio commerciale ed economico ed è guidata da un ebreo marxista, appunto Leopold Trepper, sempre a favore dell’URSS. “Die rote Drei” (Le tre rosse) che opera, anch’essa per conto di Mosca, dalla Svizzera e, buon ultimo, il “Schulze – Boysen – Harnack Gruppe” (il Gruppo Schulze, Boysen e Harnack) che svolge attività resistenziale, operando soprattutto a Berlino.

    Tracciato questo profilo generale e molto riassuntivo dei principali fenomeni resistenziali tedeschi, vale la pena forse ricordare l’“AKTION SIEBEN – OPERAZIONE SETTE”, dell’estate del 1942.

    Si tratta di una operazione segreta progettata dall’Abwehr per il salvataggio di parecchi ebrei tedeschi. Il responsabile dell’operazione è il gen. Oster, vice capo dell’Abwehr, con l’assenso dell’amm. Canaris.

    L’ “Aktion Sieben” viene inizialmente pensata per portare in salvo in Svizzera sette ebrei di Berlino, spacciandoli per agenti segreti dell’Abwehr in missione. Si tratta di personaggi in vista della società berlinese, già più volte minacciati e vittime della violenza nazista. Nel Servizio Informazioni militare albergano, da sempre, sentimenti antinazisti, per alcune ragioni. Anzitutto il lavoro spionistico viene ritenuto contrario allo spirito militare prussiano e quindi gli uomini dell’Abwehr emarginati nel contesto delle Forze Armate. Proprio quest’emarginazione rende il Servizio un luogo “sicuro” per quanti coltivano quel dissenso antinazista che è patrimonio anzitutto del capo del Servizio, il già ricordato amm. Canaris.

    Grazie al lavoro del Servizio Informazioni militare, sono ben 14 gli ebrei che espatriano dal settembre al dicembre 1942: Charlotte Friedenthal, psichiatra; Julius Fliess, avvocato e sua moglie Hildegard e la figlia Dorothee; l’avvocato Fritz Wiener Arnold, sua moglie Ursula e i figli Cristoph e Friederike; Ilse Runnefeld, illustre medico e il marito Otto Rennefeld; Annemarie Conzen, vedova e le figlie Gabriele e Irmgard e infine Irmgard Arnold, ultima figlia dell’avv. Arnold. Sembra una cifra ridotta, ma fuggire con la famiglia dal III Reich in piena guerra è tutt’altro che semplice.

    L’Abwehr riesce a costruire per ognuno un”alias”, cioè una storia personale credibile e tale da giustificare l’arrivo in Svizzera, quali agenti segreti infiltrati nella società svizzera e nei contatti con il pianeta dello spionaggio mondiale che, nella Confederazione, agisce quotidianamente.

    Una organizzazione meticolosa, unita ad una copertura perfetta insomma sono gli ingredienti del successo dell’“Operazione Sette”, testimonianza concreta di preziose, quanto sconosciute, forme di Resistenza tedesca al nazismo.

    ©Renzo Fracalossi – iltrentinonuovo.it

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    Renzo Fracalossi

    Renzo Fracalossi, è nato a Rovereto il 5 luglio 1961. Risiede a Trento dove, dopo gli studi umanistici, lavora nella pubblica Amministrazione. Presiede l'associazione culturale "Club Armonia"; è componente della "Società di Studi Trentini di Scienze storiche" e della S.O.S.A.T. Ricercatore e divulgatore, si occupa da decenni di approfondire e narrare l'antisemitismo e con esso la Shoah e di indagare la storia locale. Collabora con università e centri di ricerca europei su tali questioni ed ha all'attivo alcune pubblicazioni e contributi. È autore teatrale, iscritto alla S.I.A.E., con testi rappresentati in sede locale e nazionale.

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