Non è il caso di “resuscitare” Fidel Castro, che aveva nominato erede del potere suo fratello, o Nicolae Ceausescu, il dittatore travestito da comunista, che in Romania si era costruito una reggia da 1500 stanze, aveva imposto la moglie come primo ministro e pianificato il passaggio del potere al figlio, in un regno socialista solo di nome.
Abbiamo già Putin, Erdogan, Orban, e compagnia cantante. In casa nostra non siamo poi così lontani da quei modelli. Anche nella classe politica del fu Belpaese resiste e persiste il concetto di “inossidabilità” e di “ereditarietà” delle cariche.
Il Trentino non è secondo a nessuno. Il mondo cooperativo di scuola bocconiana propone strutture non così dissimili. A Pergine, dopo 35 anni, il presidente di una società cooperativa ha lasciato lo scranno al suo vice. La notizia è stata accolta come normale, quasi scontata. Insomma, non ha fatto poi così notizia. I nomi ricorrenti, le cariche che ruotano sempre attorno agli stessi volti. Più che collezionisti di soldatini di piombo o di francobolli, sono collezionisti di presidenze (e di prebende). Nell’attesa (o nella speranza) che un giorno qualcuno penserà a un francobollo tutto per loro.
C’è pure chi, non riuscendo ad appollaiarsi sullo scranno di presidente, si accontenta della carica di amministratore delegato per poi, magari, nominare il proprio figlio direttore generale. Nella Rotaliana è capitato anche questo.
Nel fortino dell’Autonomia, assediato da gigantesche lettere “A” (una legge di ermeneutica storica dice che “più il potere vacilla più aumentano i segni dello stesso”) si legifera per sentire un terzo mandato al presidente. Nei comuni, i sindaci che si credevano “eletti” hanno sofferto e non poco per la norma che limitava il loro mandato. Non occorre insistere su Pergine o Arco. Nei piccoli comuni, con una sola lista, si è palesata una votazione bulgara (per mancanza di competitori).
E quelli che oggi sollecitano i cittadini ad andare a votare, sono spesso gli stessi che confezionano liste “simil-diverse”, messe in campo per evitare lo sbarramento del quorum.
In provincia, c’è un presidente in attesa del giudizio della Corte costituzionale sull’agognato terzo mandato. Nell’incertezza, ha già nominato il suo erede politico: uno “s-tesserato”, formalmente espulso dalla Lega, pronto a indossare un abito con una tonalità di verde pisello.
Non mi soffermo sulla “diminutio” patita dalla sorella d’Italia, che ha ingenerato battibecchi e querimonie dei “fratelli” arrivati a Trento per sfilare al cospetto dei festivalieri dell’economia. Con la “pitonessa” che, in attesa di un rinvio a giudizio o di un non luogo a procedere, dispensa sentenze su chi ha le palle e su chi no.
Povero Trentino. Fra poco inizia il Festival dello Sport. Altra carrellata di cognomi illustri per dar lustro a sé stessi, come un circo Barnum. “Venghino, venghino, signori. Che qui se magna.” Mica coma a Gaza.