Confermato il sindaco di Trento, Ianeselli; eletti tutti i sindaci “monolista” (meno uno: Cimone, che andrà commissariato) il cui destino era legato al quorum, alla soglia del 40% dei votanti da superare pena l’annullamento delle elezioni (e l’arrivo del commissario). Oggi si guarda al ballottaggio nei principali centri del Trentino (Pergine, Arco e Cles) dove si tornerà alle urne domenica 18 maggio. I siti on line e le redazioni dei giornali hanno lavorato tutta la notte fra domenica e lunedì per seguire lo spoglio, soprattutto nel capoluogo (Trento) dove la partita aveva maggiore peso politico. Anche su risvolti provinciali. IlT quotidiano, che il lunedì di solito non esce, ha collocato sul sito web un’edizione come quella cartacea, con commenti, analisi, approfondimenti. Ciò che colpisce, ma francamente si annusava nell’aria, è l’abnorme pratica dell’astensione. Mezzo Trentino non ha votato e molti comuni si sono “salvati” dal commissario soltanto grazie all’escamotage della scorsa estate con la riduzione, per legge, del quorum dal 50 al 40% nei comuni con una sola lista e meno di 3.000 abitanti. Si dice che servono riflessioni. Certo. Serve soprattutto una classe dirigente, anche nel comparto della politica, che oggi non c’è. E, alle viste, neppure. Insomma, nella conduzione amministrativa delle comunità trentine si fanno strada due antiche pratiche: digiuno (di leader) e astinenza (dal voto). (af)
Nessuna sorpresa dai risultati elettorali in Trentino. La tendenza era, ed è rimasta, quella di una democrazia malata, segnata dal crollo delle ideologie e delle categorie di pensiero. Non sono più impermeabili o racchiuse entro limiti invalicabili, ma orientate all’arte dell’opportunismo volatile del momento, alla litigiosità astiosa e al risentimento personale, come anche all’uso dell’influenza e del potere individuale di cui alcuni godono.
Si può pensare che si siano messi in campo, con armi segrete, per togliersi qualche sassolino dalle scarpe, anche a prescindere da programmi, valori o dalle storie politiche di cui molti sono – o erano – simbolo.
Vorrei soffermarmi su due centri importanti come Arco e Pergine, i cui sindaci precedenti, Betta e Oss Emer, avrebbero voluto ricandidarsi, ma non è stato loro consentito per ragioni di legge. Questa costrizione li ha obbligati, con disappunto e con una certa amarezza, a rinunciare al proseguimento del loro impegno alla luce del sole. È stato facile capire che, di colpo, è venuta meno in loro la passione e la fede verso gli antichi schieramenti.
A Pergine, il centrosinistra con Campobase, che inizialmente contava sul sostegno dell’ex sindaco, ha poi mal digerito il fatto che dovesse farsi da parte come candidato, optando quindi per un nuovo ruolo: quello di leader di uno schieramento civico nuovo nel nome, ma antico nell’intento. Più che a nuove prospettive e visioni, tutto ciò sembra orientato alla vendetta, alla sfida, o forse alla ricerca di un’armonia ormai perduta.
Ad Arco, invece, si è registrata la resa del sindaco Betta. Una resa che non è stata pacifica, né da lui realmente accettata. Non è da escludere che ciò abbia ispirato un dirottamento silente di consensi verso un altro candidato, estraneo al suo partito d’origine, divenuto ormai, per lui, una ex casa abbandonata.
Proseguendo oltre Arco e Pergine, se guardiamo a Cles, troviamo due donne, entrambe appartenenti alla galassia autonomista, con forti radici clesiane, che ora si giocano la vittoria al ballottaggio. Ma il gruzzolo di voti mancanti è di matrice Fratelli d’Italia, partito con cui la candidata Demagri non è certamente in confidenza.
Saranno quindi gli schieramenti terzi a decidere il risultato nei tre comuni più importanti del Trentino: Cles, Pergine e Arco. E non è fantapolitica pensare che tre ex sindaci possano ancora dire la loro.
La democrazia voleva essere salvata con una norma che assicurasse il ricambio, per evitare fenomeni “alla Zaia” o “alla De Luca”, con figure avvinghiate al potere. Ma viene da chiedersi se tutto ciò sia davvero servito, o se siamo semplicemente entrati nell’era degli ex sindaci arruolati nel ruolo di mandanti e astiosi, seppur lontani dalla luce del sole.
Quel cono d’ombra che ora li avvolge brilla più intensamente di quanto si pensasse.