Tra il Sangiuliano costretto a trangugiare l’amaro calice (meglio Sangria o Sangiovese) e mentre la pubblica opinione tira vagonate di pomodori (rigorosamente di San Marzano), il Golem saltella nelle stanze del castello di Praga con una voglia matta di dire la sua.
Stando in riva alla Moldava, sembra un problema di santità o di calendario e invece è solo un filmetto a luci spente. Il 27 gennaio è il Giorno della Memoria, ma, per il Martirologio romano, cade anche l’anniversario del martirio di Giuliano, giovane dalmata cristiano, ucciso in una delle tante persecuzioni romane. È insomma il giorno di San Giuliano, che non va confuso con un altro Sangiuliano, il cui martirio si è consumato in altra data settembrina.
La data del 27 gennaio evoca tutti gli elementi del dramma. Anzitutto la memoria, corta per molti che, pur con i dovuti distinguo di qualità, paiono aver dimenticato le prodezze amatorie del prode Silvio, per le quali l’Italia resta celebre nel mondo. Poi il martirio per un omino paffutello e dal facile ed improvvisato eloquio, convinto di essere un Adone e preda invece, con Colombo e Galileo, dell’incombente svarione. Infine la santità, preconizzata da un cognome che predestina quell’omino, divenuto ministro in virtù di adolescenziali amicizie e caduto nella polvere per adolescenziali pulsioni. Per la sua devozione a “Dio, patria e famiglia”, subisce il martirio, colpevole solo di non aver affidato una consulenza alla consulente senza consulenza. Come lui partenopea e ricca di prosopopea, ma svelta di registratore, foto e selfie.
Sbocciata come una rosa di macchia, spinosa come tutte le rose. Lui dichiara di aver avuto una relazione affettiva con lei, discutendo del punto G – 7 ben s’intende – fra lenzuola, pannoloni e segreti di Stato. In fotografia, lei lo guarda come la Bouchet guardava Alvaro Vitali: non si capisce bene se con sufficienza o con concupiscenza e desiderio. Lo guarda e non ammette alcun “do ut des”. Molti anni fa, anche in riva all’Adige c’era stato un commercialista prestato alla politica che aveva sborsato molti quattrini in cambio di qualche sorriso. Di circostanza e di sufficienza.
La triste parodia di un B Movie. Peccato che lo proiettino al Parlamento europeo, dove, dopo la Brexit, il “sense of humor” difetta un po’. Non risero nemmeno quando Silvio fece cucù ad Angela, figurarsi per un Sangiuliano qualunque che si dispera in TV. Certo per i sensi di colpa, ma forse anche per aver scoperto che la bionda non è nipote, né cugina, né cognata, né zia o parente di Al-Sisi, Khamenei o Trump. A Bruxelles non ride nessuno. Da giorni, la stampa straniera inzuppa il biscottino nel latte e nelle lacrime versate. Mentre sulla vicepresidenza al governo dell’Europa si fa buio Fitto, noi usciamo dalla porta di servizio. Rossi di vergogna.