Facebook Twitter Instagram
    lunedì, Giugno 16
    • Redazione
    Facebook Instagram
    Il Trentino Nuovo
    Banner Cassa Rurale
    • Home
    • I tempi
      della cronaca

      La vendemmia nella rete

      16 Settembre 2024

      Le api non sono vacche

      12 Settembre 2024

      IlT come alveare dell’Autonomia

      9 Settembre 2024

      Altavalle: signori, si chiude

      6 Febbraio 2024

      Il “giallo” del voto ladino

      24 Ottobre 2023
    • Storia
      &
      Storie

      Balcani: bombe e pugnali (6)

      2 Gennaio 2025

      Milano, il fascismo, la memoria

      13 Dicembre 2024

      Il terrorismo abita la Russia (5)

      9 Dicembre 2024

      Il terrorismo della Virtù (4)

      25 Novembre 2024

      Il terrorismo come politica di governo (3)

      16 Novembre 2024
    • Persone
      &
      Personaggi

      Avanti Savoia!

      15 Marzo 2025

      Numero di matricola 136984

      4 Ottobre 2024

      Il “Che” del vino

      13 Luglio 2024

      Alex Zanotelli missionario e giornalista

      30 Giugno 2024

      Addio a Mauro Lando

      16 Aprile 2024
    • Villaggi
      &
      Paesi

      Il turno del formaggio

      26 Giugno 2024

      Rendena: il ritorno delle giovenche

      5 Settembre 2022

      Zambana, frane e asparagi

      22 Aprile 2022

      Fiamme Gialle e borsa nera

      9 Settembre 2021

      Una “libreria clandestina” a Grumes

      29 Agosto 2021
    • Opinioni
      &
      Confronti

      Fassa, urne senza pace

      7 Novembre 2023

      Marcantoni: “sorpreso e turbato”

      6 Gennaio 2023

      Media: Il “botto” della Befana

      5 Gennaio 2023

      Se l’autostrada perde il treno

      8 Novembre 2022

      Lasciate l’acqua dov’è

      25 Luglio 2022
    • Precisazioni
      &
      Rettifiche

      Salto: le precisazioni di Athesia

      8 Marzo 2023

      Stampa: il disagio e la memoria

      6 Settembre 2022
    • Ponti di
      dialogo

      Maschi, celibi, eterosessuali

      16 Maggio 2022

      L’ignoranza della geografia umana

      23 Marzo 2022

      I bambini e la “luna di Kiev”

      8 Marzo 2022

      Il sinodo che verrà

      25 Febbraio 2022

      Se il Web allunga la vita

      19 Settembre 2021
    Il Trentino Nuovo
    Home»reportage»Auschwitz, la fabbrica dello sterminio
    reportage

    Auschwitz, la fabbrica dello sterminio

    Alberto FolgheraiterBy Alberto Folgheraiter27 Gennaio 2022Nessun commento11 Minuti di lettura
    Facebook Twitter Pinterest LinkedIn Tumblr Email
    Condividi
    Facebook Twitter LinkedIn Pinterest Email

    KZ, il canto di quel poeta e musicista friulano che è Marco Maiero, ripete come un’ossessione “Ero, ero, ero… ero profumo di rosa, quercia sapiente e nodosa, ero padre, ero voce, ero sogni, ero sposa, profumo di rosa. Ero anima senza sorriso, senza pietà e paradiso, ero occhi e parole nel gelo, fame e deserto sul viso. Ora sono un ricordo, ora solo un ricordo scolpito nell’arida e incerta memoria della pietra del tempo”. KZ sta per “Konzentrationslager”, campo di concentramento, poi di sterminio.

    “Stupisce che la terra che fra Sette e Ottocento ha dato i natali a Bach, Beethoven, Mozart, Kant, Hegel, vale a dire la summa della cultura europea, abbia partorito Himmler e tutti quei mostri che nel Novecento hanno straziato l’umanità”. Renzo Fracalossi, studioso di storia dell’ebraismo e della diaspora dei Figli d’Israele (suo il volume “La scuola dell’odio” sull’antisemitismo in Europa), lo afferma con lo sconcerto di chi ha visitato 38, i più noti ed efferati dei diecimila campi di concentramento e di smistamento allestiti dai nazisti negli anni della seconda guerra mondiale (1939-1945). Compresi i sette campi di esclusivo sterminio, insediati prevalentemente in Polonia e nei quali furono eliminati milioni di esseri umani. Colpevoli solo di essere uomini e donne, vecchi e bambini “diversi” dalla pura razza ariana (!): ebrei, zingari, omosessuali, malati di mente, handicappati.

    Dei sette campi dell’odio elevato a sistema, dello scempio di massa, dell’annientamento di tutti coloro i quali non potevano servire da “schiavi di Hitler”, Auschwitz-Birkenau è il simbolo più immediato. Anche perché, il giorno in cui fu “liberato” dai soldati dell’Armata Rossa, il 27 gennaio 1945, è diventato l’anniversario “della memoria”. Una ricorrenza internazionale designata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 1° novembre 2005. Già cinque anni prima, il Parlamento italiano aveva riconosciuto con propria legge “il 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (lo sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali (del 1938), la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. [… Tale ricorrenza, servirà per] conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico e oscuro periodo della storia del nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere” (artt. 1 e 2, legge n. 211, 20 luglio 2000).

    Ogni anno, anche dalla provincia di Trento, centinaia di studenti delle scuole medie superiori raggiungono Auschwitz-Birkenau, per un “pellegrinaggio laico” dentro un frammento tragico della storia del XX secolo. Un treno lo organizza la Provincia (assessorato alle politiche giovanili), altri viaggi sono promossi dall’associazione “Terra del Fuoco”, di Torino, che dal 2005 ha già portato in visita ai due campi di sterminio circa 22mila giovani, tra 17 e 25 anni, di varie regioni d’Italia. Dal 2014 l’Associazione ha pure una “filiale” in Trentino. Dalla provincia di Trento, pandemia permettendo, andranno ad Auschwitz 178 giovani, dai 17 ai 25 anni. Il “treno della memoria”, quest’anno, partirà per la Polonia il 5 aprile per far ritorno a Trento il 10 aprile. Le iscrizioni sono aperte fino al 10 febbraio. I moduli di iscrizione si possono scaricare dai siti: www.arcideltrentino.it – www.deina.it

    Personalmente, vi andammo nell’estate del 2016, dopo un’attesa di oltre sessant’anni. Con la curiosità del cronista, col timore di vedere, con la volontà di capire. Per cercare risposte a domande sospese tra l’incredulità e la vergogna.

    Auschwitz, quindi. Duecento ettari di campo trasformati in cimitero-museo, 155 edifici, 300 strutture in rovina, centinaia di migliaia di reperti, effetti personali di oltre un milione di uomini e donne privati della loro umanità e sterminati senza pietà e dopo mille tormenti.

    In questa landa fra le betulle, settanta chilometri da Cracovia, nella Polonia meridionale, bisognerebbe arrivare d’inverno. Quando la neve copre come un velo compassionevole la vergogna del mondo dei disumani. Quando le immagini, ormai tutte a colori, si imprimono nei micro-chip in bianco e nero. Quando il nero dà colore all’orrore e al disagio. Ma anche per chi arriva d’estate, il caldo infuocato si accompagna a docce gelate. I brividi corrono lungo la schiena, appena varcato il cancello di ferro dominato da quell’orrenda menzogna “Arbeit macht frei” (il lavoro rende liberi), il motto che fu collocato all’ingresso di numerosi campi di concentramento nazisti.

    Un silenzio imbarazzato sovrasta il brusio di cento gruppi e di venti lingue diverse che attraversano i viali del campo, che entrano ed escono dai block, le costruzioni di mattoni rossi. Un silenzio stordito come il mancato cinguettio degli uccellini che pur dovrebbero essere annidati tra le fronde delle betulle. Neppure il frinire delle cicale fa da sottofondo alla torrida estate polacca. 

    Solo un assordante silenzio. I passi inseguono, con occhi bassi e pensosi, le impronte lasciate sulla ghiaia dei viali da altri passi. Dalla radio-cuffia arriva al cervello la voce della guida che alterna italiano ed inglese, che spiega, racconta, si indigna, rivela. Ciò che era, ciò che fu quello sterminato campo di sterminio.

    Il fabbro polacco Jan Liwacz, oppositore politico non ebreo, che fu deportato ad Auschwitz il 20 giugno 1940, tatuato con il numero 1010, ebbe il compito di saldare la scritta all’ingresso del campo: “Arbeit mach frei”. Non gli restò che obbedire, ma per marcare la sua opposizione ai nazisti, rovesciò la lettera “B” di Arbeit. Così rimase e così è visibile oggi, recuperata e rispristinata dopo il furto che nel dicembre del 2009 fece scrivere di “profanazione” tutti i giornali del mondo. Nel 2014 toccò alla scritta beffarda sulla cancellata d’ingresso al lager di Dachau, vicino a Monaco di Baviera: “Jedem das Seine” (“A ciascuno il suo”). Il cancello è stato ritrovato in Norvegia il 2 dicembre 2016.

    [“Jedem das Seine” è il titolo del recital che in queste settimane di gennaio-febbraio 2022, il regista e autore di teatro Renzo Fracalossi porta in varie località del Trentino quale stimolo a fare memoria dell’0locausto e delle barbarie inflitte ai milioni di esseri umani].  

    Sorto come campo di concentramento, nel lager di Auschwitz furono rinchiusi inizialmente prigionieri polacchi, internati per motivi politici. Auschwitz cambiò “ragione sociale” dopo la conferenza di Wansee a Berlino (20 gennaio 1942) nel corso della quale quindici funzionari del Partito Nazista e del Governo del Terzo Reich decretarono la “soluzione finale della questione ebraica”. Quella landa fra le betulle, a metà strada fra Cracovia e Katowice, fu trasformata nel più grande campo di sterminio della galassia nazista. A tre chilometri dal campo primitivo fu allestito Auschwitz II, Birkenau. Ed è l’immagine del binario d’ingresso (la Bahnrampe) sotto una torre di guardia a richiamare, quasi con ossessione, la Shoah, lo sterminio degli ebrei. Tutt’attorno, in un’area di quaranta chilometri quadrati, furono predisposti altri 45 sotto-campi.

    Ad Auschwitz-Birkenau furono internati circa un milione e trecentomila esseri umani. Di questi, almeno un milione e centomila finirono nelle “docce”, le camere a gas rifornite da migliaia di barattoli di Zyklon B, l’acido cianidrico in grani che causava la morte dopo circa dieci minuti di sofferenze atroci. 

    Lo Zyklon B, inizialmente usato come antiparassitario, fu sperimentato per la prima volta come gas mortale il 3 settembre 1941, proprio ad Auschwitz, nei sotterranei del Block 11, quando furono uccisi 600 prigionieri di guerra sovietici e 250 deportati affetti da TBC.

    Nei tre anni dello sterminio di massa, ad Auschwitz furono consumati 7.711 chili di Zyklon B. Per uccidere da mille a duemila esseri umani servivano da cinque a sette chili di veleno. Ma la morte, ad Auschwitz-Birkenau e negli altri campi di sterminio, fu praticata anche con la fucilazione, l’impiccagione, l’inedia, il freddo, le malattie, le epidemie, le iniezioni letali. 

    Sei forni crematori provvedevano, giorno e notte, a cancellare le tracce di quelle stragi nefande. La cenere era poi sparsa lungo i viali, per coprire il ghiaccio e la neve, per essere calpestata nell’ultimo tratto di vita da chi sarebbe diventato cenere e fumo, di lì a poco. Quando i forni diventarono insufficienti a bruciare le prove dell’immensa mattanza, quando lievitarono a dismisura i morti della denutrizione e delle epidemie causate dalle sperimentazioni dei medici-assassini alla Mengele, furono scavate dagli stessi deportati grandi fosse comuni. Lontane dai campi e, s’illudevano i nazisti, dal giudizio della storia.

    Nel novembre del 1944, mentre le truppe Sovietiche dilagavano in Polonia, per raggiungere la Germania, il criminale nazista Heinrich Himmler, “Reichsführer der SS”, vale a dire “Guida delle SS del Reich”, diede ordine di cancellare le prove del genocidio. Le camere a gas e i crematori di Birkenau furono fatti saltare in aria con la dinamite. Le esecuzioni furono sospese. I prigionieri di Auschwitz furono avviati, a marce forzate, le Todesmärsche, verso la Germania. 

    Il 17 gennaio 1945, nei campi di Auschwitz-Birkenau e nei sotto-campi di Babitz, Budy e Plawny sopravvivevano 31.894 deportati. La marcia, a piedi, in pieno inverno polacco, vide lunghe colonne di donne e di bambini, seguite da un corteo ininterrotto di uomini. Morirono in quindicimila, uccisi dal gelo o da un colpo di pistola alla nuca, abbandonati ai bordi delle strade, lungo i sentieri nelle foreste verso la Slesia.

    Ad Auschwitz e a Birkenau erano rimasti novemila esseri macilenti, sfiniti dalla fame e dalle angherie. Mentre saltavano i forni e le camere a gas, nella fretta di eliminare le prove dei loro massacri, i nazisti ritardarono l’eliminazione fisica di quelle larve umane. Circa 700 ebrei furono uccisi nei sottocampi prima dell’arrivo dei soldati dell’Armata Rossa, il 27 gennaio 1945. 

    La liberazione dei sopravvissuti di Auschwitz da parte dei soldati russi il 27 gennaio 1945

    Ad Auschwitz, oggi museo mondiale dell’olocausto (dal 1979 patrimonio dell’Umanità), molte strutture sono rimaste quelle di settant’anni fa. 

    Nei sotterranei del Block 11, c’è ancora la cella dove fu ucciso con un’iniezione di acido fenico il francescano polacco Massimiliano Kolbe, sopravvissuto per più di due settimane senza acqua né cibo. Massimiliano Kolbe, proclamato santo dalla Chiesa cattolica il 10 ottobre 1982, si era offerto di prendere il posto di un condannato a morte il quale aveva moglie due figli.

    In quell’inferno buio e sotterraneo, le pareti annerite trasudano ancora lo strazio delle urla e delle bestemmie, l’eco delle orazioni e il lamento dei moribondi. Dalle fotografie che tappezzano le pareti di alcuni corridoi, gli occhi sbarrati dei deportati accompagnano le frotte di visitatori straniti. Nel Block 4, i capelli di 45mila donne assassinate (1.950 chili di capelli) fanno memoria dell’orrore e della barbarie. Erano venduti all’industria tessile tedesca per 50 pfennig al chilo che li trasformava in calze e calzettoni per i soldati del Terzo Reich.

    Ai cadaveri, prima che fossero gettati tra le fiamme, strappavano i denti d’oro (una media di dieci chili al giorno). Poi toccava agli Sonderkommando, gli addetti ai forni e alle camere a gas. Erano prigionieri che poi avrebbero fatto la fine dei loro compagni di lager. Dal marzo 1943, nel Block 10, Karl Clauberg avviò esperimenti di sterilizzazione di massa, iniettando formalina nelle tube di Falloppio di migliaia di donne, destinate, dopo terribili sofferenze, alla camera a gas. Chi non sopportava l’attesa della morte, cercava la fine correndo verso il reticolato di filo spinato attraversato dalla corrente di 6mila volt.

    Nell’altro campo, quello di Birkenau, è rimasto poco: solo l’odore della paura. Che aleggia, quasi un rigurgito della storia, fra distese di rovine e di campagna dove qua e là si levano pochi mattoni a far intuire una baracca o un forno crematorio. 

    Il vento, che per settant’anni ha cigolato fra queste lande della Polonia meridionale, s’è portato via l’odore di bruciato della carne e delle ossa di uomini e donne. Scarnificate dall’inedia e annientate in nome di quel dio della razza che i nazisti volevano “pura”.

    Se l’abisso ha un nome non può che essere Auschwitz. Ebrei e cattolici si sono chiesti più volte “dov’era Dio” quando tutto questo accadeva. Se lo è chiesto persino il papa di Roma, Francesco, dopo che nel 2016 andò in visita a quel luogo di sterminio. E al teologo ebreo André Neher (1914-1988) che ha parlato del “silenzio di Dio”, fa da contrappunto l’osservazione di Primo Levi (1919-1987) il quale sosteneva che “se c’è Auschwitz non c’è Dio”. E se Dio c’è, si è smarrito anche lui dentro quella barbarie. Perché chi non ha visto l’abisso non può comprendere in pieno l’aberrazione di coloro i quali propugnavano la supremazia di una stirpe. Negando, allora come oggi, che c’è una sola razza: quella umana.

    L’elenco delle vittime di religione ebraica sterminate nei lager dell’Europa centrale fra il 1941 e il 1945

    © 2022 Il Trentino Nuovo

    importante
    Condividi. Facebook Twitter Pinterest LinkedIn Tumblr Email
    Articolo precedenteDopo i lupi arrivavano gli sciacalli
    Articolo successivo Trento: il pane dopo l’obito
    Alberto Folgheraiter
    • Sito web

    Giornalista e scrittore. Negli anni Settanta redattore al settimanale “Vita Trentina”, alla redazione di Trento de “Il Gazzettino”, direttore responsabile di “Radio Dolomiti”. Dal 1979 al 2010 cronista alla redazione di Trento della Rai, poi capostruttura dei programmi (2007-2010); corrispondente dalla regione (1975-1996) del settimanale “Famiglia Cristiana”. Dal 3 novembre 2022 collaboratore fisso del quotidiano "IlT" del Trentino-Alto Adige. Ha pubblicato 27 libri su storia, tradizioni ed etnografia del Trentino-Alto Adige. È socio di Studi Trentini di scienze Storiche. È socio e direttore responsabile di "Judicaria", la rivista dell'omonimo Centro studi di Tione; e direttore responsabile della rivista "Teatro per Idea" della Cofas, la Federazione del teatro amatoriale Trentino.

    Articoli correlati

    Contenti loro (poveri noi)

    10 Giugno 2025

    Gli sfrattati siamo noi

    9 Giugno 2025

    Una legge per i volontari

    7 Giugno 2025

    Lascia un commento Cancel Reply

    4 × uno =

    Articoli recenti
    • Contenti loro (poveri noi)
    • Gli sfrattati siamo noi
    • Una legge per i volontari
    • Referendum tra fiamma e spada
    • Il ceffone istituzionale
    Commenti recenti
    • Giovanni su Povera valle di Non
    • Giuseppe DecAngelis su Povera valle di Non
    • Gianfranco18 su Povera valle di Non
    • Corrado Zanol su Beata anoressia
    • Alberto Folgheraiter su Beata anoressia
    • Facebook
    • Instagram
    • Popolari
    • Recenti

    Beata anoressia

    24 Marzo 2023

    Povera valle di Non

    17 Aprile 2025

    Quando il regime chiudeva i giornali

    31 Marzo 2021

    Contenti loro (poveri noi)

    10 Giugno 2025

    Gli sfrattati siamo noi

    9 Giugno 2025

    Una legge per i volontari

    7 Giugno 2025
    Archivi
    • Giugno 2025
    • Maggio 2025
    • Aprile 2025
    • Marzo 2025
    • Febbraio 2025
    • Gennaio 2025
    • Dicembre 2024
    • Novembre 2024
    • Ottobre 2024
    • Settembre 2024
    • Agosto 2024
    • Luglio 2024
    • Giugno 2024
    • Maggio 2024
    • Aprile 2024
    • Marzo 2024
    • Febbraio 2024
    • Gennaio 2024
    • Dicembre 2023
    • Novembre 2023
    • Ottobre 2023
    • Settembre 2023
    • Agosto 2023
    • Luglio 2023
    • Giugno 2023
    • Maggio 2023
    • Aprile 2023
    • Marzo 2023
    • Febbraio 2023
    • Gennaio 2023
    • Dicembre 2022
    • Novembre 2022
    • Ottobre 2022
    • Settembre 2022
    • Agosto 2022
    • Luglio 2022
    • Giugno 2022
    • Maggio 2022
    • Aprile 2022
    • Marzo 2022
    • Febbraio 2022
    • Gennaio 2022
    • Dicembre 2021
    • Novembre 2021
    • Ottobre 2021
    • Settembre 2021
    • Agosto 2021
    • Luglio 2021
    • Giugno 2021
    • Maggio 2021
    • Aprile 2021
    • Marzo 2021
    Categorie
    • Amministrazione e Amministratori
    • Angoli di città
    • Anniversari&memoria
    • Arte e artisti
    • Carpe Diem
    • Dialoghi sulla panchina
    • Documenti
    • editoriale
    • El cantòn del Filò
    • El Potachin da Caden
    • Festival dell'Economia
    • I tempi della cronaca
    • Il corsivo
    • Il romanzo dello sport
    • Intervista
    • l'immagine curiosa
    • la foto curiosa
    • Lettera dall'Africa
    • Lettera sull'Ucraina
    • Lettere dall'emigrazione
    • Libri a km zero
    • Libri&riviste
    • Media
    • Mondo animale
    • mondo del credito
    • mostre&cataloghi
    • mostre&dibattiti
    • Musica&Teatro
    • Opinioni&Confronti
    • Persone&Personaggi
    • piccola città
    • Ponti di dialogo
    • Precisazioni&Rettifiche
    • Provincia e dintorni
    • Razzismo&Antisemitismo
    • reportage
    • Riflessioni del Golem
    • Scienza&Tecnica
    • Senza categoria
    • Senza parole
    • Sinodo
    • Storia&Storie
    • Storie di ieri
    • Testimonianze
    • tradizioni
    • Verso le elezioni
    • Villaggi&Paesi
    • Vino al vino
    About
    About

    Questo "foglio liquido" affida le proprie vele al vento della cultura e dell'intelligenza. È un natante senza padroni, a disposizione di tutti i "liberi pensatori".

    Facebook Instagram
    © 2021 Il Trentino Nuovo. Designed by Rievoluzione.it.
    • Home

    Scrivi qui sopra e premi Invio per cercare. Premi Esc per annullare.