Non solo religione. Da secoli gli ebrei esercitano la scienza medica. L’hanno appresa sia nel periodo della “cattività” babilonese, sia nelle contaminazioni culturali e scientifiche legate alla dimensione diasporica, sia infine attraverso autonome scoperte scientifiche. In tal modo la medicina ebraica, nell’alto medioevo, giunge a livelli oltremodo evoluti in tema di cura e di sperimentazione.
Durante i secoli successivi alla caduta dell’impero romano, chiunque si avvicina alla medicina non può rinunciare a quella componente magica ed esoterica che deriva dall’antica frequentazione con il politeismo e con il rapporto diretto e stretto fra individuo e natura. In tal modo, anche gli ebrei apprendono rudimenti di magia, alchimia ed esoterismo, in una mescolanza di illusione, fede e scientificità che inquieta non poco l’immaginario cristiano, soprattutto quando si parla di medici ebrei, forse perché più colti e più capaci di guarigione. Ma la loro conoscenza, proviene da Dio o dal demonio?
Se questa è la domanda che si pongono gli uomini di Chiesa, la risposta non può che andare in direzione del diavolo e dei suoi sortilegi, posto che gli ebrei sono sempre più identificati come incarnazione stessa degli inferi. La cosa è talmente seria che il Concilio di Berzierès nel 1246 proibisce ai credenti di avvalersi delle cure dei medici ebrei, perché “è meglio morire che dovere la vita ad un ebreo” il quale, secondo il punto di vista della Chiesa cristiana, non guarisce ma cerca subdolamente di aggravare lo stato di salute dei cristiani, che egli odia nel profondo del cuore, per causarne la morte.
Nonostante divieti, anatemi e proibizioni, la fama degli scienziati ebrei cresce a vista d’occhio, anzitutto perché essi vantano, in media, un tasso di guarigioni molto più elevato di qualsiasi altro medico cristiano. Costui ha pochi rimedi permessi dalla Chiesa e si abbandona spesso più alle preghiere che non all’approfondimento scientifico, confidando che il dialogo con Dio possa salvare i suoi pazienti. I medici ebrei sono invece molto più preparati e competenti, ma a quasi tutti i cristiani è proibito avvalersene. Solo ai nobili è concessa qualche trasgressione, tanto che i re di Castiglia, ad esempio, dispongono che nelle loro terre “non dovranno più esserci medici ebrei, tranne quelli del re.”
Giudèi, streghe, stregoni, eretici, blasfemi, alchimisti, erboristi, botanici e diavoli rappresentano, in breve, l’empia famiglia dei colpevoli di tutti i mali dell’essere umano e per tale ragione debbono essere estirpati rapidamente dal corpo sociale. E’ questa l’indicazione della Chiesa, che reputa la medicina esercitata da ebrei ed arabi come un’arte demoniaca, capace di perdere l’anima dell’uomo per salvarne il corpo materiale, attraverso azioni riprovevoli come la dissezione dei cadaveri e lo studio dei fenomeni scientifici derivanti dall’osservazione “de visu” del corpo umano.
Ai medici cristiani è, di contro, severamente proibito ogni contatto con il corpo dei morti e quindi con autopsie e studi anatomopatologici, mentre la conoscenza scientifica cede spesso il passo a ritualità, preghiere, orazioni e superstizioni di varia natura, che contribuiscono a rendere ancor più misteriosa ed occulta la scienza medica.
Medicina, chimica, fisica e tutto quanto è scienza, ma anche denaro, prestiti ed interessi, nonché superstizioni e narrazioni spaventose, sono gli ingredienti che, più d’altri, nutrono la pianta di un odio non più occasionale, ma che va radicandosi nella cultura dell’Europa e costituisce l’essenza dell’antisemitismo cristiano.
Durante l’Umanesimo ed il Rinascimento, non solo la scienza, ma anche l’economia muta rapidamente. Nuovi mercati; una forte crescita dei centri urbani; l’innalzamento della qualità della vita, ma anche una più ampia internazionalizzazione del commercio e della ricchezza generano una società nuova e diversa, che esce dal buio delle profezie millenaristiche e delle paure medioevali per affacciarsi al mondo con domande di qualità; avendo più soldi che figli e costruendo nuove e diverse gerarchie sociali. Sono gli anni dell’affermazione delle grandi Compagnie commerciali e di navigazione: dalla Lega anseatica alla Compagnia delle Indie olandesi o alle varie Compagnie delle Indie orientali britanniche, come danesi, svedesi e portoghesi, ma anche delle grandi banche d’affari, delle grosse transazioni economiche e dei primi colossali capitali. Sono questi gli elementi embrionali del capitalismo, ai quali però, tranne qualche rarissimo caso, gli ebrei sono del tutto estranei, così come non sono affatto protagonisti della gestazione del modello capitalistico, a differenza di ciò che invece l’antisemitismo afferma per secoli.
Non c’è infatti alcun monopolio giudaico nel grande movimento del denaro mondiale e delle ricchezze che vanno formandosi. Certo, più di un ebreo gode di posizioni di prestigio e di alti redditi da attività commerciali, ma si tratta di “rara avis”. La maggior parte degli ebrei europei vive solo di minuto commercio, del piccolo prestito ad interesse, dei proventi di attività mediche e del mestiere del rigattiere. Si tratta di una condizione che, in Europa, accompagna la storia dell’ebraismo europeo fino alla Shoah e ne segna i caratteri, le condizioni e gli sviluppi.
Ciò premesso, va però ricordato come il denaro riveste, per le comunità ebraiche del tempo, una dimensione quasi sacrale e non potrebbe essere altrimenti per un popolo costretto comunque e sempre a pagare per poter sopravvivere; per poter compiere qualsiasi atto della vita quotidiana, per poter esistere insomma. Ciò che infatti è concesso senza alcun onere ai cristiani, per gli ebrei ha comunque un costo ed un prezzo: gabelle, tasse, dazi e imposizioni “una tantum” regolano la vita delle Comunità a Venezia come ad Amsterdam; a Vilna come a Parigi.
Si paga per entrare in una città e si paga per uscirne; si paga per vendere e per comperare; si paga per ogni figlio che nasce e per ogni morto che va seppellito ed, infine, si paga perfino per pregare in Sinagoga. Senza denaro per far fronte a tutti questi obblighi, le Comunità ebraiche non potrebbero sopravvivere ed è per questa ragione che il denaro – e con esso l’etica solidaristica del mutuo aiuto fra le famiglie delle Comunità – acquista un’importanza fondamentale ai fini della stessa sopravvivenza singola e collettiva. E così, le somme raccolte dalla carità, prescritta peraltro anche dai precetti, servono al riscatto dei prigionieri o ad intervenire in favore di chi, accusato ingiustamente, subisce il peso dell’interessata giustizia degli umani o a chi soffre condizioni miserevoli.
Predicatori e sobillatori traducono però questo atteggiamento necessario in prova palese dell’attaccamento ai soldi da parte degli ebrei; della loro supposta avarizia e dell’accumulo di quel denaro che la Chiesa definisce in pubblico “sterco del demonio”, mentre ne commercia ampiamente in privato.
Capacità di adattamento; cautele negli affari, solidarietà costanti ed assenza di grandi accumuli di liquidità – liquidità che invece caratterizza le cristiane banche fiorentine, senesi e non solo – sono le caratteristiche dell’economia ebraica europea almeno fino al XVIII secolo. Ad esse il cristianesimo risponde con leggende, fantasie e pregiudizi che alimentano di continuo la mala pianta dell’antisemitismo, coltivandola per i secoli che verranno.
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