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    Home»I tempi della cronaca»Addio a Paolo Cavagnoli
    I tempi della cronaca

    Addio a Paolo Cavagnoli

    Alberto FolgheraiterBy Alberto Folgheraiter11 Agosto 2021Aggiornato:12 Agosto 2021Nessun commento4 Minuti di lettura
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    Se n’è andato a 84 anni nel tardo pomeriggio di mercoledì 11 agosto, mentre la Terra solcava il cielo delle Perseidi, con gli umani che affidavano i sogni e i desideri alle “lacrime di S. Lorenzo”. Se n’è andato portando con sé un segreto caparbiamente custodito: l’identità delle mamme, spesso ragazze-madri, di 624 bambini adottati da famiglie del Trentino dopo il 1960. Paolo Cavagnoli è stato il fondatore e, per quarant’anni, presidente di APPM, acronimo che sta per Associazione Provinciale per i Minori. L’impegno di una vita, intensamente vissuta tra volontariato sociale, politica e pubblica amministrazione. Il funerale sabato 14 agosto, alle 10, al cimitero di Trento.

    “L’associazione provinciale per i minori – spiegava qualche tempo fa Paolo Cavagnoli – è sorta perché negli anni Settanta stavano chiudendo gli Istituti religiosi. Fino a quel momento avevano assicurato un alloggio e un’educazione ai ragazzi con problemi caratteriali: soltanto a Sant’Ilario di Rovereto ce n’erano trecento. Non potevamo lasciarli sulla strada. Da qui l’idea di creare una struttura articolata sull’intero territorio provinciale anche per consentite agli adolescenti maggiori contatti con la famiglia d’origine”.

    C’era, in quegli anni, da parte dei servizi sociali della Provincia la supervisione sull’affido e sulle adozioni dei bambini abbandonati. Paolo Cavagnoli, allora assistente sociale, passava gran parte del tempo in trasferta: dalla valle di Piné alla val di Cembra, dalla val di Sole alle Giudicarie. Visitava le famiglie affidatarie, si informava dei problemi degli “allievi” e prendeva nota delle richieste di sussidio. Dove arrivava, era atteso come Babbo Natale. In val di Pinè, in particolare, era più venerato della Madonna di Montagnaga. Non portava doni immediati, ma la posta provvedeva a recapitare ogni mese un assegno della Provincia. Serviva per sfamare con i “figli degli altri” anche i propri.

    Con l’apertura delle industrie in val d’Adige, segnatamente la Ignis, il fenomeno dei bambini “da allevare” diminuì. Non che i nati senza padre fossero ridotti, venne a mancare l’aiuto delle ragazze di casa. Meglio una vita in fabbrica che far la domestica a vita. Erano gli anni Settanta, quelli del boom economico. Tuttavia, certe valli restavano ancora periferia dell’emarginazione. Come la val dei Mocheni dove la strada era un sentiero e il dott. Zuech, che aveva ambulatorio a Sant’Orsola, era costretto a far visita agli ammalati dei masi con l’uso di un cavallo. 

    Paolo Cavagnoli provvedeva all’assistenza sociale. “Col Petermaier andavamo di maso in maso. C’erano persone con gravi patologie, taluni handicappati, qualche moribondo”. Accadde negli anni Settanta, poco prima di Natale, al maso Bolleri, sopra Frassilongo. L’assistente sociale della Provincia entrò in un’abitazione. Tutta la famiglia era accanto al letto del nonno in fin di vita. C’era lì sul comodino una boccetta, lasciata dal parroco che era stato chiamato per un’altra urgenza. Già agonizzante, il moribondo stava per esalare l’ultimo respiro. Rammentati gli insegnamenti di quando faceva il chierichetto, Paolo Cavagnoli provvide da par suo. Benché la pratica non fosse prevista nel mansionario dei funzionari provinciali, diede al morente l’estrema unzione. In tal modo il poveruomo passò all’altro mondo, “sacramentato” come prescritto. Fra le lacrime e un sospiro, un familiare andò sul retro del maso, tagliò un abete ancora carico di neve. Lo consegnò a Paolo Cavagnoli, ché lo portasse a casa per farne l’albero di Natale. E ogni anno, per molti anni, dalla val dei Mocheni, a metà dicembre gli mandavano un abete. Che lui metteva con orgoglio e commozione al centro del suo studio-soggiorno, a Zell di Cognola.

    Ma Paolo Cavagnoli è stato anche molto altro. Oltre che funzionario pubblico è stato personaggio di spicco della Democrazia Cristiana (segretario di zona, in val di Cembra; consigliere comunale a Trento). Ha fatto l’amministratore dell’ITEA e pure della “Piccola Opera” di Levico Terme. Per quanto ci riguarda lo ricordiamo come un collega attento e capace nel suo impegno di giornalista per l’Adige e, per anni, di direttore responsabile dell’emittente radiotelevisiva RTTR. Dal 1986 al 1989 fu pure consigliere dell’Ordine dei giornalisti del Trentino-Alto Adige.Per molti di noi è stato soprattutto un amico. Lo salutiamo con l’affetto che metteva in ogni incontro, soprattutto con chi aveva maggiormente bisogno di un aiuto. “Ciao, vècio”.

    importante
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    Alberto Folgheraiter
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    Giornalista e scrittore. Negli anni Settanta redattore al settimanale “Vita Trentina”, alla redazione di Trento de “Il Gazzettino”, direttore responsabile di “Radio Dolomiti”. Dal 1979 al 2010 cronista alla redazione di Trento della Rai, poi capostruttura dei programmi (2007-2010); corrispondente dalla regione (1975-1996) del settimanale “Famiglia Cristiana”. Dal 3 novembre 2022 collaboratore fisso del quotidiano "IlT" del Trentino-Alto Adige. Ha pubblicato 27 libri su storia, tradizioni ed etnografia del Trentino-Alto Adige. È socio di Studi Trentini di scienze Storiche. È socio e direttore responsabile di "Judicaria", la rivista dell'omonimo Centro studi di Tione; e direttore responsabile della rivista "Teatro per Idea" della Cofas, la Federazione del teatro amatoriale Trentino.

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