Probabilmente è un record mondiale. Alla vigilia dei 101 anni, Mario Antolini “Musòn”, il decano dei giornalisti pubblicisti della regione e fors’anche d’Italia, già insegnante elementare, è tornato a scuola. Ha fatto lezione, via computer (si chiama DAD, didattica a distanza) a causa della pandemia non ancora superata. Ma è pur sempre tornato in cattedra, dimostrando lucidità di pensiero ed energia “atomica”. Forse perché nel 1945 si trovava in Giappone, ad appena 70 chilometri dalla seconda bomba nucleare sganciata dagli Americani su Nagasaki (9 agosto 1945). Nato negli anni della pandemia di “Spagnola” (1920), Mario Antolini ha superato alla grande pure il Covid-19, restandosene blindato (“serà su”) nella sua mansarda, a Tione. Collegato con il mondo grazie a Facebook (che padroneggia come i nativi digitali) e l’amato computer. Ecco la “cronaca” del suo ritorno a scuola.
Mattinata eccezionale, quella del 26 maggio 2021, per i miei già quasi 101 anni. Mi è stata data l’opportunità di vivere intensamente ancora un’ora a FAR SCUOLA; qualcosa di eccezionale e di emozionante. Non mi sono trovato ad impegnarmi ad “insegnare” (che per me è un verbo ed un compito che non mi è mai piaciuto e non mi piace affatto), bensì a SENTIRMI INSIEME A SCOLARE E A SCOLARI. Un emozionante sentirmi soltanto come il perno di un “insieme” (di “un gróp”, il nodo di una corda): questo, per me, è sempre stato e rimane il piacere di FAR SCUOLA.
Relativamente all’odierna opportunità, sono stato invitato a tenere una lezione mediante la “didattica a distanza” (una “dad”): ossia, io da solo in mansarda davanti al computer acceso, sul cui desktop si muovevano ed interloquivano le alunne e gli alunni della quinta elementare (oggi “scuola primaria”) del mio paese di residenza. L’identica sensazione da sempre vissuta: soltanto ragazzine e ragazzini identiche ed identici a quando io ero quasi cent’anni fa, identiche e identici a quelli che erano in classe con me dal 1955 al 1980. Nella loro essenzialità, le generazioni non cambiano mai, ogni nato da donna è identico a qualsiasi altro nato. Cambiano i contorni, iniziando dalle persone che si hanno attorno, cambiano i vestiti e le suppellettili, ma l’essenzialità degli individui rimane la stessa.
Infatti le scolarette e gli scolaretti che mi sono trovate e trovati davanti agli occhi sullo schermo – pure se con vestimenta un tantino diverse e fra banchi un tantino cambiati – si muovevano e si comportavano come da sempre, sprizzavano la loro fanciullezza con allegra spensieratezza, mentre le loro domande erano le stesse che io facevo alla mia maestra Galeotti prima degli anni Trenta e che poi mi facevano quelle e quelli che avevo a scuola con me. L’essenzialità di ciò che si vuole o si deve “conoscere” rimane identica anche se aggiornata come, per esempio, io con la mia maestra parlavamo di penne, pennini e inchiostro mentre oggi io ho dovuto far riferimento al computer, all’informatica ed alla telematica. Ma quando si è toccato l’argomento “ambiente/paese” i riferimenti sono rimasti imperniati sulle costanti situazioni ambientali e logistiche, pur coi mutamenti storici che si sono susseguiti a catena. Infatti il mio paese – materialmente e socialmente parlando – non presenta più le identiche dinamiche del passato, ma la viabilità resta la viabilità, le fontane restano le fontane, l’impostazione scolastica si è arricchita e ampliata ma ha mantenuto la sua impostazione e finalità, gli uffici, l’artigianato e il commercio hanno trovato nuovi e spazi ed espressioni ma l’impostazione è rimasta quella che io cent’anni fa ho visto già in via di sviluppo e di assestamento con i naturali successivi sviluppi.
Il discorso si è fatto un tantino diverso ed impegnativo quando mi è stato chiesto come ci si deve preparare per l’avvenire. Nella mia fanciullezza e pure negli anni del mio impegno come docente, si insisteva ancora a convincere i discenti ad essere capaci di portare avanti il “passato”, ossia di “imparare” tutto ciò che il passato aveva perfezionato per darne la naturale continuità. Oggi, invece, io mi sono sentito in dovere di fare riferimento ad una attualità che suggerisce e impone di insistere sulla necessità di impossessarsi il meglio possibile delle trasformazioni tecniche e sociali del Duemila, poiché spetta proprio ai giovanissimi di oggi l’impegnativo e responsabile compito di impostare e realizzare un avvenire che – oggettivamente – dovrà, per forza di cose, staccarsi dal passato sotto un’infinità di aspetti. L’esempio l’avevamo sotto i nostri occhi: loro ed io ci sentivamo impegnati nella “didattica a distanza”, come lampante esempio di come le cose stiano cambiando e più velocemente di quanto si possa pensare.Un’esperienza davvero del tutto eccezionale e credo unica al mondo con un vecchio centenario a intrattenersi telematicamente con alunne ed alunni della scuola primaria. Da qui il mio sogno o illusione: mi sentirei e mi piacerebbe ancora poter FAR SCUOLA anche oggi avendo, per più, anche la possibilità non già dovermi impegnare “a passare” di mano il “passato” – (che è certamente “da conoscere” ma ormai da “non ripetere”) – bensì possedendo tante di quelle esperienze che potrebbero diventare favorevoli opportunità di “agganci” da usufruirne quali esemplari strumenti di sollecitazione e di incitamento per incoraggiare i giovanissimi ad impegnarsi a produrre i cambiamenti che le ultime generazioni sono e saranno chiamate e tenute a dover fare.