Torna la stagione del turismo e con essa le cronache del pienone, “all’insegna del tutto esaurito” (frase da abolire come brivido semantico). Tra le pieghe dell’euforia alberghiera e le consuete lamentele di chi individua nei B&B casalinghi una concorrenza sleale, si insinuano racconti di respingimenti di clienti: perché portatori di disabilità e perché accompagnati da animali d’affezione: cani et similia. Pier dal Rì, che con i cani ha qualche dimestichezza, dice la propria.
Può capitare di voler fare una piccola vacanza e di portarsi pure il cane. Anche senza essere ciechi e dover contare sulla sua guida, ma semplicemente per la sua compagnia o per non lasciarlo a casa da solo.
Ciò che talvolta accade non può essere solo materia per le cronache giornalistiche, ma dev’essere anche motivo di riflessione e di autocritica, anche da parte di chi finanzia le campagne di esaltazione della farfalla che fa respirare, e celebra come eccellente un sistema di ospitalità aperto, inclusivo, aggiornato agli stili di vita di chi cerca (e può permettersi) un turismo di qualità.
Viviamo di esagerazioni: di eletti che vorrebbero essere accompagnati dal loro cane tra i banchi del Parlamento. Dove non si fa proprio una vita da cani.
Suggeriamo all’ex ministra del Turismo, Brambilla, di allargare “l’ospitalità” anche a orsi e lupi. Così, in Trentino, potrebbero frequentare — al guinzaglio — i luoghi di ristoro, magari esibendo speciali buoni pasto, per evitare che la fame faccia loro venire brutti pensieri: nei sentieri tra i boschi.
Facciamo il pienone di presenze record, raccontiamo fiabe sull’accoglienza semplice e montanara ma poi si scoprono episodi di discriminazione riportati dagli organi di informazione. Con ciò contribuendo a riportare in bianco e nero un’ospitalità trentina che, grassa e satolla, tende a selezionare la clientela: fra i tifosi di calcio o storcendo il naso di fronte a disabili e animali, siano essi da compagnia o di supporto a persone non vedenti.
Consiglierei un giretto in Veneto o in altre regioni, dove non si decanta, a suon di milionate pubblicitarie, la magnificenza dell’ospitalità e il respiro “lento e lungo dell’autunno che empie il cuore di un languore che consuma” (Verlaine). Ma dove si è preso atto che le famiglie italiane e straniere, quando pensano a una vacanza o a un viaggio per scoprire luoghi di grande fascino, lo fanno con la famiglia. E, fra i familiari, c’è spesso un cane, oltre a qualche membro con disabilità.
Spiace, da trentino, dover dire che in molte località, fuori dal Trentino, in ristoranti o luoghi di aggregazione, non ho mai trovato limiti. Neppure quelli che i proprietari di cani si autoimpongono, cercando posti appartati.
Ora, in Parlamento, si approverà una legge che definirà i diritti dei cani. Sempre che non si voglia strafare. Anche per evitare che qualche onorevole deputato/deputata voglia imitare San Romedio e presentarsi in un bar di Moena con un orso al guinzaglio.
In Trentino, la promozione delle strutture ricettive è spesso gestita da un’azienda che opera in stretto contatto con il governo locale. Oltre al bilancio di quanto finisce sui conti correnti o nei fondi cassa degli albergatori, potrebbe promuovere e perseguire azioni che dipingano un Trentino nuovo, aperto, inclusivo.
Accoglienza vuol dire porte spalancate: a tutti. Non solo alla carta oro o ai “fighetti” delle metropoli.