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    Opinioni&Confronti

    Marcantoni: “sorpreso e turbato”

    redazioneBy redazione6 Gennaio 2023Aggiornato:9 Gennaio 2023Nessun commento9 Minuti di lettura
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    Ha sollevato contrastanti giudizi l’intervento dell’arch. Pier Dal Rì su questo foglio liquido in merito ad un editoriale pubblicato da “il Nuovo Trentino” a firma del dott. Mauro Marcantoni. Il quale, come è suo diritto e nostro dovere, ha chiesto di replicare alle “riflessioni” dell’architetto trentino-rotaliano. In particolare il dott. Marcantoni si è sentito offeso per una frase che lascerebbe intendere che egli “liscia il pelo” a Cassa Centrale Banca “per un pugno di talleri”. Proprio per esplicare senza equivoci il proprio pensiero sul credito cooperativo, col quale non tiene rapporti finanziari, l’ex dirigente generale della Provincia di Trento ci ha mandato anche un articolo da lui scritto qualche tempo fa.   

    Mi ha sorpreso e turbato la risposta acida e offensiva che Pier Dal Rì ha dato al mio articolo su Cassa Centrale Banca. Anche se, a dire il vero, più che una risposta all’articolo, quello di Dal Rì mi è sembrato uno sfogo emotivo dovuto a livori mai elaborati. Tuttavia, la gravità delle sue affermazioni mi impone una replica, anche per evitare semplificazioni banalizzanti e deleterie per gli stessi interessi del Trentino. 

    Probabilmente Dal Rì ritiene che la difesa di un gruppo bancario di rilievo nazionale, mettendo in evidenza l’importanza che la sua sede e la sua governance rimangano a Trento, e insieme la consistenza delle ricadute positive che ne derivano, sia un’eresia da bollare con la “scomunica”.  Se Dal Rì è questo che pensa, merita il rispetto dovuto ad ogni opinione, anche se non condivisa. 

    Da parte mia, lo ribadisco con forza, se Cassa Centrale Banca dovesse uscire dall’orbita trentina, in termini di governance e di ricadute concrete sul territorio, non sarebbe per il Trentino una vittoria. Sarebbe la perdita di un asset territoriale di altissimo rilievo. Una perdita che può venire efficacemente contrastata solo se il sistema provinciale, pubblico e privato, attorno a Cassa Centrale fa quadrato, non guerra di logoramento. Queste ricadute nell’articolo sono state quantificate, ritengo in modo puntuale e corretto, per sottolineare la necessità che vengano salvaguardate. Con tutti gli aggiustamenti del caso, ma salvaguardate. Se Dal Rì avesse elementi per sostenere il contrario, lo dica e, se avesse ragione, sarei il primo a riaggiustare il tiro. 

    E’ vero che non ho toccato alcuni disagi, anche profondi, che sono sorti nel mondo cooperativo. Questo perché ho scelto di non ripercorrere la strada che ha portato alla costituzione di Cassa Centrale, argomento che tra l’altro è stato più volte affrontato, partendo dal presupposto che Cassa Centrale oggi già c’è. E siccome già c’è, ho ritenuto utile approfondire cosa significhi, per il Trentino, avere in casa una realtà che è ad un tempo locale e nazionale: argomento che invece, fino ad oggi, non è stato trattato a sufficienza, in particolare nelle caratteristiche quantitative e qualitative. 

    Un’ultima precisazione personale. La frase di Dal Rì “lisciare il pelo per un pugno di talleri” rinforzata dal riferimento al Qatar, lascia intendere in modo non equivocabile che secondo Dal Rì tra me e Cassa Centrale Banca vi siano stati, o vi siano oggi, rapporti finanziari di qualche genere. Oppure, peggio ancora, che per i miei “servizi” abbia ricevuto, o debba ricevere, qualche compenso.  

    Mi permetto di suggerire a Pier Dal Rì di ritrattare IMMEDIATAMENTE queste diffamanti affermazioni, corredandole da altrettante ed IMMEDIATE pubbliche scuse”.

    Fin qui la replica del dott. Mauro Marcantoni il quale spiega ai lettori di iltrentinonuovo.it che “il credito cooperativo è per il Trentino un tema fondamentale su cui non si riflette mai abbastanza. Nell’articolo pubblicato [su il Nuovo Trentino, oggetto della querelle. N. d. r.] mi sono concentrato sulle ricadute della presenza in Trentino di Cassa Centrale Banca. Questo per le ragioni che ho già precisato. Ho però riflettuto anche su questioni più generali che, secondo me, aiutano a non fissarsi su singoli aspetti problematici, perdendo la visione d’insieme. Per questo mi permetto di chiederle di pubblicare un mio precedente articolo sul tema, apparso su l’Adige di qualche mese fa, in cui sono entrato nel merito della questione tenendo conto di cosa è successo in questi ultimi anni”.

    CASSA CENTRALE BANCA:

    UNA SFIDA TRA INSOFFERENZA E INQUIETUDINI 

    di Mauro Marcantoni – Per il buon posizionamento in ambito nazionale e per le rilevanti ricadute sul territorio Cassa Centrale Banca (CCB) ha per il Trentino un “valore strategico” di assoluto rilievo. Lo dimostrano i dati. 

    Le città che in Italia possono oggi vantare di avere almeno una propria banca tra le prime dieci per entità dell’attivo sono solamente sette: Roma con ICREA e BNL; Milano con INTESA, UNICREDIT e BANCO BPM; Parma con CARI Parma; Modena con BPER; Siena con Monte dei Paschi, in situazione critica; Sondrio con BP Sondrio e Trento con CCB collocata al settimo o ottavo posto della classifica, a seconda delle fonti. Quindi, CCB ha saputo optare per la “dimensione nazionale” seguendo un percorso   fruttuoso, anche se non privo di qualche criticità sintetizzabile in tre parole chiave: fragilità, insofferenza e rischio.

    La fragilità è quella tipica degli istituti di credito cooperativo vocati ad operare localmente. Una fragilità in parte superata, ma sempre incombente. Nell’ultimo decennio una quota importante di Casse Rurali era in difficoltà, perché queste Non reggevano la concorrenza delle banche più grandi. Inoltre avevano prestato troppo, caricandosi di troppi rischi. La struttura cooperativa ne ostacolava la necessaria ricapitalizzazione. Insomma il glorioso e meritorio sistema del credito cooperativo era diventato un problema per la Banca d’Italia, preoccupata della stabilità degli enti creditizi.  La soluzione fu individuata in una sorta di aggregazione forzata delle Casse Rurali che furono sostanzialmente poste davanti ad un bivio: la liquidazione oppure l’affiliazione ad un Gruppo di settore. 

    In questo contesto Cassa Centrale Banca ha avuto la capacità di realizzare una operazione non banale: diventare uno dei due poli su cui il sistema nazionale del credito cooperativo ha finito per aggregarsi. Bolzano ha preferito una complessa via alternativa per rimanere ancorata alla dimensione locale. 

    Tornando al sistema nazionale, il rapporto che lega le due capogruppo (CCB e ICCREA) alle banche affiliate è di natura contrattuale. Un contratto che – oltre a prevedere una garanzia finanziaria solidale – impone alla capogruppo il potere/dovere di controllare le strategie creditizie ed i rischi delle banche affiliate. Alla luce dell’esperienza di questi anni possiamo dire che questa soluzione – ideata dalla Banca d’Italia e recepita dal legislatore nazionale – ha funzionato: in pochi anni il sistema si è rafforzato patrimonialmente, ha ridotto i rischi ed è ora senz’altro meglio attrezzato per affrontare un futuro che resta comunque impegnativo.  

    L’insofferenza è invece generata dalla complessità della formula che ha portato al processo di aggregazione. Una cosa è governare una banca di cui si è proprietari, altro è governarla sulla base di un contratto. Una cosa è governare una piccola Cassa Rurale periferica, altro è governare Casse “cresciute” che – anche grazie alle aggregazioni – si sono rafforzate e   sopportano sempre meno le istruzioni e limitazioni che arrivano da una capogruppo che – a torto o ragione – ritengono di tenere in piedi con il loro lavoro. 

    Il tutto appesantito da un ulteriore dettaglio: la riforma del sistema attribuisce alle capogruppo del credito cooperativo un ruolo di controllore dell’applicazione della normativa bancaria. La quale a sua volta pretende si applichino a tutte le banche affiliate le pesanti regole che si applicano alle banche europee più grandi. Le Capogruppo sono quindi costrette a svolgere verso le autorità di vigilanza una sorta di ruolo di garante dell’applicazione   di norme (ad esempio le limitazioni in tema di finanziamento a piccole imprese) che i controllati considerano eccessive e comunque di ostacolo allo svolgimento del tradizionale ruolo di banca di prossimità. 

    Di qui, venendo al Trentino, l’insofferenza che si avverte nei confronti di CCB da parte di molte Casse Rurali. Una insofferenza per ora in sottofondo, ma da non trascurare. Chi governa CCB questa situazione la conosce bene ed è quotidianamente impegnato a gestirla. Resta comunque la complessità con i suoi problemi, compreso l’affievolirsi di quel “senso” di comunità che è l’anima del sistema.  

    Passando ai rischi, oltre a quello fisiologico del difficile confronto con l’aggressività dei mercati finanziari, il più preoccupante è che venga meno la centralità di Trento nella governance di CCB e che non si riesca a mantenere la sede legale in Trentino. È una questione estremamente seria perché se questo dovesse accadere le ricadute positive sul territorio verrebbero meno, o radicalmente ridimensionate. E siccome queste ricadute sono di fortissimo rilievo una simile prospettiva sarebbe decisamente grave. Basti pensare che la direzione centrale di CCB significa 1500 posti di lavoro qualificati, un magnete di opportunità’ per neolaureati e quindi grande sinergia con l’università, un centro di competenze digitali avanzate, una centrale di acquisti di servizi sofisticati potenzialmente a beneficio anche delle imprese locali. 

    È quindi evidente che vi siano ragioni convincenti per mantenere Trento al centro del sistema CCB e, ancor più, di scongiurare l’eventualità di una sua fusione in ICCREA. Grazie ad una accorta modifica statutaria, se CCB rimane indipendente il rischio di trasferimento di sede legale è in realtà basso. Il rischio vero è la fusione con ICCREA. I numeri di capitale indicano che Cassa Centrale ha una posizione patrimoniale e reddituale più robusta di ICCREA. I risultati degli stress test della BCE del luglio 2021 evidenziano infatti una chiara superiorità patrimoniale di CCB. Questo potrebbe indurre i pubblici decisori nazionali a spingere per un rafforzamento di ICREA, che delle due è la più grande, proprio con l’assorbimento di CCB. Tanto più che il disegno originario del governo puntava a un unico gruppo, non a due. A ciò va aggiunto che alla vigilanza bancaria europea potrebbe fare comodo avere una unica intelligenza di coordinamento di tutto il mondo del credito cooperativo e quindi Francoforte potrebbe non vedere male una integrazione tra le due realtà. 

    Di fronte a tutto questo le possibilità di reagire sono certamente significative, anche se CCB sconta due passaggi che non la hanno aiutata, né in termini di capacità competitiva né di immagine. Il primo è il brusco “divorzio” da Giorgio Crosina, creatore di Phoenix e grande esperto di informatica: oggi Crosina è una punta avanzata della concorrente ICREA. Il secondo è la tormentata vicenda Carige, che nel suo andirivieni è costata al sistema una perdita a svariati zeri: una perdita mal digerita da molti e probabilmente concausa del recente cambio ai vertici di Cassa Centrale Banca. 

    Mauro Marcantoni

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