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    Home»Ponti di dialogo»Sottrarre l’umano dalla servitù (4)
    Ponti di dialogo

    Sottrarre l’umano dalla servitù (4)

    Marcello FarinaBy Marcello Farina2 Giugno 2021Nessun commento5 Minuti di lettura
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    Concludiamo la riflessione del prete-filosofo Marcello Farina su “limite, fragilità, vulnerabilità dell’umano”. Un breve quanto intenso “viaggio” attraverso il pensiero alto di chi cerca nella fragilità il riscatto per una svolta. Citando Goethe: “Non è forte colui che non cade mai ma chi, cadendo, trova la forza di rialzarsi”.

    Secondo intermezzo: “Il postumanesimo” – Nell’enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco, già citata per l’attenzione che essa dedica alla “fragilità” sia del pianeta terra che dei suoi abitanti, c’è anche un interessante accenno alla “tecnocrazia” e al suo “tremendo potere”. Egli scrive: “Mai l’umanità ha avuto tanto potere su se stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se si considera il modo in cui se ne sta servendo” (Ls, n. 104).

    Si tratta di uno spunto isolato sull’argomento, che poi l’enciclica non approfondisce, ma che permette di dedicare un piccolo spazio, in questa ricerca, alle scoperte scientifiche e tecnologiche, che hanno dato avvio, a partire dal secondo decennio del XXI secolo, alla cosiddetta “GNR Revolution”, cioè alla rivoluzione propiziata dalla convergenza tra Genetica, Nanotecnologia e Robotica, da cui si è sviluppato un fervoroso movimento intellettuale, con l’intento di rispondere alla domanda di potenziamento (Human enhancement) delle facoltà umane (vista, memoria, resistenza fisica…), cioè il “post umanesimo”, definito come “fase storica che tende al superamento della centralità dell’uomo”.

    Secondo il filosofo inglese Nick Bostrom si usa il termine “post umanesimo”, per indicare la condizione inedita dell’uomo che verrà, dotato di capacità fisiche e cognitive superiori a quelle attuali grazie al potenziamento delle macchine, liberato dalle malattie e forse anche dalla morte. Il cosiddetto “post-umano” è l’umano completamente ingegnerizzato e capace non solo di manipolare la vita, ma di produrla. Il termine “transumanesimo”, invece, sempre secondo Bostrom, è quel pensiero che si preoccupa di eliminare gli ostacoli che rallentano il passaggio dall’umanesimo al postumanesimo.

    Ovviamente tutto ciò da tempo ha attirato enormi interessi economici e l’opinione pubblica è invitata a familiarizzarsi sempre di più con questo orientamento; si alimentano i consumi di massa e il commercio dei prodotti tecnologici “Human friendly”. (Solo a titolo di esempio, per la propaganda, i film come Blade Runner, Terminator, Matrix, Iron Men, Avatar, ‘Io, robot’, Ex-machina, Lucy, Transcendence, ecc., e, per il commercio, il boom degli smartphones ecc.).

    Ormai è chiaro che la sfida post umanista è una sfida essenzialmente antropologica, perché si fonda sul rifiuto della fragilità, del limite e della finitudine come dimensioni strutturali della condizione umana. Secondo una recente previsione, già quest’anno, 2021, sarà possibile caricare i contenuti del proprio cervello in un computer; nel 2023 la capacità di calcolo dei computer eguaglierà quella del cervello umano; nel 2025 la terapia genetica sarà in grado di “rigenerare” completamente alcuni organi, tra cui il cuore e “gli umanoidi affiancano gli essere umani nella gestione della casa, nell’assistenza degli anziani, nei lavori pesanti e pericolosi”. 

    Il “postumano” intravede, perciò, nel futuro più prossimo, il sorgere di uomini bionici, composti di carne, silicio, metallo o plastiche, che potranno disporre di una banca di organi in cui acquistare parti di ricambio per il proprio corpo. Vi è anche chi ritiene che il prossimo passo evolutivo sarà la “macchina sapiens”! Comunque, la possibilità di riprodurre artificialmente dei tessuti biologici, secondo le previsioni più recenti, riguarderebbero il cuore, la cute, il pancreas, il fegato, i polmoni, ma non il cervello, così che lo scenario che si prospetterebbe è inquietante dal punto di vista sociale: “Avremo i vecchi miliardari sani ma dementi e altri che continueranno a morire consci. Scenari sociali veramente devastanti (…) Un medioevo sociale!” (N. Giacca, “In Occidente saremo in perfetta salute, ricchi e… dementi”, in F. De Filippo e M. Frega, Prossimi umani. Dalla genetica alla robotica, dalla bomba demografica ai big-data. Come sarà la nostra vita fra vent’anni, Giunti, 2018).

    7. Considerazioni “fragili”, non “ultimative” – E per chiudere questo “squarcio” sul tema del limite (della fragilità, della vulnerabilità) non ci restano che delle domande”, scrive Luciano Manicardi nel testo che ha dato il titolo a questa ricerca (in Rivista del clero italiano, n.7/8, 2020, pp. 511-527). Siamo anche noi, a proposito, “una nave che cerca per tutte le rive un approdo”, come si esprime stupendamente Antonia Pozzi, la giovane poetessa, tragicamente scomparsa a 26 anni, qualche decennio fa.” 

    “Esistono dei limiti che, diversamente da quelli scientifici o intellettuali, non dovremmo mai varcare? La violazione o il superamento di norme etiche tradizionali, di tabù religiosi o atavici di modelli di convivenza sperimentati ci faranno cadere nell’anarchia? Dove trovare una linea di demarcazione tra buono e cattivo, tra giusto e illecito in un mondo che non condivide gli stessi valori e che, anzi, è abitato da un politeismo dei valori? Ciò che è tecnicamente fattibile, deve anche essere doverosamente fatto o l’etica deve intervenire con un giudizio?” (…)

    Forse siamo rinviati, oggi più che mai, alla domanda elementare: chi è l’uomo? Domanda che spinge a volgersi dentro, ma anche fuori: “Chi sono io? E devo guardare e scrutare me stesso, ma anche l’altro che mi sta davanti, perché noi siamo relazione. O, come diceva Federico Hölderlin, “noi siamo dialogo”. Con Michel de Certeau, “io non sono senza l’altro”, perché potremmo dire “io sono noi”!

    Certo è che nel nostro tempo scompare sempre più l’urgenza di un risveglio antropologico.” 

    “Nell’epoca della macchinazione dell’uomo e della umanizzazione della macchina”, come scrive Giannino Piana, occorre certamente mettere in atto un’azione educativa di ampio respiro che non si accontenti di favorire un uso responsabile della tecnologia, ma offra una prospettiva di realizzazione umana che sottragga “l’umano” da ogni forma di servitù.

    (Le precedenti puntate sono state immesse in rete 11 maggio, 18 maggio, 26 maggio)

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    Marcello Farina

    Marcello Farina (1940), prete e filosofo, nato a Babido di Bleggio. Apprezzato conferenziere, è stato docente di filosofia nei licei e all'Università. È autore di oltre venti volumi. Tra questi: "Grandezza e fragilità dell'umano"; "Se il giardino rifiorisse"; "Consumare Dio"; "Pane di Farina" (intervista di Piergiorgio Cattani); "Parole che contano".

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