“Napoléon, empereur des Français: salì, scrutò, discese”. Potrebbe essere questa l’epigrafe posta alla base del campanile di Gardolo dai consiglieri circoscrizionali della Lega i quali intendono legare il nome del popoloso sobborgo di Trento al condottiero nato sull’isola di Corsica (1769) e morto nell’isola di Sant’Elena (1821). Forse perché – anche questa è una leggenda – proprio a Gardolo i soldati francesi, visto un ragazzino che guazzava nelle pozzanghere dell’Adige, lo avrebbero indicato come “matelòt” (“voilà un petit matelot”, ecco un piccolo marinaio), tanto che, da quel giorno, i trentini chiamano “matelòti” i bambini. Vive la France!
Una leggenda, tramandata da oltre due secoli, racconta che Napoleone Bonaparte, nella Campagna d’Italia (1796-1797) avrebbe cavalcato il suo cavallo, Marengo, fin sulla sommità del campanile di San Marco, a Venezia. Una balla colossale visto che il campanile della Serenissima era dotato, allora, di una scala a chiocciola. Il vezzo di (tra)mandare il Còrso sui campanili del Belpaese, e di amplificarne le gesta, sembra aver contagiato anche i leghisti nostrani. I quali, con raro ardimento e sprezzo del pericolo, hanno proposto nel consiglio circoscrizionale di Gardolo (Gard-eolo, il vento del Garda) la posa di una targa-ricordo a memoria dell’ascesa di Napoleone sul campanile della antica chiesa della Visitazione di Maria Santissima (ante 1467).
Apriti cielo. I PATTittini, o quel che resta degli autonomisti nostrani, hanno sguainato le baionette. Lancia in resta, gli stellati-alpini si sono fiondati (verbalmente, s’intende) contro i leghisti-padani. Ricordando agli smemorati la storia patria. Laddove per patria, “temporibus illis” s’intendeva la terra Tirolese. E Napoleone, il còrso-francese, era un nemico del popolo degli Schützen. Insomma, una targa-ricordo per un nemico “de noi altri” proprio no. Ma come andarono realmente le cose?
Proponiamo alcuni brani del diario del frate francescano, Giangrisostomo Tovazzi da Volano (1731-1806), il quale compilò ben cinque volumi di “cronache” tra il 1750 e il 1806.
Diario del 5 settembre 1796 – Li cinque, giorno di lunedì, alle otto di mattina, i francesi sono giunti a Trento, accompagnati da Napoleone Buonaparte, corso, loro generale in capite, d’anni circa 27, nato in Corsica li 6 agosto 1768 [In verità, era nato il 15 agosto 1769. n. d. r]. Gli ho veduti passare per il ponte della Fersina colle scialbe nude; dieci de’ quali per il vaso della Fersina vennero diritti al nostro convento; ma non passarono il secondo chiostro. Chiesero danaro, ed avendo loro risposto il P. Guardiano, che non ne abbiamo, dimandarono da bere. Dunque demmo loro del pane, e del vino, e così senz’altro partirono. Visitarono poi tutti li molinari; ma non fecero loro gran mali, perché li trovarono poveri.
6 settembre 1796 – Li sei circa le dodici di mezzogiorno, d’ordine del Buonaparte furono due uomini del castello, dove prese albergo il detto generale, a chiederci dei frutti con due gran cesti. Dunque demmo loro dell’uva, de’ fichi, e dei persici, ed il P. Guardiano andò cogli uomini a presentargli al Buonaparte, da cui ebbe udienza mercé l’attenzione del podestà Luigi Cheluzzi, parente dello stesso Buonaparte. Fu breve, ma graziosa.
Il detto Buonaparte andò subito a Gardolo per vedere la sua gente arrestata dai soldati cesarei al ponte di Aviso distrutto. Fu sul campanile di Gardolo [dal campanile della vecchia chiesa di Gardolo, unica allora esistente in quel paese, non si poteva scorgere la zona di Lavis] col curato Zanella, e la sera passò a Pergine, perché li suoi furono fermati a Levico da’ cesarei.
Nello stesso giorno sesto monsig. Vicario generale ha pubblicato una lettera stampata, e diretta a tutti i parrochi d’ordine del Buonaparte rapporto al culto divino, ed al contegno degli ecclesiastici, certamente buona. Al nostro P. Guardiano giunse nella sera degli 8 (settembre) e la leggemmo alla pubblica mensa nella stessa sera come circolare interessante.
11 settembre 1796 – Nel giorno undecimo, domenica, il ponte di s. Lorenzo fu caricato di fascine, e di polvere da fuoco. Tutto Trento per questo fu assaissimo scompigliato. Alle undici di mattina oltre il detto ponte, appresso alla colonna pilonica dai francesi furono moschettati, ed uccisi quattro bersaglieri austriaci, cioè un Sontag di Gardolo, un avisano, Silvestri di Enguiso in Ledro, ed un nonese.
14 settembre 1796 – Ai 14 furono destinati confessori de’ soldati tedeschi infermi li nostri PP. Saverio, e Maurizio; e per li francesi don Giovanni Puzzer, e don Francesco Ravelli; ma non ebbero da far molto, anzi niente.
17 settembre 1796 – Nel giorno 17 il Cheluzzi ritornato già da Bassano dove fu col Buonaparte, risegnò la Pretura di Trento per timore del Consiglio di Trento suo avversario. Per questo la città mandò quattro suoi deputati al Buonaparte, i quali furono il barone Cristoforo Trentino, figlio del capo console; il sig. Niccolao Donati; il sig. dottor Federico dell’Aquila, ed il sig. Andrea dalle Armi. Due di questi restarono a Verona, e due andarono dal Buonaparte a Milano, cioè l’Aquila, e l’Armi.
3 ottobre 1796 – Li tre di ottobre, giorno di lunedì, a buon’ora i detti deputati giunsero a Trento di ritorno, e senza punto fermarsi andarono all’Aviso dal generale Vaubois, il quale subito subito mandò a deporre dal grado di consiglieri il Festi, il Prati, l’Ippoliti, ed il Leporini, ritrovati nel Consiglio col vice cancelliere Consolati, che restò solo confermato. Dopo il pranzo poi furono spediti a Milano, in due carrozze tonere, accompagnati da soldati, e da scherni de’ cittadini. Col Leporini ha voluto andare anche la di lui moglie nata Todeschina di Pergine. Nella sera poi dai musici fu fatta una solenne serenata al Cheluzzi.
5 ottobre 1796 – Ai cinque, i soldati francesi hanno condotto via su di un carro la serva, e le robe del Prati.
8 ottobre 1796 – Gli otto, ho inteso, che sono stati creati cinque nuovi consiglieri dai magistrati d’ordine del Buonaparte, cioè il barone Gaudenz’Antonio Gaudenti, ed Ambrogio Schreck di Trento; il dottore Nocher di Borgo; il dottore Carlo Marcabruno d’Arco; il dottor Heymb di Roveredo; ma li tre ultimi non accettarono. E quindi furono eletti il dottor Bertolini di Pergine; il dottor Dordi di Borgo, ed il dottor Filippo Perottini di Roveredo. [Li quattro consiglieri furono trattenuti a Milano, e rimessi in libertà dal Buonaparte con decreto de’ 5 maggio 1797]. Gli 8 (ottobre) li soldati hanno buttato nell’Adige la statua di s. Nepomuceno, mentre avanti di essa oravano e cantavano dei buoni cristiani. Le vendemmie in quest’anno furono principiate avanti san Matteo [21 settembre], perché li soldati le hanno cominciate ancor avanti, e continuarono sinché fuvvi da vendemmiare.
20 ottobre 1796 – Li venti è caduta la neve su i nostri monti di Povo, Sardagna, e Terlago.
22 ottobre 1796 – Li ventidue alle cinque di mattina si fece sentire da noi un terremoto replicato.
24 ottobre 1796 – Li 24 piovette, sventò, e cadde la neve ancora più bassa su i nostri monti. In questi giorni la salsiccia in Trento fu pagata venti soldi la libbra. Il butiro 24 e più carantani la libbra, eziandio trenta. Le ova due carantani l’uno. L’olio dassi a misura molto scarsa. Così pure il sale. La carne è poca, e trista, o sospetta, perché sono chiusi li passi, sono molte le bocche, e nel paese c’è una grande mortalità de’ buoi.
27 ottobre 1796 – Li 27 avanti il giorno chiaro fuori della nostra porta del convento abbiamo ritrovato un bastardello non battezzato. Lo abbiamo subito insinuato a monsignor Vicario generale, che lo fece levare, e portare altrove. Nel medesimo giorno nel castello di Trento si radunarono a consiglio tre capi de’ francesi, li quali spedirono molti soldati sul perginasco, che presto ritornarono. Ne’ giorni precedenti sono andati a Verona per trattare col generale Buonaparte a nome del Magistrato di Trento il podestà Cheluzzi, ed il dottore Aquila.
29 ottobre 1796 – Li 29, giorno di sabato, il detto Magistrato con molto clero, e popolo è andato processionalmente al romitorio di san Rocco di Casteller, perché a cagione de’ tumulti guerreschi non poté andarvi ai sedici di agosto, festa di san Rocco, secondo il voto, e costume. Aveva destinato d’andarvi ai 25, giorno di martedì, ma non poté, perché impedito da pioggia dirotta, e vento gagliardo.
Già parecchi giorni monsignor Vicario ha scritto una circolare ai parrochi, che concedano l’uso della carne, e del grasso anche n’ venerdì, e sabati ai bisognosi, a titolo di carestia, cosa che ha servito molto ai golosi cattolici di nome. Non mi spiego di più.
30 ottobre 1796 – Li trenta, giorno di domenica, la sera, in Trento due soldati hanno duellato; per il che la città fu tutta scompigliata e posta in gran timore, e tumulto, essendo andati altri soldati per le case a cercare i duellatori.
2 novembre 1796 – Li due di novembre li francesi, quartierati all’Avisio, e Pressano tentarono di passare avanti, ed andare a Bolgiano. Vennero dunque alle mani coi tedeschi posti a san Michele, li superarono, ma la sera furono respinti, e ritornarono ai loro posti primieri, dopo d’avere terminato di rovinare la Prelatura di san Michele.
Fin qui il Tovazzi. In anni recenti, don Pietro Micheli da Tregiovo, nel suo libro dal titolo “Alle radici di Gardolo dal Piano”, riferendo gli sconvolgimenti provocati dalla rivoluzione francese (1789-1815) scriveva (pp. 113-114):
“Per Gardolo (si) è scoperto un succinto riferimento nel II° volume dei Nati e dei Battezzati, il quale “annota il passaggio da queste parti delle colonne dei militari” che gli eserciti opposti incominciano a mettere in campo”. La frase è laconica ma assai significativa. Vi si aggiunga, a commento, la tradizione popolare che tramanda come “il 5-9-1796 sul vecchio campanile sarebbe salito Bonaparte per osservare gli avamposti austriaci”.
Il passaggio alle colonne di militari è riferito a una ragazza messa incinta per l’appunto da un militare. Ma accadde nel mese di settembre del 1789 non del 1796.
L’episodio, rispolverato con encomiabile impegno dai consiglieri del carroccio gardolòto, fa parte dei molti campanili dei villaggi attraversati dai Francesi nell’autunno del 1796 e nella primavera del 1797. A Casarsa della Delizia, in Friuli, un’osteria aveva appeso all’esterno un pitale con la scritta: “Qui Napoleone depose”.
Dopo la proposta di collocare una targa con l’indicazione della (ipotetica) ascesa napoleonica sul campanile di Gardolo, non si vorrebbe che a taluni balenasse l’idea di altre targhe per altre terga da murare in qualche angolo della circoscrizione: “Qui lasciarono la parte migliore di sé i Padri fondatori e i figli affondatori del leghismo padano”.
Non ci resta che sperare nella clemenza… della storia.
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