Ci sono libri scritti per esser letti e ci sono libri che sono letti mentre si scrivono. Raccontano storie di vita e di dolore, di impegno e di solidarietà. Scavano dentro, dietro la maschera che ognuno/a di noi si porta addosso come una difesa, cercano risposte che raramente sanno fornire. Ma servono a riflettere, a dare un senso alla vita propria e a quella degli altri.
Un giorno, qualche mese fa, Paola Giudici, dirigente dei servizi sociali di Rovereto oggi in pensione, ha convocato Milvia Argenti (professoressa in pensione), Fausta Cassiti (dirigente scolastica in pensione) e la sottoscritta e guardandoci ci ha chiesto: “Avete voglia di impegnarvi?” Ovvio che sì.
Vorrei, disse Paola, sapere cosa pensano, cosa sognano le giovani donne. Abbiamo abbracciato subito l’idea, le abbiamo cercate e intervistate. Le abbiamo chiamate “Futurose” perché sono donne che progettano il loro futuro.
È nato il libro che nel suo cammino ha incontrato altre donne. Noi eravamo solo quattro amiche, non facevamo parte di una associazione e un’associazione è necessaria per sostenerci, trovare dei fondi, così abbiamo incontrato Mara Rinner di Amici di Famiglia e poi Elena Setti editrice di Osiride, entrambe entusiaste da subito.
Il libro ha preso il volo, talvolta lo abbiamo proposto, talvolta ci è stato richiesto. Alla fine abbiamo raccolto 6.500 euro (il nostro obbiettivo era di 5 mila). Un assegno che in questi giorni abbiamo consegnato alla professoressa Paola Venuti: Prorettrice dell’Università degli Studi di Trento Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive con uno scopo: creare dei laboratori che attraverso le fiabe, la narrazione e il disegno aiutassero i bambini vittime di violenza domestica.
Era questa la nostra finalità. I bambini… perché? Perché spesso loro sono i dimenticati. Pensiamo ai femminicidi, muore la madre e il più delle volte il padre o il compagno va in carcere o si toglie la vita. E i bambini? Che destino li attende? Loro, che sono i termali di una violenza estrema, riusciranno a guarire da ferite così profonde?
Ma la violenza ha tante sfaccettature, non è solo quella fisica e brutale, esiste violenza nei bambini lacerati dalle crisi familiari, incompresi nei loro effettivi bisogni, programmati sin dalla nascita, adultizzati precocemente, trascurati… Il motore di questo progetto torna quindi alla domanda di base. Ai bambini.
Sappiamo che, per la costruzione di un essere umano, va salvaguardato il diritto a una infanzia serena. A una vita di rispetto, protezione.
Tutto ciò viene negato a un bambino che ha subito una violenza sia essa fisica che psicologica e quel bambino – se non aiutato – un domani potrebbe essere un adulto incompiuto. Ecco perché è importante che quell’aiuto ci sia. Ecco perché il loro dolore innocente deve smuovere le nostre coscienze
A questo è servito il libro. Un libro che va oltre al suo essere semplice libro. La professore Paola Venuti, alla presentazione del libro ci consegnò alcuni concetti importanti, disse: “Prioritario è rispettare il diritto alla vita del bambino”. Aggiunse che “il suo lavoro di ricercatrice, di psicologa, può trovare un senso quando la ricerca può modificare qualcosa nella società.” Raccontò che sono tante le cose che feriscono un bambino. Spiegò che la vita relazionale nei primi 4/ 5 anni di vita di un bambino è elemento cardine per la sanità mentale ed è un grave errore credere che “tanto non capisce”, “tanto non sente” perché in realtà quel bambino capisce, sente e soffre molto. Il vissuto di violenza in una famiglia – spiegò – fa male soprattutto al bambino, lui non può comprendere che è estraneo a quella violenza, che la colpa non è sua e dinnanzi alla violenza, che solitamente è nei confronti della madre, in qualche modo se ne sente colpevole.
Perché per un bambino piccolo è inammissibile sostenere che l’altro genitore sia cattivo. Un bambino non riesce a essere contro un genitore nemmeno per difendere sé stesso. Dobbiamo molto alle donne che si sono affiancate in questa nostra avventura. A Elena Setti la nostra editrice e a Mara Rinner, presidente di Amici di famiglia, alla professoressa Venuti ma soprattutto lo dobbiamo ai molti che hanno condiviso con noi questo cammino. Ci rivedremo presto. È una promessa.