Da qualche giorno, sul Trentino (così come in tutte le altre regioni italiane ad esclusione della provincia di Bolzano) non va più in onda il Telegiornale Regionale della notte. Che gli affezionati utenti (pochi in verità) potevano seguire per “ben” 4 minuti, a un’ora incerta della tarda serata. Perché non c’è mai stata la certezza dell’orario per quel telegiornale striminzito, schiacciato tra un programma e l’altro, sacrificato sull’altare del “si deve”. Ovvero del consentire ai vertici dell’Azienda Radiotelevisiva di proclamare che si onorava fino in fondo la regionalità e la mission di “servizio pubblico”. Sul cui significato, avendoci lavorato per più di trent’anni, qualche dubbio, cammin facendo ci è venuto. Quando. chi scrive, faceva parte della nidiata di “mamma Rai” era stato coniato lo slogan: “Rai: di tutto, di più”. Oggi dobbiamo modificare lo slogan in “di tutto, di meno”. E non perché la cancellazione del TG della notte abbia privato gli utenti di un frammento informativo, ma perché, come chiede il sindacato dei giornalisti della RAI (Usigrai) in un efficace spot (che la Rai non sembra intenzionata a mandare in onda, ma che potete vedere su youtube https://youtu.be/gAtKqTIRR3c ) basterebbe che l’Azienda, se crede all’informazione regionale, aprisse uno spazio alle redazioni con un TG alle 22.30. Un orario che garantirebbe ascolto e informazione puntuale. Ma quando i giornalisti indicano la luna, di solito a Roma si guardano l’ombelico. Vale davvero la pena rileggere la lunga storia dell’informazione regionale ben descritta sul settimanale bilingue di Bolzano, “Salto”, da uno dei protagonisti degli ultimi decenni, Maurizio Ferrandi. Il quale di Rai (essendo stato il caporedattore della sede di Bolzano) e non solo ne sa una più del diavolo. (A. F.)
Quelli della notte: piccola storia del salvataggio di un tg
La provincia di Bolzano, salvo clamorosi voltafaccia, sarà dunque l’unica zona d’Italia dove continuerà ad andare in onda l’edizione notturna del Tg regionale in lingua italiana, abolito, nel resto del paese, a partire dalla prima settimana di gennaio per una decisione irrevocabile della nuova dirigenza dell’Ente di Stato. Inutili le proteste dei giornalisti, che hanno anche scioperato, inutili le proteste dei governatori delle varie regioni. L’amministratore delegato Fuortes, con il supporto, non unanime, del Consiglio di Amministrazione ha tirato diritto: l’abolizione, in abbinamento con quella di un’edizione notturna del TG Sport, era passo essenziale, ha detto, per salvaguardare gli equilibri economici dell’azienda.
Ha raccolto, con questa impennata di decisionismo, il plauso di qualche esponente politico di fede renziana che si diletta di metter naso nelle vicende Rai almeno due volte al giorno e di una rubrica satirica di Canale 5 che da tempo ha messo nel mirino gli sprechi veri e presunti del Servizio Pubblico. Per dare un’idea dell’infimo livello della polemica basti pensare che il maggior capo di imputazione elevato da questi sgangherati censori a carico del TG regionale della notte era quello di ripetere le stesse notizia date alle 19.30, come se questa non fosse prassi normale in qualunque realtà giornalistica e che la ragion d’essere della programmazione non fosse invece quella di proporre le notizie ad un pubblico diverso che a mezza sera non era ancora a casa.
Questi schiamazzi esterni sono comunque solo il folkloristico contorno di una tendenza, quella a marginalizzare l’informazione regionale nei palinsesti della Terza Rete Rai, che ha solidi agganci all’interno dell’Azienda e che oggi, con l’abolizione del Tg notturno, raggiunge un piccolo ma significativo risultato.
Per capirne qualcosa, e prima di venire alla specifica situazione altoatesina, vale la pena di ripercorrere in breve le tappe della vicenda. Dopo gli anni in cui l’informazione RAI a livello regionale era affidata ai soli notiziari radiofonici (Nel Trentino Alto Adige l’indimenticato Gazzettino delle Dolomiti), con il 15 gennaio del 1979 partono, sulla base di quanto previsto dalla Legge di Riforma, le trasmissioni televisive. Un TG serale, alle 19.30 replicato alle 22.
Dopo una decina d’anni un nuovo terremoto organizzativo. La parte nazionale, che inizialmente era solo una sorta di prologo a quella regionale, acquista una sua totale autonomia. Nascono l’edizione regionale delle 14 e quella radiofonica delle 7.20 del mattino. Sparisce l’edizione di mezza sera che rispunta però qualche anno più tardi con un’edizione di sette minuti attorno alle 22.30.
Era una soluzione ideale anche per valorizzare un prodotto che ha sempre ottenuto tra l’altro i massimi indici di ascolto nel palinsesto di rete. I TG regionali hanno conquistato un pubblico sempre maggiore anche nelle regioni dove hanno dovuto misurarsi con una concorrenza privata piuttosto agguerrita. Nel corso dei decenni le performances sono state particolarmente alte nelle zone come il Trenino Alto Adige, il Friuli Venezia Giulia e la Valle d’Aosta dove il rapporto con il territorio era ancor più diretto.
Per l’edizione notturna i problemi sono iniziati con la grande rivoluzione dei palinsesti, imposta dalle tv commerciali e che ha spostato in avanti di oltre un’ora l’inizio dei programmi serali. L’appuntamento con l’informazione regionale è stato progressivamente catapultato oltre la mezzanotte e ridotto nel tempo sino alla durata recente di quattro minuti. Cosa ancor più grave è stato privato di una scadenza oraria fissa. Nonostante ciò ha continuato ad avere buoni risultati di ascolto.
Adesso la mazzata finale, giustificata con il risparmio di una manciata di indennità notturne, con le sedi RAI che dovranno comunque restare aperte anche dopo le 20 perché non è semplicemente pensabile chiudere le saracinesche in grandi città e piccoli centri. Una penalizzazione assurda di un comparto aziendale, quello dell’informazione locale che costituisce il nucleo vivo del concetto di servizio pubblico in un’azienda dove le ridondanze e gli sprechi non mancano e sono spesso relativi ad iniziative che con il servizio pubblico stesso poco hanno a che fare.
La redazione RAI di Bolzano fa eccezione
Dopo quest’ampia premessa di carattere generale veniamo alla questione particolare che riguarda proprio quelle che potremmo chiamare “eccezione Bolzano”. Anche qui però, seguendo quello che in questa rubrica è una sorta di imperativo categorico, dobbiamo tornare indietro nel tempo per andare a vedere quali sono i fondamenti giuridici dei rapporti tra la Rai e l’autonomia altoatesina.
A ben vedere tutto quel che c’è da sapere in materia è contenuto in una norma di attuazione, tra le prime a vedere la luce, tra l’altro, all’indomani dell’entrata in vigore del nuovo Statuto. La norma è quella approvata con D.P.R. 1 novembre 1973, n. 691 e il suo titolo recita così: “Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige concernente usi e costumi locali ed istituzioni culturali (biblioteche, accademie, istituti, musei) aventi carattere provinciale; manifestazioni ed attività artistiche, culturali ed educative locali e, per la provincia di Bolzano, anche con i mezzi radiotelevisivi, esclusa la facoltà di impiantare stazioni radiotelevisive”.
Colpisce, in questo titolo, il fatto che già in premessa si sia voluto precisare uno dei pochi rigidi divieti, previsti a carico della nuova autonomia, nel nuovo ordinamento del 1972: quello di possedere o realizzare da parte della Provincia proprie emittenze televisive. Un mettere le mani avanti a difesa strenua del monopolio Rai, in un momento storico nel quale verso la fortezza venivano lanciati i primissimi assalti (la vicenda della prima tivù privata italiana, Telebiella, si consuma proprio nei mesi in cui viene preparata a questa norma di attuazione).
Il divieto è rimasto vigente fino ai giorni nostri e non è un segreto che la sua abolizione, al fine di trasferire sotto il controllo di una concessionaria provinciale come la RAS tutte le trasmissioni del servizio pubblico di lingua tedesca e ladina, rappresenti, come ebbe a confermare l’ex presidente Durnwalder durante i lavori della Convenzione per il terzo statuto, uno tra i principali obiettivi della Südtiroler Volkspartei.
Un altro passaggio di rilievo contenuto nella norma del 1973 è quello che impone il concerto tra Provincia e Rai sulla nomina del Coordinatore dei programmi in lingua tedesca. Ne ha accennato proprio recentemente su “Salto” Christoph Franceschini.
La terza disposizione di una certa importanza, che è poi quella che ci interessa direttamente, e quella che si ritrova nel finale dell’articolo 8 del D.P.R. La frase esatta è questa: “I tempi e gli orari delle trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua italiana, tedesca e ladina per la provincia di Bolzano sono concordati dal Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, sentito l’ente concessionario con la provincia stessa”.
La norma aveva una sua ulteriore ragion d’essere nel fatto di tutelare la programmazione nelle lingue delle minoranze in un momento nel quale mancava ancora una legge specifica che la prevedesse e che arriverà solo nel 1975, dando inizio all’era delle convenzioni con le autonomie speciali.
Il dialogo, o se si preferisce la trattativa, sui palinsesti radiofonici e televisivi delle trasmissioni in lingua tedesca e ladina si è sviluppato nel corso degli anni in maniera continua ed ha portato, solo per fare qualche esempio, al trasferimento a Bolzano della messa in onda della Tagesschau e alla previsione di una sua seconda edizione serale, alla nascita e al raddoppio del notiziario quotidiano in lingua ladina Trail.
Ci si è dimenticati, tuttavia, che, come indica chiaramente la norma, l’obbligo di intesa, e quindi non solo di un generico dovere di informazione, riguardava anche la programmazione in lingua italiana.
C’è tuttavia un precedente che illumina in maniera abbastanza precisa quel che è accaduto negli ultimi giorni. Siamo nei primi mesi del 1988 e la Rai sta per varare la sostanziosa riforma della programmazione giornalistica regionale di cui si è detto più sopra. Spariscono il GR delle 14 ed entrano in palinsesto quello mattutino delle 7.20 e il telegiornale delle 14. Tutto sembra pronto per partire quando arriva l’ukaze della Provincia. A muoversi, nel caso di specie, è stato il vice presidente italiano della giunta Remo Ferretti. Non è tollerabile, dice, che l’informazione radiofonica venga a cessare con il notiziario delle 12.10. Inizia un braccio di ferro con Roma ma il risultato è a dir poco paradossale. Alle soglie dell’estate i nuovi palinsesti partono in tutta Italia ma non a Bolzano. I nuovi notiziari vengono varati solo dalla redazione di Trento. Quella altoatesina continua a mandare in onda i vecchi appuntamenti come il gr delle 14. L’incredibile situazione si prolunga sino all’autunno inoltrato quando finalmente la trattativa arriva ad uno sbocco. Viene varata, con l’aumento di un’unità di organico per ciascuna delle due redazioni, l’edizione serale del GR, in onda alle 18:45 con l’interruzione dei programmi di Radiouno.
Questo quel che avvenne oltre trent’anni fa. Un precedente importante, comunque, per chiarire la dinamica di ciò che è successo nelle ultime settimane. La decisione Rai di abolire l’edizione notturna, l’intervento della Provincia a ricordare che la variazione andava comunque concordata e che non era gradito il fatto che l’informazione tv in lingua italiana cessasse con le 20. Una breve trattativa e quindi d’accordo. Verrà realizzato, a quanto è dato di capire, con un breve TG che verrà messo in onda unicamente sulle frequenze di RAITre che ospitano le trasmissioni delle minoranze, ogni sera, a seguire rispetto alla seconda edizione del Tg ladino, alle 22, e alla seconda edizione della Tagesschau. Si realizza così, tra l’altro, un secondo esempio di staffetta informativa in tre lingue dopo quella che avviene da sempre a partire dalle 19:35 (TG italiano), 19:55 (Trail) 20 (Tagesschau).
Va notato tra l’altro che, visto che l’apparato produttivo della Sede di piazza Mazzini è comunque attivo anche nelle ore serali, proprio per la programmazione in lingua tedesca e ladina, l’inserimento del Tg italiano non comporta particolari oneri aggiuntivi.
Resta, più che comprensibile, l’amarezza della redazione trentina, esclusa questa volta, a differenza di quanto avvenne nel 1988, dalla soluzione trovata nella trattativa tra Bolzano e Roma. A creare lo scalino questioni tecniche e organizzative forse superabili, ma soprattutto un differente livello di tutela autonomistica, al quale si sarebbe magari potuto metter mano a suo tempo se lo si fosse voluto.
(da “Salto” del 12 gennaio 2021)