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    Home»I tempi della cronaca»I “flagellanti” del sabato pomeriggio
    I tempi della cronaca

    I “flagellanti” del sabato pomeriggio

    Alberto FolgheraiterBy Alberto Folgheraiter7 Novembre 2021Aggiornato:9 Novembre 2021Nessun commento3 Minuti di lettura
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    Cominciarono nel 1260 e si diffusero nell’Italia centro settentrionale: da Perugia a Roma, da Bologna a Parma. Frotte di invasati, uomini e donne, vecchi e bambini, si unirono in lunghe processioni. Fra orazioni e autoflagellazioni percorsero in lungo e in largo la penisola e finanche il centro Europa. Un’esaltazione mistica, convinti che la penitenza fosse l’unica via per la salvezza eterna. Quel movimento fu infiltrato da “vecchi residui di precedenti eresie”, e al tempo della peste nera che sterminò 30 milioni di esseri umani in un’Europa che aveva cento milioni di abitanti, il fenomeno riprese vigore. I flagellanti tornarono sugli antichi sentieri e le cronache degli anni 1379, 1392, 1399 sono ricche di dettagli sulle pratiche di questi disgraziati che per 33 giorni si flagellavano due volte al giorno e una pure di notte, mentre il capobanda intonava un cantico e la setta rispondeva in coro. Inutile dire che gli stolti contribuirono alla diffusione del contagio. E la peste si ripresentò a cadenza ciclica, ogni otto-dodici anni, per tutto il medioevo e i primi decenni dell’età moderna.

    Rieccoli i “flagellanti” nel terzo millennio dell’era cristiana, scristianizzata dalla secolarizzazione, ogni sabato da molte settimane ormai, ripercorrere le vie delle città non già ad invocare una salvezza eterna ma a smoccolare, inveire e insultare la maggioranza della popolazione. Tutti coloro i quali, succubi dei poteri forti e della Spectre mondiale che governa le Big Pharma, si sono sottoposti a una doppia vaccinazione e sono in attesa di una terza. 

    Non se ne può proprio più di questi insulti insulsi. I “no vax” hanno diritto di rifiutare il vaccino proposto dalla sanità pubblica? Certo che sì, ci mancherebbe. Siamo ancora in una libera democrazia e lor signori, che parlano di dittatura, sono i primi a goderne i liberi frutti. In quale dittatura potrebbero scendere in piazza con striscioni e paranoie al seguito, senza che il regime mettesse loro il bavaglio. Andate a dirlo a quel disturbato mentale che, emulo di altri pari grado, sabato pomeriggio 6 novembre ha potuto sfilare indisturbato per le vie di Trento dentro un pigiama a righe come quello che i nazisti facevano indossare ai deportati nei lager. 

    Se la democrazia è un vizio di chi ha sperimentato forme di governo peggiori, i signori “no vax”, superbamente blindati nelle loro idee, dovrebbero restarsene chiusi nelle loro abitazioni. Perché se la democrazia, cioè il governo del popolo, permette a tutti di manifestare il libero pensiero (art. 21 della Costituzione italiana), non dovrebbe consentire ai “flagellanti del sabato pomeriggio” di portare a spasso l’infezione per le vie della città. Perché delle due l’una: o decidono di vaccinarsi (che è come pretendere un viaggio sulla Luna) o almeno vanno a spasso con mascherina e distanziamento sanitario. Se si tornerà in lock down per causa loro, il flagello lo tireranno fuori i commercianti e i cittadini che ne hanno le tasche piene di insulti, schiamazzi e carnevalate. E soprattutto temono le varianti della quarta ondata.

    Tanto per dire come sono cambiati i tempi: dal 20 agosto al 12 ottobre 1973, a Napoli e in Campania ci fu una mini epidemia di colera con 278 casi di infezione e 24 morti. In quelle settimane ci fu chi scese in piazza con cartelli e striscioni invocando “vogliamo il vaccino”.
    importante
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    Alberto Folgheraiter
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    Giornalista e scrittore. Negli anni Settanta redattore al settimanale “Vita Trentina”, alla redazione di Trento de “Il Gazzettino”, direttore responsabile di “Radio Dolomiti”. Dal 1979 al 2010 cronista alla redazione di Trento della Rai, poi capostruttura dei programmi (2007-2010); corrispondente dalla regione (1975-1996) del settimanale “Famiglia Cristiana”. Dal 3 novembre 2022 collaboratore fisso del quotidiano "IlT" del Trentino-Alto Adige. Ha pubblicato 27 libri su storia, tradizioni ed etnografia del Trentino-Alto Adige. È socio di Studi Trentini di scienze Storiche. È socio e direttore responsabile di "Judicaria", la rivista dell'omonimo Centro studi di Tione; e direttore responsabile della rivista "Teatro per Idea" della Cofas, la Federazione del teatro amatoriale Trentino.

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