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    Anniversari&memoria

    Salorno: quella notte del 1981

    Maurizio FerrandiBy Maurizio Ferrandi9 Agosto 2021Nessun commento4 Minuti di lettura
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    A metà dell’Ottocento, su sollecitazione degli organi amministrativi e del mondo economico del Tirolo, l’Imperial Regio Governo di Vienna dispose che fossero finanziati e realizzati imponenti lavori di sistemazione del corso dell’Adige. Furono disegnate planimetrie precise sino al metro e su quelle carte furono impostati gli interventi. Non si trattava solo di impedire, una volta per tutte, le periodiche esondazioni di un fiume che si snodava capricciosamente tra terreni acquitrinosi. Lo scopo era quello di recuperare, con una severa bonifica terre da destinare all’agricoltura. C’era infine da rendere sicuro un passaggio di fondovalle sul quale, di lì a breve sarebbe stati postati i binari della costruenda ferrovia del Brennero.

    I lavori furono impostati ed eseguiti. A nord di Salorno, il corso del fiume venne corretto eliminando una “gobba” che si protendeva verso il versante orientale della valle. Passarono oltre trent’anni. Il fiume scorreva nel nuovo letto, ma forse non aveva perso la memoria del suo corso antico o, più semplicemente, quel tratto d’argine era il più debole. Sta di fatto che, la notte del 19 luglio 1981, le campane di Salorno iniziarono a suonare a martello e gli abitanti seppero che dopo giorni e giorni di pioggia ininterrotta il fiume aveva rotto gli argini proprio a nord del paese.

    Prima dei lavori di metà Ottocento, il Noce si immetteva nell’Adige in linea retta a San Michele, causando riflussi ed esondazioni in tutta la piana a nord, verso Bolzano, fino a Laghetti di Egna

    Furono giorni drammatici, alleggeriti solo dal fatto che per fortuna non ci furono vittime. Molti abitanti del paese dovettero lasciale le loro case invase dall’acqua. Un momento doloroso soprattutto per gli anziani che non volevano abbandonare il luogo dove avevano trascorso una vita intera. Restano storiche le immagini registrate da una troupe della RAI del salvataggio di una bambina prelevata dal tetto di un’abitazione da un elicotterista. Tutta la parte bassa di Salorno era allagata. Un’acqua sporca, maleodorante riempiva i piani bassi e le cantine, avvelenava i campi dove mele ed uva non sarebbero stati raccolti. 

    Ci fu anche un atto concreto di ribellione. Una ventina di giovani, contravvenendo al divieto delle autorità andarono, rischiando l’arresto, a sud del paese per rompere gli argini e permettere il deflusso delle acque. Nelle scorse settimane Salorno ha ricordato i 40 anni passati da quella terribile vicenda, ma un memento molto più forte è venuto in queste notti di maltempo, quando di nuovo l’Adige si è ingrossato sino a sfiorare gli argini, con l’acqua ad invadere alcune zone limitrofe al fiume.

    Di nuovo, come in questi anni è successo tante volte, i vigili del fuoco sono tornati a vegliare sui ponti e lungo le rive e la gente è rimasta sveglia temendo di sentire da un momento all’altro il segnale di allarme.

    Quell’alluvione del 1981 ha segnato però un momento di passaggio importante sotto due aspetti almeno. Il primo è stato costituito dall’avvio di una lunga serie di lavori di consolidamento degli argini. Sono stati spesi molto denaro, molto tempo e molta fatica per impedire un altro 1981. In questi quarant’anni le piene che sono passate sotto il ponte di Salorno sono state molte, sino a giungere a quella di questi ultimi giorni. Il fatto che alluvioni disastrose come quella del 1981 non si siano più verificate depone a favore del lavoro svolto, ma è evidente che i cambiamenti climatici, con il loro corredo di eventi atmosferici estremi costringe ad ammettere che probabilmente il lavoro iniziato a metà dell’ottocento non avrà mai fine e andrà costantemente aggiornato.L’altro aspetto cruciale di ciò che avvenne nell’81 è legato al concetto della protezione civile. In quei giorni drammatici fu sperimentata sul campo la possibilità di utilizzare nel modo migliore la forza costituita dai corpi dei vigili del fuoco volontari di tutta la provincia che si alternarono per assistere le popolazioni colpite. Fu allora che divenne evidente la necessità di organizzare in modo sempre più completo e coordinato il fattore di intervento di questa componente essenziale e preziosa del volontariato. La macchina della protezione civile altoatesina, così come la conosciamo oggi trae la sua origine anche da quei drammatici avvenimenti di quarant’anni orsono.

    Immagini dell’alluvione del 19 luglio 1981 a Salorno

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    Maurizio Ferrandi

    Da oltre quarant’anni segue le vicende altoatesine, che ha raccontato dalle pagine dei quotidiani L’Adige e Alto Adige, dagli schermi della televisione privata TVA e poi, per venticinque anni, dai microfoni della RAI di Bolzano. Attualmente è libero collaboratore del portale giornalistico Salto.bz. Alla quotidianità dell’impegno professionale ha affiancato da sempre l’interesse per la storia altoatesina dei decenni più recenti. Alla tesi di laurea sulle opzioni (1978) è seguita, nel 1987, la biografia di Ettore Tolomei (L’uomo che inventò l’Alto Adige, editore Publilux) recentemente uscito in veste totalmente rinnovata e con il titolo “Il Nazionalista” per i tipi dell’Editore Alphabeta.. Per la RAI ha realizzato documentari e programmi sula storia dell’autonomia, sull’Accordo Degasperi Gruber e, nei mesi scorsi, i ritratti del fotografo Albert Ceolan e dell’avvocato bolzanino Arnaldo Loner. Dopo aver diretto per oltre un decennio le redazioni italiana e ladina della RAI, ha deciso di dedicarsi alla ricerca storica. Frutto di questa scelta i volumi dedicati al rapporto tra Benito Mussolini e l’Alto Adige (Curcu & Genovese editore, 2015) e per l’editore Alphabeta i due volumi sulla storia parlamentare della questione altoatesina (Al Brennero ci siamo e ci resteremo - 2017 e Dibattiti e dinamite- 2018). Sempre per Alphabeta ha curato, assieme a Gabriele Di Luca, i due volumi dell’antologia Pensare l’Alto Adige, dedicata agli scritti dedicati all’Alto Adige da autori italiani nell’ultimo secolo.

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