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    Albrecht da Norimberga

    A causa del coronavirus, da lunedì 2 novembre 2020, a Norimberga, in Baviera, è stata chiusa anche la Dürer-Haus, la casa divenuta museo nel 1828. Qui, dal 1509 al 1528, visse e operò Albrecht Dürer (1471-1528). Un’icona per il popolo germanico e non solo. Come Leonardo da Vinci per l’Italia. Nell’italiano arcaico del XVI secolo, il Dürer fu chiamato Alberto Duro o Durero.
    Alberto FolgheraiterBy Alberto Folgheraiter8 Aprile 2021Aggiornato:20 Aprile 2021Nessun commento6 Minuti di lettura
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    Il più celebre artista del Rinascimento del Nord arrivò in Tirolo nell’autunno del 1494. Aveva lasciato Norimberga e la giovane moglie, Agnes, sposata da un paio di mesi, mentre nella libera città imperiale della Franconia divampava la peste. Si era aggregato a un gruppo di mercanti diretti a Venezia dove, nel XIII secolo, era stato allestito il “Fontego dei Tedeschi”. Era il magazzino dei mercanti di Norimberga, di Augusta (Augsburg) e di Judenburg, in Stiria. Nel XIV secolo, il palazzo sul Canal Grande, adiacente il ponte di Rialto, divenne pure la sede dei banchieri Fugger. Questo spiega i fiorenti contatti commerciali tra la Baviera e la Repubblica Serenissima. I mercanti tedeschi impiegavano circa due settimane per coprire i 750 chilometri di tragitto da Norimberga a Venezia. Sempre che la valle dell’Adige, a sud di Bronzolo, non fosse sbarrata dalle frequenti alluvioni causate dall’esondazione del Noce. Il quale, innestandosi in modo diretto nell’Adige, a San Michele e bloccando il deflusso del fiume, contribuiva a trasformare la piana verso nord in un lago paludoso fino a Laghetti di Egna. 

    Accadde anche nel mese di ottobre del 1494. Un’alluvione, seguita a piogge persistenti e prolungate, è documentata il 24 ottobre di quell’anno. Ma già ai primi di ottobre si era avuta l’esondazione dei fiumi e dei torrenti. La comitiva partita da Norimberga, trovandosi la strada imperiale verso Trento sbarrata dalle acque, pernottò probabilmente al Klösterle (conventino). L’ospizio, fondato nel 1220, serviva ai pellegrini diretti in Terra santa, pertanto al porto di Venezia, o alle tombe dei Papi, a Roma.

    Cominciò da lì lo straordinario viaggio che proiettò la val di Cembra nella storia dell’arte per alcuni acquarelli che il viandante Albrecht da Norimberga fissò sul cartoncino: dal castello sulla roccia (Piazzo di Segonzano), al molino sull’acqua (Prà di Segonzano). Altri acquarelli, sulla via del ritorno (1495) fissarono immagini di Arco e di Trento.

    Prese le mosse da qui, dal Klösterle, anche l’impegno che venticinque anni fa portò un architetto figlio del barcaiolo dei Laghetti a far riscoprire il Dürer alle comunità atesine e cembrane. Si chiama Bruno Pedri, ha 70 anni, papà originario di Gresta di Segonzano e la mamma di Cagliari. Progettista internazionale, assieme al figlio Enrico ha curato perfino i restauri della chiesa della Natività, a Nazareth. 

    Racconta: “Ci sono coincidenze straordinarie nella storia degli uomini. Il 10 ottobre 1994, a Laghetti di Egna, dove sono nato, ho ritrovato il pozzo che documentava una stazione di sosta ma soprattutto la deviazione del percorso per i viandanti che provenivano da nord, quando la via imperiale era impedita dalle alluvioni e dalle esondazioni dei fiumi. Esattamente cinque secoli prima, tra il 10 e il 15 ottobre del 1494 era passato da qui Albrecht Dürer”.

    Dal Klösterle, i mercanti risalivano la montagna, superavano l’ardito “ponte romano” (del XIX secolo) sulla valle del rio Lauco, raggiungevano i Pochi di Salorno e da qui, lungo il displuvio, arrivavano al passo del Sauch. Chi intendeva proseguire verso Trento scendeva a San Michele all’Adige; chi andava a Venezia, girava a nord-est, superava il lago Santo di Cembra, scendeva lungo il sentiero della Corvàia al ponte di Cantilàga, sostava al castello di Piazzo a Segonzano e risaliva verso Lases e la Valsugana. Non è escluso che taluni arrampicassero lungo la valle del rio Regnana, fino al passo del Redebus, superato il quale arrivavano nella valle dei Mocheni abitata da minatori immigrati proprio dalle terre tedesche.

    “Inoltre, spiega ancora l’arch. Pedri, assieme al Klösterle, a Egna abbiamo salvato dal degrado la “mansio Endidae”, la stazione di sosta e del cambio di cavalli lungo la via Claudia Augusta. Al tempo in cui passò Albrecht Dürer, il Sauch costituiva il confine tra il mondo tedesco e il mondo latino, tra il gotico e il Rinascimento. Allo stesso modo, Endidae (Egna) era il confine, il “limes” tra due mondi che parlavano lingue diverse. Dal Po a Egna l’italiano; da Egna al Danubio, il tedesco. Per tale ragione, Egna è candidata a diventare la capitale della via Claudia Augusta”.

    Inoltre, la faglia di Trodena segna pure il passaggio dalla piattaforma porfirica atesina alle rocce calcaree.

    Due mondi di una più vasta regione alpina, tra il Danubio e il Po, che potrebbero trovare un’unità culturale anche in nome di Albrecht Dürer. Di questo è convinto Bruno Pedri il quale venticinque anni fa aveva avviato un’importante collaborazione con la Dürer-Haus di Norimberga e con la Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano che possiede alcuni acquerelli “cembrani” del pittore tedesco.

    Erano stati allacciati contatti con le amministrazioni dei sei comuni coinvolti nel sentiero del Dürer, il Dürerweg (Egna, Salorno, Giovo, Cembra, Altavalle e Segonzano). Poiché le idee e i progetti camminano sulle gambe degli uomini, quindici anni fa, con il cambio delle amministrazioni comunali, tutto si è arenato. Certo, nel marzo 2015 ci fu a Cembra un fondamentale convegno storico-artistico. Furono pubblicati gli Atti, ma tutto finì lì. 

    “Eppure, lamenta l’arch. Pedri, se le amministrazioni comunali si impegnassero a fondo, il Dürerweg potrebbe diventare un volano sul piano economico. I bavaresi sono ghiotti di storia e di cantine, di percorsi d’arte e di buona cucina. Adesso poi che gli spostamenti in massa sono sconsigliati, che le escursioni all’aria aperta fanno bene al corpo e allo spirito, il sentiero di Albrecht Dürer potrebbe davvero dare una scossa anche all’economia locale. Qualche anno fa mi dicevano a Norimberga che nel nome di Dürer centomila bavaresi sono pronti a visitare la bassa atesina e la val di Cembra”. 

    Favoriti, in questo, anche dalla riscoperta della “Claudia Augusta”, la via romana dalla pianura veneta alla Baviera. Fu tracciata da Druso, figliastro e generale di Augusto, in concomitanza con le campagne militari che dal 15 a. C. portarono alla conquista della Rezia (la regione tra Svizzera, Baviera, Tirolo e bellunese) e della Vindelicia (territorio delimitato dal Danubio e dall’Inn, tra la Svizzera e il Baden Württemberg). La via Claudia Augusta fu ultimata dall’imperatore Claudio nel 46 d. C. Il ramo della C. Augusta Padana cominciava a Ostiglia, sul Po, vicino a Mantova, risaliva il medio corso dell’Adige e, a Trento, si congiungeva con la C. Augusta Altinate la quale, da Altino (porto romano sulla Laguna veneta) risaliva la Valsugana. 

    “Secondo l’archeologo Gianni Ciurletti (1948-2019), nel suo primo viaggio a Venezia, Albrecht Dürer non ha fatto altro che seguire la via Claudia Augusta. A Fadana di Cembra fu trovato un bronzetto del dio Mercurio, il protettore dei viandanti. È evidente che i viaggiatori e i mercanti tedeschi del XV secolo non improvvisarono sentieri alternativi. Il tracciato c’era già ed era frequentato”. Così parlò Bruno Pedri, architetto e “düreriano” convinto. Al punto che a Salorno, nell’antico palazzo von Hausmann, oggi sede di una banca, ha già individuato la futura filiale italiana della Dürer-Haus di Norimberga. Accanto, un’ampia cantina, la Herrentrinkstube, potrà ristorare la sete dei bavaresi i quali, oltre alla birra non disdegnano il vino. In nome, ben inteso, della cultura e dell’arte di un viaggiatore chiamato Albrecht Dürer.

    Albrecht Dürer, autoritratto (1493), Museo del Louvre, Parigi ; A.D. autoritratto (1498), Museo del Prado, Madrid – molino ad acqua, acquarello (1494), Galleria delle incisioni, Berlino

    acquarelli trentini Dürer Salorno val di Cembra
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    Alberto Folgheraiter
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    Giornalista e scrittore. Negli anni Settanta redattore al settimanale “Vita Trentina”, alla redazione di Trento de “Il Gazzettino”, direttore responsabile di “Radio Dolomiti”. Dal 1979 al 2010 cronista alla redazione di Trento della Rai, poi capostruttura dei programmi (2007-2010); corrispondente dalla regione (1975-1996) del settimanale “Famiglia Cristiana”. Ha pubblicato 27 libri su storia, tradizioni ed etnografia del Trentino-Alto Adige. È socio di Studi Trentini di scienze Storiche.

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