Parafrasando il detto popolare: “Meglio un giorno da leone che cento da pecora”, riferito al primo (nuovo) inquilino dei palazzi vaticani potrebbe suonare pressappoco così: “Un giorno da Leone con l’odore delle pecore” (come auspicava per i suoi preti il defunto papa Francesco). Domenica 18 maggio Robert Francis Prevost, il papa “panamericano” dalle due nazionalità (Stati Uniti e Perù) ha cominciato il suo “ministero petrino”. Ovvero il suo servizio di 267° successore di San Pietro alla Chiesa universale. Lo ha fatto con una ritualità antica: la visita alla tomba di San Pietro, sotto l’altare della confessione, in basilica; l’invocazione dei Santi con le Litanie, la messa pontificale al cospetto dei 150 mila devoti di piazza San Pietro e via della Conciliazione. In prossimità dell’altare, 204 cardinali, 800 tra vescovi e prelati, 3.000 preti. Un cardinale (il protodiacono Mamberti che già aveva annunciato l’Habemus Papam) gli ha imposto il pallio, una stola di lana di agnello, simbolo del “buon pastore” che si prende cura delle proprie pecore. Il cardinale Tagle (uno dei papabili alla vigilia del conclave) gli ha consegnato l’anello del pescatore, simbolo dell’autorità papale che Leone XIV ha accolto con commozione trattenuta a fatica. Se Francesco, accanto all’altare aveva l’immagine della Madonna “Salus populi romani” (salute del popolo romano) nel cui santuario (Santa Maria Maggiore) ha voluto essere sepolto, Leone ha voluto l’immagine della Madonna del Buon Consiglio che si venera nel santuario di Genazzano, 40 chilometri da Roma. Dove si è recato, a sorpresa, l’indomani dell’elezione a pontefice e dove operano quattro frati del suo ordine religioso di provenienza: gli Agostiniani. E proprio a Genazzano fu parroco ed è esposto in un’urna di cristallo, il frate agostiniano trentino Stefano Bellesini (1774-1840) proclamato beato nel 1904.
Domenica 18 maggio, in Vaticano a Roma, c’erano, a rendere omaggio a papa Leone XIV, 153 delegazioni di Stato (l’Italia con 20 rappresentanti, a cominciare dal presidente della Repubblica, Mattarella, e del consiglio, Meloni). C’erano “la presidenta del Perù”, Dina Ercilia Boluarte Zegarra; il vicepresidente degli Stati Uniti, James David Vance; nove sovrani regnanti (Andorra, Belgio, Emirati Arabi uniti, Spagna, Liechtenstein, Lussemburgo, Monaco, Ordine di Malta e Paesi Bassi); 22 Capi di Stato (e tra di loro l’ucraino Volodymyr Zelenskyy e dell’Unione Europea, Ursula von der Layen); 5 principi ereditari; 22 capi di governo; 7 vice capi di Stato; 2 vice primi ministri; 9 presidenti di Parlamento; 10 ministri degli Esteri; ambasciatori e alte personalità.
Questo lungo elenco per dire che nemmeno per l’incoronazione di un re arrivano tante delegazioni. È ben vero che il papa di Roma è il “sovrano” spirituale (non più temporale) di un miliardo e 400 milioni di persone. Ma è altrettanto vero che oggi, nel mondo, con l’ONU ridotta a un ente evanescente, il pontefice cattolico pare essere l’unico punto di riferimento e di coagulo delle attese e delle speranze dei popoli di giustizia e libertà. In definitiva di pace.
L’omelia, il suo messaggio di inizio pontificato, in linea con quanto papa Leone ha detto nei primi giorni dopo l’elezione al soglio pontificio. Pace e amore. Ha esordito ricordando papa Francesco, la sua morte, che “ci ha fatti sentire come pecore senza pastore”. Ha ricordato il conclave: “Arrivando da storie e strade diverse, abbiamo posto nelle mani di Dio il desiderio di eleggere il nuovo successore di Pietro, il vescovo di Roma”. “Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio che ci vuole uniti in un’unica famiglia”. Ha espresso il desiderio di “una Chiesa unità, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato”.
Ha detto ancora papa Leone: “In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace.
Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo.
Fratelli, sorelle, questa è l’ora dell’amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo e, con il mio predecessore Leone XIII, oggi possiamo chiederci: se questo criterio «prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?» (Lett. enc. Rerum novarum, 21).
Con la luce e la forza dello Spirito Santo, costruiamo una Chiesa fondata sull’amore di Dio e segno di unità, una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità.”
Così parlò Leone, eletto papa da un conclave di 133 cardinali in appena 4 sessioni di voto, chiamato a succedere a Francesco, già cardinale Jorge Bergoglio, morto il lunedì dell’Angelo e sepolto, per sua volontà, nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Il primo viaggio di Francesco fu a Lampedusa, per portare un mazzo di fiori in quel tratto di mare divenuto il cimitero dell’umanità. Il primo viaggio di Leone sarà in Turchia, a Nicea, dove 1700 anni fa il primo concilio ecumenico della storia cristiana decretò che Cristo era Dio.
Una nota di cronaca. Domenica mattina, in via della Conciliazione sono stati fermati almeno dieci peruviani con striscioni contro i rappresentanti del Perù presenti alla messa di inizio pontificato dal papa statunitense-peruviano. In questi giorni, nel paese Latino americano ci sono state manifestazioni contro il governo represse con interventi violenti. I tentativi di oggi richiamano alla memoria quanto accadde nel corso della messa di “intronizzazione” di papa Luciani (Giovanni Paolo I). Era presente il presidente-dittatore dell’Argentina, il generale Jorge Videla accusato di crimini contro l’umanità. Quella domenica di inizio settembre 1978 in via della Conciliazione si levarono dei palloni con appeso un lungo striscione: “Videla boia”.