Anche nella recente tornata elettorale in Trentino pare aver ritrovato qualche spazio, in verità e per fortuna non molto appariscente, la vecchia memoria fascista, fondata sulla centralità ispiratrice del trinomio: “Dio, Patria, Famiglia”.
Si tratta di una retorica identitaria che ritorna, accomunando nazionalismi, sovranismi e xenofobie vecchie e nuove, in un’Europa che arranca sempre più sullo stretto sentiero che divide progresso e conservazione. Quel trinomio rappresenta infatti una delle travi portanti dell’ideologia fascista e delle successive teorizzazioni elaborate dalle destre estreme del vecchio continente, in difesa di supposte identità e purezze minacciate, a loro dire, dallo sviluppo globale e dalle nuove relazioni fra gli individui e le diverse provenienze.
“Dio, Patria, Famiglia”, recentemente invocato anche da Meloni e Orban, sta diventando un comodo ombrello sotto il quale trovano albergo tutte quelle tensioni etniche, razziste e antisemite che stanno scuotendo il presente e che arrivano perfino a proclamare la necessità di dover “difendere Dio”. Ma da cosa? E poi quale Dio va difeso? Quello della speranza e del dialogo di Francesco o quello dell’incombere apocalittico dell’apostolo Giovanni? Quello ebraico della Legge o quello cristiano fattosi Uomo?
“Dio, Patria, Famiglia”, racchiude la conservazione gelosa della tradizione, in antitesi alla domanda di innovazione e contaminazione che sale dai processi evolutivi ed in una perenne lotta fra immobilità e dinamismo, dentro la quale sembra esservi sempre meno posto per i mille volti dell’umano. Sventolare la bandiera dell’identità sovrana, in nome di questo trittico di riferimento, significa archiviare quel profilo di universalità che si regge sulla somma infinita di identità altre, intersecate e sovrapposte, in una sorta di caleidoscopio della storia. Latini, volsci, equi, etruschi, sanniti, greci, tarantini e siracusani e poi cartaginesi, goti, visigoti, longobardi, franchi, normanni, arabi, ebrei, turchi e ancora lanzichenecchi svizzeri, dominatori francesi, spagnoli, austriaci, boemi e, buon ultimo, piemontesi e americani. Ecco, la tanto declamata identità nazionale italica raccoglie questi – ed altri minori – incroci di sangue e di vicende, in un Paese segnato da una complessità infinita di genti, narrazioni, culture, lingue, tradizioni ed attraversamenti che rendono impossibile definire i tratti peculiari di una identità nazionale unica, chiara, precisa e sedimentata.

“Dio, Patria, Famiglia”. Anche la realtà locale non è estranea a queste suggestioni di sapore nazionalista, dimenticando spesso di essere invece un crogiuolo di pluralità. Da sempre il Trentino infatti è luogo di transito, ma anche di contaminazione, al punto che queste caratteristiche si sono tradotte nel tempo in una funzione storica di “ponte culturale” fra antagonismi profondi, come quelli latini da un lato e germanici dall’altro. Un “ponte” poggiato su identità ibride e differenze sostanziali: i nònesi/solandri, che rivendicano lontane radici ladine, sono figli di una esperienza storica in larga parte diversa e lontana da quella della Valsugana e la stessa distanza vale per i fiemmesi ed i giudicariesi, ma anche per i residenti lungo l’asta fluviale dell’Adige. Forse solo la rivolta contadina del 1525, guidata da Michael Gaismayr, è un concreto esempio di vera unità d’intenti e d’azione fra genti che, in quel moto, trovano qualche ragione identitaria condivisa e condivisibile.
“Dio, Patria, Famiglia”. Oltre che un esplicito richiamo all’ideologia fascista, posto che questa “fascinazione trinitaria” è attribuibile a Giovanni Giuriati segretario nazionale del P.N.F., il trinomio oggi pare ridotto solo ad artificio retorico volto al consenso e basato sulla promessa di impossibili futuri di purezza etnica, davanti all’enorme portata di fenomeni mondiali, come quelli migratori. Difesa valoriale e salvaguardia identitaria pertanto come anime della propaganda catastrofista di chi soffia sul fuoco delle paure ed incita allo scontro, alla negazione, all’indifferenza ed all’egoismo.
“Dio, Patria, Famiglia” poi, come rifiuto a transitare dalla concezione nazionalista delle identità a quella più universalista delle relazioni, cercando nell’ Altro, il dialogo e l’incrocio esperienziale, per declinare al futuro le identità complesse e per salvarne il senso più intimo.Infine “Dio, Patria, Famiglia”, slogan dell’incoerenza invocato da chi ha una concezione solo strumentale della fede; da chi si è battuto per la secessione dalla “patria” ed ora la mitizza senza comprenderne la storia e le sue infinite pieghe e da chi idealizza la famiglia, non avendone una o avendone più di una comunque in antitesi alla concezione classica e cristiana del nucleo familiare. Insomma un guazzabuglio utile solo alla propaganda a buon mercato del presente, dove tutto vale il suo contrario.