Con questa puntata, si conclude il “racconto” storico di Renzo Fracalossi sul prologo e le prove generali in regione dello squadrismo fascista che preparò e portò alla “notte della dittatura” durata oltre un ventennio. Come rovinosa valanga, da Bolzano e Trento le camice nere del fascismo, provviste di manganello e olio di ricino, ebbero facile gioco su un governo debole e rassegnato. Questa è la storia. Che talvolta si ripete, non sempre e non solo in forma di farsa.
Proprio nel mese di settembre del ‘22, a Bolzano, prendono avvio i corsi in lingua tedesca presso l’“Elisabethschule” di Bolzano. Per lo squadrismo è una sfida insopportabile ed il 30 settembre Francesco Giunta, Alberto De Stefani, Achille Starace e Roberto Farinacci fanno convergere sulla città dell’Isarco le loro squadracce. Non si tratta di pochi esaltati, bensì di centinaia prima e migliaia poi di uomini armati e pronti a mettere a ferro e fuoco Bolzano ed i territori limitrofi. L’azione che si sta modellando è voluta dallo stesso Mussolini ed è la rappresentazione plastica della portata dell’attacco fascista al sempre più debole ed incerto governo nazionale, quasi a testarne le capacità e le volontà di resistenza. L’obiettivo apparente è senza dubbio la popolazione, la cultura, le istituzioni e le tradizioni tedesche in Alto-Adige, ma in realtà si tratta di verificare le possibilità dello sviluppo di un processo di presa violenta del potere e dei rischi ad esso connessi.
Le prime squadre giungono in città provenendo anzitutto da Trento, sotto il comando di Emer, Guadagnini e Larcher. Poi si aggiungono gli squadristi di Mezzocorona, Rovereto e Riva del Garda ed infine quelli di Mantova, Verona, Vicenza, Brescia e Cremona, fino a comporre una massa di uomini pari ad oltre tremila unità. Nella notte fra il 30 settembre ed il 1° ottobre, i fascisti guidati da Giunta occupano la “Elisabethschule”, mentre i militari posti a difesa della struttura capitolano subito e si ritirano in caserma. La giornata seguente scorre nella frenesia di opposte tensioni, destinate ad esplodere quando i fascisti occupano il municipio cittadino ed ottengono una sorta di resa incondizionata delle istituzioni e, con esse, anche del mondo tedesco.
Concluso il braccio di ferro a Bolzano, gli squadristi marciano su Trento, dove giungono il 3 ottobre, sotto gli auspici della “Legione Trentina”. Più di duemila uomini inquadrati militarmente impressionano le autorità locali al punto da spingere quest’ultime all’atto estremo di trasferimento dei poteri civili ai comandi militari. Nel pomeriggio del 4 ottobre, una delegazione fascista composta da Farinacci, De Stefani, Buttafuochi e Starace incontra, nell’attuale sede della Provincia autonoma di Trento in piazza Dante e che in quei giorni ospita il Commissario civile, l’on. Luigi Credaro, chiedendo allo stesso le dimissioni immediate. Fuori, sulla piazza, le camice nere sono state raggiunte dai camerati rimasti prima a Bolzano e la folla armata è ormai di notevoli proporzioni. Il comandante militare, gen. Ghersi e gli ufficiali del Regio esercito dichiarano subito l’impossibilità di una difesa militare del palazzo e consigliano anch’essi a Credaro di accettare il “diktat” fascista. Nella concitazione di quelle ore convulse, Farinacci ordina agli squadristi di schierarsi davanti al palazzo, circondandolo. La tensione è al massimo. Tutti sono consapevoli che qualunque gesto, anche involontario, può innescare un bagno di sangue. Credaro comprende così che ormai tutto è perduto ed accetta di lasciare Trento. Sale nella tarda serata sul treno per Roma, mentre i fascisti occupano il palazzo suggellando con quest’atto simbolico la conclusione di qualsiasi minima forma di autonomia trentina e la riconsegna di ogni potere allo Stato centrale.
Il 5 ottobre le coraggiose proteste del sen. Enrico Conci e dell’on. Alcide Degasperi nelle rispettive sedi parlamentari non servono a niente.
Ormai la prova di forza ha dato il suo esito ed il fascismo acquista spazio e baldanza ulteriori. Il 10 ottobre, il Consiglio dei Ministri, convalidando implicitamente l’azione fascista su Bolzano e Trento, sopprime il Commissariato civile e sostituisce i poteri di quest’ultimo con quelli del prefetto, cancellando al contempo anche l’“Ufficio centrale per le Terre Redente”.
Quest’organismo, istituito con il Regio Decreto Luogotenenziale n. 1081 in data 4 luglio 1919 e subito diretto dal politico liberale istriano Francesco Salata, uomo di fiducia del Presidente del Consiglio dei Ministri Francesco Saverio Nitti, è organizzato in tre sezioni: Giustizia, Istruzione ed Applicazione del Trattato di Pace ed ha il compito di provvedere alla sistemazione politico-amministrativa ed alla ricostruzione delle terre annesse. In accordo con i vari Ministeri competenti, deve predisporre il passaggio delle “nuove Province” dallo stato armistiziale a quello di annessione, sotto il coordinamento diretto della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Va ricordato come le regioni del Tirolo meridionale e dell’area triestina sono soggette fin dal medioevo alla dominazione asburgica e sono parte di una organizzazione articolata in “Rechte und Länder”. Si tratta di entità tutte di natura diversa fra loro (principati, contee, margraviati, comuni cittadini, comunità rurali ecc.), tutte dotate di propria sovranità e che mantengono il tradizionale sistema di autogoverno, fondato su antichi diritti territoriali. Su queste forme poggia da sempre la strutturazione dell’impero austroungarico, che vive di quella costante mediazione fra centro e periferia, che diventa anche garante del decentramento dei poteri e delle funzioni idonee a mantenere aggregati territori e popolazioni diversissimi fra loro. Questo modello, così radicato nella mentalità, nel costume e nelle tradizioni dei popoli della duplice monarchia, viene ritenuto dall’“Ufficio centrale per le Terre Redente” funzionale al passaggio di quei territori al regno d’Italia e quindi viene inizialmente adottato.
Ma si tratta di un punto di vista inviso al nazionalismo più intransigente e, di conseguenza, al fascismo. Entrambe queste forze spingono quindi per una rapida soppressione dell’Ufficio, cosa che avviene appunto nell’ottobre del 1922 e dopo la “marcia su Bolzano e Trento”.
Lo squadrismo vince insomma su tutta la linea e, dopo questa riuscita prova generale, consente a Mussolini di preparare quella “marcia su Roma” che lo porterà ad impossessarsi del potere e dello Stato. Comincia così la lunga notte di una dittatura che dura oltre vent’anni e che porta il Paese alla rovina materiale, morale e culturale e lascia uno strascico doloroso e segnato dalla vicenda dello squadrismo, essenza stessa del fascismo.
(10 – Fine. Le precedenti puntate sono state immesse in rete il 24 marzo, 7 aprile, 17 aprile, 1° maggio, 14 maggio, 22 maggio, 12 giugno, 25 agosto e 28 agosto 2023)