Il 29 agosto, i funerali a San Pietroburgo, in forma privata, dei resti di Yevgeny Prigozhin, il fondatore dei mercenari della “Wagner”, rimasto ucciso assieme ad altre nove persone nello scoppio, in volo, dell’aereo personale che portava da Mosca a San Pietroburgo. La notizia ha tenuto e tiene le prime pagine di tutti i giornali. La guerra in corso in Ucraina coinvolge tutti, anche noi. E ognuno focalizza un particolare o richiama un dettaglio, magari sfuggito ai più. Come fa Pier Dal Rì che è rimasto colpito dalla felpa (con sponsor italiano) che Prigozhin indossava, forse anche nell’ultimo viaggio. Di certo, in varie interviste di repertorio replicate alla sua morte, il 23 agosto, dalle reti televisive.
In Russia è difficile capire se un popolo di 143 milioni di individui, di cultura ed etnie diverse, sia consapevole e concorde con il regime che guida il suo Paese, tacito accondiscendente per come e da chi è governato. Chi vive in una democrazia, chi è almeno illuso e convinto che in uno Stato democratico il potere e la guida possono cambiare col voto ed alternarsi fra forze che abbiano visioni diverse, in Russia, a quanto è dato capire, tutto ciò è pia illusione. Non si vedono più nemmeno le oceaniche assemblee che designavano con un applauso plateale il capo supremo, colui che poteva e doveva governare lo Stato sovietico in nome del popolo.
Capirci qualcosa adesso è ardua impresa. Lo zar moderno viene dall’ombra, carriera nei servizi segreti, è contornato da amici già poveri divenuti potenti e ricchissimi per grazia ricevuta, chiamati oligarchi ed ai quali spetta solo il compito di condividere, sostenere e rafforzare il potere di chi ne è il capo supremo. Non sono consentiti dubbi o distinguo di proprie visioni.
Diversamente, e pure loro lo sanno bene, si rischia di perdere ogni privilegio e la stessa vita è appesa a un filo. Difficile capire anche perché, una Nazione che è stata culla e balia della cultura comunista nel mondo, abbia un leader già intimo amico di Berlusconi, mitizzato da Salvini il quale si vantava di codesta amicizia tanto che aveva coniato una maglietta in suo onore. Era ed è solo il più tristo ed isolato potente del mondo, attorniato da consiglieri dei quali si fida a giorni alterni, da ministri con i quali non condivide né la mensa né il riposo, da portavoce ai quali ai quali non difettano la parola ed il credo da comunicare con convinzione suadente. Si è contornato da milizie private, messe in piedi da un venditore di würstel arricchito al quale sono stati consegnati soldi solidi e poteri liquidi, ergastolani da rieducare o da eliminare, per farne una brigata di briganti. Una brigata con il nome di un musicista filo nazista che si candida al ruolo di boia del mondo. Yevgeny Prigozhin divenuto oligarca e “macellaio” al soldo di varie bandiere, chiamato “il cuoco di Putin”, ha osato ribellarsi al suo datore di lavoro (sporco).
Quando, due mesi prima della tragica fine, si imbarcò in marcia su Mosca tutti a domandarsi: o è matto o tenta vuole emulare Giulio Cesare. Alea iacta est. Sappiamo tutti come è finita, o come è stato suggerito, e cioè di considerare il caso chiuso. Il grande capo del battaglione più spietato dello “zar” e sei suoi fedelissimi (oltre a due piloti e una hostess), sono finiti di schianto “dentro una nuvola”, resuscitando l’immagine, sbiadita o dimenticata di promoter della italianissima “Beretta” della val Trompia. Valle lombarda, di una nazione pacifica (?) come l’Italia, con industrie di armi per il tiro a segno nei luna park e per cacciatori sportivi e tiratori scelti di piattello che volano nei prati a cinque cerchi. Importante azienda le cui azioni vanno a ruba perché forniscono utili e guadagni in un settore che non conosce crisi. Si disse, un tempo, che anche le finanze vaticane, si spera all’insaputa del romano pontefice, non disdegnassero tenere in portafoglio quelle azioni di sicuro rendimento. Dalla berretta cardinalizia alla Beretta della val Trompia, tanto per dire.
Ciò che mi turba sono le immagini di Prigozhin con una felpa color militare e con in bella vista il marchio Beretta. Un colpo al cuore per chi vorrebbe che l’Italia fosse fuori dalle guerre, dalle armi, dai mercati della morte.