Con la fine della Grande guerra e l’annessione delle “terre redente” e poste al confine settentrionale corrispondente alla catena alpina, i territori delle province di Trento e Bolzano assumono la denominazione di “Venezia Tridentina”. È in queste geografie che si sviluppa subito, ad opera anzitutto dei nazionalisti, una virulenta campagna di italianizzazione che individua in ogni residuo del passato la prova di austriacantismo e di attività antinazionale. I quali trovano poi l’appoggio convinto del neonato fascismo e di Mussolini che non ha dimenticato il pesante trattamento infertogli durante il suo breve soggiorno a Trento (1909) e la sua burrascosa collaborazione con Cesare Battisti (1875-1916).
Il 5 giugno 1921 una squadra di fascisti emiliani arriva a Trento da Carpi come “ospite” del locale Fascio e si scatena subito contro alcuni lavoratori, colpevoli di indossare il fazzoletto rosso al collo, segno distintivo dei socialisti. Secondo un collaudato schema, le guardie di Pubblica Sicurezza non intervengono, nonostante le proteste di alcune testate locali, fra le quali “Il Nuovo Trentino” e “L’Internazionale”. È il primo esempio dello squadrismo a Trento ed al quale fa seguito, quindici giorni dopo, una riunione dei Fasci dell’alta Italia per l’inaugurazione dei gagliardetti delle sezioni fasciste della Venezia Tridentina.
La cerimonia, voluta dai due “consoli” mussoliniani Achille Starace e Francesco Giunta che svolgono gli stessi compiti nelle “terre redente” della Venezia Giulia, si conclude con una spedizione punitiva contro i socialisti, ma anche con la bastonatura di tutti coloro che non si scoprono il capo al passaggio dei gagliardetti fascisti. I trentini sono esterrefatti davanti ad un uso così spregiudicato ed incontrastato della violenza. Tali comportamenti scavano ulteriori solchi fra la popolazione locale e la nuova entità statale e culturale italiana. Nel frattempo, a Rovereto e a San Michele all’Adige gli squadristi distruggono le locali sedi della Camera del Lavoro. Anche in questi casi le forze dell’ordine non vedono, non sentono e non agiscono.
Il fascismo però, nonostante queste intimidazioni ed una martellante azione di propaganda, non attecchisce facilmente nelle vallate. Anzi. Il 15 maggio 1921 le urne della Venezia Tridentina decretano un plateale insuccesso dei fascisti, ritenuti dalla popolazione gli interpreti di quel processo di italianizzazione forzata che tanto confligge con lo spirito e le aspirazioni della comunità trentina. La reazione allo squadrismo ed alle sue violenze è immediata. Basti dire che l’“Associazione Legionari Fiumani – Italo Conci” di Trento, invita espressamente i suoi iscritti ad abbandonare subito ogni adesione al fascismo.
Achille Starace – che giunge a Trento, come già ricordato, con il compito di fondare e radicare il fascismo – è un arrogante e violento. Il 10 settembre del 1921 si rende protagonista di un episodio che trova grande eco sulla stampa locale e provoca forte sdegno nell’opinione pubblica. Starace schiaffeggia per strada il cav. Vigilio Ceccato (che morirà a 54 anni, il 15 novembre 1921), figura stimata di cittadino benemerito soprattutto per i suoi sforzi in favore dei prigionieri di guerra trentini in Russia, colpevole di aver espresso opinioni contrarie al fascismo. L’attivismo prepotente e brutale dell’ex capitano Starace è così intenso ed evidente che impone al comandante del III Corpo d’Armata di diffidare il segretario del Fascio di Trento da qualunque manifestazione diretta a scopo politico. Naturalmente Starace se ne infischia e non succede nulla, ma il segnale dice molto della tensione sociale e politica locale.
Nell’ottobre seguente poi gli squadristi di Borgo Valsugana assaltano la sacrestia di Tezze Valsugana e minacciano di morte il parroco (Cirillo Gremes, 1877-1961), reo di aver pubblicamente condannato la violenza. Poi, improvvisamente com’è scoppiata, la brutalità si placa. Non è una svolta politica, ma solo una decisione presa in vista dell’arrivo a Trento del re, Vittorio Emanuele III, e della regina madre, Margherita. Scrive in proposito il Commissario civile, on Luigi Credaro, al Ministero degli Interni: “L’ordine esteriore è, si può dire, perfetto. Credo che nessun angolo d’Italia viva in maggiore pace e laboriosità dell’Alto-Adige. L’ordine interiore è tuttavia molto turbato.”
La stampa tedesca è fortemente antitaliana, al pari della popolazione germanofona e tutta questa ostilità emerge platealmente nel saluto che il sindaco di Bolzano, Julius Perathoner (1849-1926), rivolge a sua maestà solo in lingua tedesca e facendo chiari riferimenti al distacco del Sud Tirolo dalla “madre patria tedesca”. Per lo squadrismo è un’insopportabile provocazione e Perathoner diventa così il “nemico pubblico n. 1” di tutti i fascisti italiani.
A Trento, invece, il re viene accolto bene e ciò rianima i nazionalisti ed i fascisti locali che reclamano una nuova politica più intransigente e dura contro l’irredentismo tedesco e, di conseguenza, anche contro gli antifascisti trentini. Nel frattempo Starace, che è stato eletto nella Direzione nazionale del P.N.F. durante il congresso di Roma del novembre 1921, torna a Trento e presiede la seduta del comitato regionale fascista, proponendo lo scioglimento del Fascio di Trento perché alquanto inzavorrato e bisognoso di epurare tutti i deboli e i non convinti.” Il 30 novembre viene quindi sciolta – e subito ricostituita – la sezione di Trento, al cui vertice sono chiamati Guido Larcher, Vittorio Micheloni, Guido Emer, Alfredo Mancini e il colonnello a riposo Tazio Ferrini. Starace ritiene così concluso il suo compito e rientra a Milano il 2 dicembre, dove assume l’incarico di vice-segretario nazionale del Partito.
(8-continua; le precedenti puntate sono state immesse in rete il 24 marzo, 7 aprile, 17 aprile, 1° maggio, 14 maggio, 22 maggio, 12 giugno 2023)