Il teologo e predicatore americano, James Freeman Clarke (1810-1888), lasciò ai posteri codesta lapidaria considerazione: “Un politico guarda alle prossime elezioni; uno statista agisce per le prossime generazioni. Un politico pensa al successo del proprio partito; lo statista a quello del suo Paese”. La frase fu recuperata da Alcide Degasperi (1881-1854) e da qualche altro nobile padre della Patria.
Ciò detto, non si vedono statisti all’orizzonte, in questa bizzarra estate del 2023. Neanche a cercarli con il telescopio. Oddio, uno ci sarebbe: almeno in provincia di Trento. Uno che sa pensare alle generazioni (giovani) del presente le quali saranno adulte nel futuro. Ha cominciato con l’offrire loro, a spese nostre, occasioni di svago e di divertimento all’aria aperta, sull’area predisposta all’uopo e con un esborso folle di pubblico denaro: tra i 6 e i 7 milioni di euro. Dopo aver assicurato al Vasco nazionale 112 mila paganti, con benefit al seguito e la promessa di una statua o di una via (il nostro è ancora lì che si tocca e fa scongiuri perché vie e piazze si intitolano ai morti da almeno dieci anni), nell’anno di grazia elettorale 2023 ha fatto il bis. Più che un bis un vermetto, a dirla tutta, poiché nel torrido luglio appena passato la Music “flop” Arena ha richiamato in tre serate circa 13 mila spettatori. Il prezzo stracciato di 2,50 euro a biglietto non ha mosso le auspicate masse alle quali era stata annunciata la kermesse del secolo. Si doveva riversare sulla Romagna alluvionata una cascata di denaro contante. Neanche un rigagnolo (poche decine di migliaia di euro) a fronte di un esborso pubblico di 500 mila euro per predisporre nuovamente l’area alla musica.
Lo statista prestato alla politica guarda alto e guarda altrove: all’Alto Garda, per essere precisi. Coinvolgendo in ciò pure le prossime generazioni. Vale a dire, coloro i quali avranno il bene di godere le amate sponde, amate pure da Goethe, con un riposante viaggio in treno. Non potendo tagliare il nastro della galleria stradale di passo San Giovanni, che sarà pronta solo fra un paio d’anni, lo statista di Avio ha annunciato la riesumazione della vecchia ferrovia che fu chiusa nel 1936 dallo statista del Ventennio, il cav. Benito Mussolini.
Giusto un secolo dopo, anche lo statista in attesa di una via (“Via Fugatti” lo invocano già in tanti) dovrà far voti al dio dell’Amore. Come accadde con la prima ferrovia, la MAR, la Mori-Arco-Riva che fu realizzata per i buoni uffici del barone bolzanino de Lindegg. Aveva una figlia che si trovò (ahi Cupido!) perdutamente innamorata di un giovane ferroviere, sbirciato una mattina di fine Ottocento mentre aspettava il treno, probabilmente in ritardo, alla stazione di Vandoies, in Sud Tirolo. Poiché non era conveniente che nobili lombi mettessero al mondo eredi plebei, l’augusto genitore procacciò i denari per la ferrovia del Garda, in modo da far nominare almeno “direttore” l’ingombrante genero. L’opera fu inaugurata il 28 gennaio 1891 e chiusa, perché improduttiva, il 23 ottobre 1936, anno XIV dell’Era Fascista. Come argomentava Karl Marx (1818-1883) le tragedie della storia si ripetono. (Di solito) sotto forma di farsa.
Già si annunciano altre roboanti imprese: ospedali di valle con medici e primari pronti a fare le valigie per finire negli annali della sanità trentina. Che già un posto di diritto spetta alla giovane assessora, ahi lei, catapultata dalla pandemia sul proscenio della Storia. Se le cicogne non volano, a Cavalese ha trovato il nido (almeno fino alle elezioni) un elicottero nuovo di zecca. Dal “parto per Fiemme” a “parto da Fiemme”. Del resto, le due valli più ricche dell’Avisio restano un bacino elettorale da “curare” con cura.
Intanto, all’elettore distratto dal caro bollette, dal caro affitti e caro inflazione vengono in soccorso cartelloni giganteschi. A rammentare che, da Roma, Lega e Fratelli d’Italia hanno scelto di volare alto, con il presidente uscente che sarà pure il capocordata della nuova destra. Scomparso il nome di Salvini dal simbolo, ecco la lista “Fugatti Presidente”. Il quale, sorridente, rammenta “il buon Governo del Trentino”.
Chissà a quale legislatura allude. Non a questa, dalla quale il Trentino esce più debole, meno autonomo (visto il ricorso a Roma anche per cambiare la carta igienica), più isolato. Quello che il compianto Bruno Kessler paventava: “Un Trentino piccolo e solo”. A proposito: in attesa di dedicargli una piazza o una via (il più tardi possibile auspichiamo noi per primi) lo statista si è dedicato un libro autobiografico. Qualcuno che lo ha letto non ha potuto trattenere le lacrime. Per aver speso 14 euro del prezzo di copertina.