Con un atto piuttosto inusuale, quanto testimone di una profonda e vasta cultura, nel quarto centenario della nascita del filosofo francese Blaise Pascal, papa Francesco ha inteso dedicare a tale evento una Lettera Apostolica – “Sublimitas et miseria hominis” (“Grandezza e miseria dell’uomo”, Libreria Editrice Vaticana, 2023 – 2 euro) – che merita attenzione anche dal più laico dei lettori.
Infatti, puntando lo sguardo sulla dimensione più filosofica del complesso pensiero di Pascal, il Papa pone in evidenza l’essenza della ricerca del filosofo, che risiede nella centralità della condizione umana, in rapporto alla verità divina rivelata. La condizione dell’uomo è precaria, non poggia su punti fissi e vive dell’insanabile contrasto fra il volere e l’ottenere e ciò determina la natura contraddittoria dell’essere umano, posto a cavallo fra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo e fra lo spirito che chiama all’eterno ed il corporeo che chiama al temporale. “Che cos’è l’uomo nella natura? Un nulla in confronto all’infinito, un tutto in confronto al nulla, un qualcosa in mezzo fra nulla e tutto.” (B. Pascal – “Pensieri” a cura di P. Sereni e C. Bo – Ed. Oscar Mondadori 1970).
Per il filosofo, Dio è la verità finale che abita nella prospettiva dell’amore universale ed ecco perché l’esercizio della “ragione naturale” ci deve rendere solidali con “tutti i fratelli umani”, che stanno cercando anch’essi il senso del proprio esistere e quindi la loro verità.
Proprio per tali ragioni, secondo Papa Francesco, il cristiano non deve mai brandire la propria fede come una forza incontestabile da imporre a tutti, ma deve farne strumento di dialogo, di accettazione, di confronto e di tolleranza. Per Pascal Dio è gioia: “Il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, non dei filosofi e dei sapienti. Certezza. Certezza, Sentimento. Gioia. Pace” (B. Pascal – “Memoriale” in “Pensieri, Opuscoli e Lettere”, [a cura di] A. Bausola – Rusconi, 1978) e la ragione non basta mai a sé stessa; non può armonizzare e risolvere l’enigma fra grandezza e miseria dell’individuo, ma necessita sempre della fede, per dare un significato e un fine all’esistenza dell’uomo.
La Lettera Apostolica di papa Francesco, oltre ad invitare ad una rilettura del pensiero di Pascal, pone alcune questioni non irrilevanti come quelle della fede non esibita contro qualcuno o qualcosa, come invece sembrano fare sempre più frequentemente i non pochi farisei che violano il sacro esibendo simboli e segni della fede a loro esclusivo uso e convenienza. Al contempo, il Papa richiama alla solidarietà fra tutti i fratelli umani, cioè volge un appello, che ripete ad ogni occasione utile, nel considerare che ogni individuo è anzitutto un essere umano e come tale va trattato, con carità e compassione. L’uomo, per Pascal e per Francesco, vive sempre a metà strada fra il mondo fisico e le sue aspirazioni spirituali e questa è la sua caratteristica fondamentale, quella cioè che lo rende unico e differente da ogni altra forma vivente, nel panorama vasto della natura e del tempo.
“Sublimitas et miseria hominis” è quindi un invito a riconsiderare la persona e la sua centralità nel disegno universale; un invito che giunge dal Dio di Abramo – non citato a caso quale Padre dei tre grandi sistemi monoteistici – per giungere a noi, sempre più avvolti nelle nostre fragilità, ossessioni e dubbi ed offrici una risposta. Magari non “la” risposta che va bene per tutti, credenti e non, ma una spinta potente a ricercare la verità che cresce dentro la carità.Una lettura, quella della Lettera Apostolica di papa Francesco dello scorso 19 giugno, forse non “da ombrellone”, bensì da meditazione, per riscoprire il valore fascinosamente faticoso – e troppo spesso dimenticato – del pensare, che ci rende unici nella nostra grandezza e nella nostra miseria.