Facebook Twitter Instagram
    lunedì, Maggio 29
    • Redazione
    Facebook Instagram
    Il Trentino Nuovo
    Banner Cassa Rurale
    • Home
    • I tempi
      della cronaca

      Monopattino d’inciampo

      18 Maggio 2023

      La gran Cassa di Trento

      9 Maggio 2023

      Orsi: il Paese dei “no”

      13 Aprile 2023

      Fallito il progetto “Life Ursus”

      7 Aprile 2023

      Assalto a “salto.bz”

      6 Marzo 2023
    • Storia
      &
      Storie

      Il “contadino della storia”

      24 Maggio 2023

      La teoria della “sostituzione etnica”

      21 Aprile 2023

      Beata anoressia

      24 Marzo 2023

      I cappuccini rinunciano al convento

      15 Marzo 2023

      25 aprile 1945: le stragi di Fiemme

      24 Aprile 2022
    • Persone
      &
      Personaggi

      Ragozzino, un calcio nel sedere

      18 Maggio 2023

      Eusebio Chini il “fondatore dell’Arizona”

      9 Gennaio 2023

      Venezia: Trentina pediatra sull’isola

      7 Gennaio 2023

      Valeria, una donna contro il golpe

      2 Gennaio 2023

      I 100 anni di Gios Bernardi

      1 Gennaio 2023
    • Villaggi
      &
      Paesi

      Rendena: il ritorno delle giovenche

      5 Settembre 2022

      Un béghel per l’Ucraina

      26 Giugno 2022

      Zambana, frane e asparagi

      22 Aprile 2022

      Fiamme Gialle e borsa nera

      9 Settembre 2021

      Una “libreria clandestina” a Grumes

      29 Agosto 2021
    • Opinioni
      &
      Confronti

      Marcantoni: “sorpreso e turbato”

      6 Gennaio 2023

      Media: Il “botto” della Befana

      5 Gennaio 2023

      Se l’autostrada perde il treno

      8 Novembre 2022

      Lasciate l’acqua dov’è

      25 Luglio 2022

      La PAT che attende il Pat

      21 Giugno 2022
    • Precisazioni
      &
      Rettifiche

      Salto: le precisazioni di Athesia

      8 Marzo 2023

      Stampa: il disagio e la memoria

      6 Settembre 2022
    • Ponti di
      dialogo

      Maschi, celibi, eterosessuali

      16 Maggio 2022

      L’ignoranza della geografia umana

      23 Marzo 2022

      I bambini e la “luna di Kiev”

      8 Marzo 2022

      Il sinodo che verrà

      25 Febbraio 2022

      Se il Web allunga la vita

      19 Settembre 2021
    Il Trentino Nuovo
    Home»Gli anni dello squadrismo»(6) Lo squadrismo regionale: Emilia, Toscana e Puglia
    Gli anni dello squadrismo

    (6) Lo squadrismo regionale: Emilia, Toscana e Puglia

    Renzo FracalossiBy Renzo Fracalossi22 Maggio 2023Nessun commento9 Minuti di lettura
    Facebook Twitter Pinterest LinkedIn Tumblr Email
    Condividi
    Facebook Twitter LinkedIn Pinterest Email

    Il fascismo agrario, caratteristico soprattutto della pianura padana, è puramente reazionario. I suoi aderenti sono piccoli o medi proprietari terrieri, fittavoli, mezzadri e commercianti legati all’economia del territorio. Reagiscono al ferreo controllo esercitato sulle campagne da un socialismo massimalista e strettamente classista, che si comporta come se la rivoluzione fosse già compiuta. Mentre nelle città come Bologna agisce un socialismo più avveduto e cauto, nella provincia fermenta lo scontro ideologico nel quale le squadre trovano un ideale terreno di coltivazione e di crescita.

    Nelle campagne, anche grazie a una serie di fattori concomitanti, lo squadrismo si impegna in un’opera di proselitismo, sfruttando certe promesse demagogiche di spartizione della terra fra i coltivatori meno abbienti; giocando sulla paura che comunque serpeggia di fronte all’impunibilità dei fascisti ed, infine, alimentando il tradimento di molti responsabili delle “Leghe rosse”, più attenti al loro tornaconto personale che non all’avvento della “futura umanità”. I colori del fondale politico mutano repentinamente: dal rosso intenso del biennio 1919 -1921, al nero cupo dei due anni successivi.

    Apre la serie, nel gennaio del 1921, la Lega di San Bartolomeo in Bosco (Ferrara) e, nel volgere di poche settimane, quasi tutta l’organizzazione sindacale socialista delle campagne emiliane e romagnole passa, armi e bagagli, al fascismo. Ciò che ne esce è un movimento ben diverso dal fascismo lombardo, più borghese e fors’anche meno rozzo. Quello padano, invece, è un fascismo che si fa interprete del carattere popolare di quel territorio, un carattere sanguigno, guascone, rissoso, fazioso e sedizioso, ma anche difficile da governare e dominare.

    È in questo il brodo di coltura che si affermano i vari “ras” locali, capaci di costituire d’ora in poi una spina nel fianco di Mussolini durante tutto il “ventennio” e fino alla fine, quando proprio in quel fascismo di provincia incubano i germi che decretano la caduta del regime.

    Figure come Dino Grandi e Italo Balbo, dei quali già si è scritto, ma anche Ettore Muti, Leandro Arpinati e Roberto Farinacci sono i protagonisti indiscussi di un clima che è, senza dubbio, ampiamente paragonabile a quello di una vera guerra civile. Lo squadrismo emiliano-romagnolo è costituito da una mescolanza di interessi. Da quelli del latifondo, alle esibizioni degli avventurieri di provincia; dalla difesa di posizioni di rendita ad una microcriminalità impunita e ad una arroganza che lo rende pronto a tutto. Senza una definita linea ideologica, almeno nelle prime fasi, e senza chiari obiettivi politici, ma solo con lo scopo di “menare le mani” per gusto e convenienza, questo squadrismo è qualcosa di ben diverso da quel folklore al quale, talora, ci si rifà, ieri come oggi, per raccontare e giustificare la violenza e le morti che si susseguono.

    Quei caratteri peraltro si ritrovano parimenti nel primo squadrismo toscano, nato con il sostegno economico dell’“Alleanza di Difesa Cittadina”, un’associazione di ispirazione liberale nella quale si raccolgono gli interessi di gruppi industriali e finanziari che vogliono “salvare l’Italia dal bolscevismo.” Con questo obiettivo generico, l’“Alleanza” si impegna ad arruolare giovani, meglio se ex combattenti ed Arditi i quali, in nome dei loro “ideali”, siano pronti a battersi soprattutto contro il “nemico rosso”. Li trova presto in un gruppo di emarginati che ha già fondato autonomamente il primo “Fascio futurista”, su spinta di Umberto Banchelli, un’originale figura di avventuriero di stampo popolaresco che raccoglie attorno a sé personaggi di incerta collocazione politica e sociale e dei quali si sentirà molto parlare negli anni 1921 e 1922: da Francesco Giunta – fondatore del Fascio nella Venezia Giulia – ad Amerigo Dumini, assassino prezzolato di Giacomo Matteotti.

    Anche in Toscana, al rientro dal fronte, i contadini si organizzano, ribellandosi al patto mezzadrile ed esasperati dalle mancate promesse di sviluppo e libertà per le quali si sono battuti in guerra. Su queste tensioni sociali che richiamano solo vaghi profili del bolscevismo russo, la borghesia urbana e i grandi proprietari reagiscono, trovando una strana ed inedita alleanza con i gruppi intellettuali fiorentini che si sentono eredi della grande tradizione culturale classica e non sopportano ipotesi di sovvertimento dell’ordine sociale, per come esso si pone. È cosi che, senza alcun dramma di coscienza, Firenze diventa la matrice culturale del fascismo e qui nascono riviste come “Leonardo” e “Lacerba”, passando per testate come “Hermès” e “La Voce”, nelle quali trovano ospitalità anche le prestigiose penne di Giuseppe Prezzolini, Giovanni Papini e Ardengo Soffici, irriducibili nemici del pacifismo, del socialismo e dell’umanitarismo.

    Ciò nonostante, la prima azione pubblica organizzata dello squadrismo toscano si risolve in una solenne pagliacciata. A Montespertoli, sul balcone del municipio sventola una bandiera rossa che gli agrari del luogo vogliono togliere. Non riuscendovi di persona, chiamano allora in aiuto i fascisti fiorentini che, giunti sul posto, si installano nel caffè del paese e provocano, con canzoni e slogan, fino a quando, a tarda sera, il caffè chiude. Buttati fuori dal locale, i fascisti continuano i loro schiamazzi volgari, fino a quando sopraggiungono in paese i contadini del circondario, armati di forche e picconi, e pongono l’assedio alla casa dove gli squadristi si sono rifugiati, per non soccombere di fronte alla sproporzione dei numeri. La situazione è paradossale.

    Da Firenze partono quindi rinforzi fascisti che vengono però bloccati dai regi Carabinieri prima di Montespertoli. Adesso gli squadristi asserragliati hanno paura. Riescono nella notte a dileguarsi alla chetichella, anche con la complicità delle autorità che li proteggono dall’ira dei braccianti e rientrano a Firenze incolumi. Ovviamente la retorica del regime magnificherà poi, completamente falsandola, la vicenda, ma qui è l’intero squadrismo toscano ad essere coperto di ridicolo.

    La vendetta sarà rapida e pesante. Scontri a Firenze con feriti ed uccisi, sparatorie, pestaggi, olio di ricino e risse con gli operai che culminano, il 27 e 28 febbraio 1921, nell’assalto squadrista a San Frediano e poi a Scandicci. Le barricate operaie saranno rimosse dai militari i quali, affiancando gli squadristi, utilizzano perfino l’artiglieria. Ma non si è ancora raggiunto l’apice.

    A Firenze i ferrovieri socialisti sono entrati in sciopero e bloccano le linee di trasporto ferroviario. La regia Marina militare sbarca quindi sessantaquattro meccanici e macchinisti. Vestiti in borghese, li manda verso Firenze, con una scorta di Carabinieri, per sostituire gli scioperanti e far ripartire il traffico su rotaia.  Qualcuno lo viene a sapere e lancia l’allarme, scambiando quei marinai per squadristi. Giunti i due camion all’altezza di Empoli, vengono attaccati con armi da fuoco: è un massacro. Sei marinai e tre carabinieri rimangono a terra, mentre quasi tutti gli altri sono feriti. L’attacco è opera probabilmente della “Guardia Rossa”, un distaccamento di difesa voluto dalla neonata sezione del Partito Comunista d’Italia, al quale si aggregano oltre quattrocento empolesi.

    La reazione squadrista si organizza per un assalto alla città. Nonostante ripetuti tentativi dei Bersaglieri per fermare la “spedizione punitiva”, Empoli viene assalita: la Camera del Lavoro brucia e così anche le sedi dei Circoli socialisti e delle Leghe dei contadini, mentre decine e decine di persone, a prescindere dalla loro innocenza o meno, vengono pesantemente aggredite. Quella “spedizione” compatta lo squadrismo fiorentino dietro al suo “ras”, il marchese Dino Perrone Compagni e lo chiama a un ruolo leaderistico, rispetto alle squadre di Rino Daus a Siena, di Renato Ricci a Carrara, di Pacino Pacini a Livorno e del farmacista Sandro Carosi, un assassino freddo e spietato che agisce in Lucchesia. Sono costoro che, nell’estate del 1922, guidano le operazioni più sanguinose in Val di Chiana, nel Bisenzio e soprattutto a Sarzana dove si combatte per le strade una sorta di guerriglia urbana e dove muoiono anche i fascisti. Lo squadrismo toscano è, se possibile, ancor più violento ed estremista di quello emiliano-romagnolo, al punto da fare il paio con il fascismo a cavallo, ovvero l’esperienza pugliese.

    Si tratta di una importante declinazione meridionalista del fenomeno squadrista, poggiata sull’ampia adesione dei “mazzieri”, cioè di personaggi adusi alla violenza per il controllo del bracciantato agricolo e contraddistinti dall’uso del cavallo quale mezzo primario di locomozione. In genere, lo squadrismo meridionale non da di sé grandi prove, riconoscendosi sostanzialmente in due leader e cioè Aurelio Padovani a Napoli e Giuseppe Caradonna in Puglia e seguendone servilmente le direttive e scopi. Se Padovani è un ex ufficiale pluridecorato e massone di ispirazione repubblicana, nonché il propugnatore di una visione intransigente dello squadrismo, Caradonna, originario di Cerignola e fiero avversario del suo compaesano Giuseppe Di Vittorio, celebre sindacalista della C.G.L. (Confederazione Generale del Lavoro), è anch’egli un ex capitano decorato al valore, avvocato e proprietario terriero che vede invece nel fascismo lo strumento ideale per la tutela degli antichi privilegi e diritti di casta. Mentre, a Napoli, Padovani si batte per la rivoluzione sociale ed è contrario all’uso della violenza, al punto da scontrarsi ripetutamente con Mussolini che non mancherà di espellerlo nel 1923 dal P.N.F. (Partito Nazionale Fascista), Caradonna punta ad una propria autonoma leadership, usando lo squadrismo, in una terra intrisa di contrasti sociali, come “braccio violento” del grande latifondo. 

    Bene armati e dotati di una consistente rapidità di movimento, i cavalleggeri di “don Peppino” spadroneggiano nel Tavoliere e nelle Murge, arrivando ovunque per “persuadere” i contadini a non richiedere alcun aumento del salario quotidiano e a non reclamare ciò che non appartiene a loro da sempre, ovvero le terre private e demaniali.

    A Bari, Andria e Barletta, ci sono tre Unioni del Lavoro con oltre diecimila iscritti, ma non c’è però la capacità e la volontà di opporsi alle squadracce, anche perché queste sono spalleggiate e coperte ovviamente dalle autorità e dalle forze dell’ordine. La Puglia viene sconvolta da una lunga sequenza di fatti gravissimi: incendi dei campi e degli oliveti, pestaggi, soprusi, stupri e violenze di ogni genere che portano all’assassinio anche del deputato Giuseppe Di Vagno – il Matteotti pugliese – da parte degli squadristi, al quale fa da contraltare l’uccisione, a Minervino, del latifondista Riccardo Barbera, massacrato dai suoi braccianti inferociti.

    Con l’avvento del regime, anche lo squadrismo pugliese rientra, più o meno riottosamente, nei ranghi. Le camice nere a cavallo scendono dai destrieri e ripongono le mazze. La “rivoluzione fascista” è finita. Adesso è il tempo del regime, al quale lo squadrismo non serve più.

    (6-continua; le precedenti puntate sono state immesse in rete il 24 marzo, 7 aprile, 17 aprile, 1° maggio, 14 maggio 2023)

    importante
    Condividi. Facebook Twitter Pinterest LinkedIn Tumblr Email
    Articolo precedenteLa fattoria degli animali
    Articolo successivo 25 ettari di propaganda elettorale
    Renzo Fracalossi

    Renzo Fracalossi, è nato a Rovereto il 5 luglio 1961. Risiede a Trento dove, dopo gli studi umanistici, lavora nella pubblica Amministrazione. Presiede l'associazione culturale "Club Armonia"; è componente della "Società di Studi Trentini di Scienze storiche" e della S.O.S.A.T. Ricercatore e divulgatore, si occupa da decenni di approfondire e narrare l'antisemitismo e con esso la Shoah e di indagare la storia locale. Collabora con università e centri di ricerca europei su tali questioni ed ha all'attivo alcune pubblicazioni e contributi. È autore teatrale, iscritto alla S.I.A.E., con testi rappresentati in sede locale e nazionale.

    Articoli correlati

    Il Vangelo di Luca (da Gardolo)

    26 Maggio 2023

    Il “contadino della storia”

    24 Maggio 2023

    Il futuro, dal mito di Enea al mondo digitale

    22 Maggio 2023

    Lascia un commento Cancel Reply

    12 − quattro =

    Articoli recenti
    • Il Vangelo di Luca (da Gardolo)
    • Il “contadino della storia”
    • Il futuro, dal mito di Enea al mondo digitale
    • 25 ettari di propaganda elettorale
    • (6) Lo squadrismo regionale: Emilia, Toscana e Puglia
    Commenti recenti
    • Giuseppe su Ragozzino, un calcio nel sedere
    • Corrado Zanol su Beata anoressia
    • Alberto Folgheraiter su Beata anoressia
    • Corrado Zanol su Beata anoressia
    • Alberto Folgheraiter su Il tetto e la tetta (del téta)
    • Facebook
    • Instagram
    • Popolari
    • Recenti

    Noi “mericani tirolesi”

    7 Maggio 2021

    Beata anoressia

    24 Marzo 2023

    In 925 pro Kezich

    26 Maggio 2021

    Il Vangelo di Luca (da Gardolo)

    26 Maggio 2023

    Il “contadino della storia”

    24 Maggio 2023

    Il futuro, dal mito di Enea al mondo digitale

    22 Maggio 2023
    Archivi
    • Maggio 2023
    • Aprile 2023
    • Marzo 2023
    • Febbraio 2023
    • Gennaio 2023
    • Dicembre 2022
    • Novembre 2022
    • Ottobre 2022
    • Settembre 2022
    • Agosto 2022
    • Luglio 2022
    • Giugno 2022
    • Maggio 2022
    • Aprile 2022
    • Marzo 2022
    • Febbraio 2022
    • Gennaio 2022
    • Dicembre 2021
    • Novembre 2021
    • Ottobre 2021
    • Settembre 2021
    • Agosto 2021
    • Luglio 2021
    • Giugno 2021
    • Maggio 2021
    • Aprile 2021
    • Marzo 2021
    Categorie
    • Anniversari&memoria
    • Dialoghi sulla panchina
    • editoriale
    • El cantòn del Filò
    • Festival dell'Economia
    • Gli anni dello squadrismo
    • I tempi della cronaca
    • Il corsivo
    • Il romanzo dello sport
    • Intervista
    • l'immagine curiosa
    • La via dei topi
    • Lettera dall'Africa
    • Lettera sull'Ucraina
    • Lettere dall'emigrazione
    • Libri a km zero
    • Libri&riviste
    • mondo del credito
    • mostre&cataloghi
    • mostre&dibattiti
    • Musica&Teatro
    • Opinioni&Confronti
    • Persone&Personaggi
    • piccola città
    • Ponti di dialogo
    • Precisazioni&Rettifiche
    • Provincia e dintorni
    • Razzismo&Antisemitismo
    • reportage
    • Scienza&Tecnica
    • Senza categoria
    • Senza parole
    • Sinodo
    • Storia&Storie
    • Testimonianze
    • tradizioni
    • Villaggi&Paesi
    • Vino al vino
    About
    About

    Questo "foglio liquido" affida le proprie vele al vento della cultura e dell'intelligenza. È un natante senza padroni, a disposizione di tutti i "liberi pensatori".

    Facebook Instagram
    © 2021 Il Trentino Nuovo. Designed by Rievoluzione.it.
    • Home

    Scrivi qui sopra e premi Invio per cercare. Premi Esc per annullare.