Nell’anno centenario della “marcia su Roma” che diede avvio al Ventennio fascista, i ricercatori del Museo storico del Trentino hanno deciso di raccontare quale sia stato il percorso che ha portato un piccolo movimento formato da reduci e giovani “figli della Grande Guerra” a diventare un partito-milizia in grado di impadronirsi del governo del Paese. Non intendono raccontare l’atto in sé della marcia, su cui tanto è stato scritto nell’anniversario, quanto la genesi di un fenomeno di portata epocale. Una “macchia nera”, appunto, che si è allargata su tutta la penisola (e non solo). È il tentativo di uscire da una retorica che riconosce centralità a un evento per il solo anniversario e che, una volta passato, porta via con sé ogni riflessione sul tema.
Un podcast della Fondazione Museo storico del Trentino
Di fascismo, in Italia, certamente si parla, spesso in maniera fuorviante. Ovvero presentandolo come qualcosa di inspiegabile, quasi demoniaco o comunque con spiegazioni più psicopatologiche che storiche. Noi invece intendiamo rimettere i fatti nel loro contesto. Quello di un paese costretto a fare i conti con il lascito di una guerra devastante (1 milione e 200 mila morti, tra militari e civili), non voluta e non capita da una parte consistente della popolazione. Un Paese attraversato da una forte conflittualità sociale, con classi possidenti, ceti medi e apparati dello stato decisi a reprimere duramente ogni tentativo di emancipazione delle classi lavoratrici. È da questo contesto che il fascismo nasce, non come affermazione di qualcosa, ma come negazione: negazione delle identità delle tante “Italie” operaie e contadine, negazione delle aspirazioni alla giustizia sociale, al protagonismo delle classi subalterne. Questa negazione prende forma non attraverso una teoria, ma attraverso una pratica, quella dello squadrismo. La reazione, anche armata, degli oppositori a questa pratica, l’accondiscendenza degli apparati dello Stato, il supporto dei ceti medi e possidenti e infine gli stessi contrasti interni alla dirigenza fascista determinano il ruolo centrale di Mussolini e con esso strategia, identità e finalità del movimento da lui guidato. Il fascismo dunque non come fatto astorico che spiega sé stesso, ma come fatto storico che racconta una società e un’epoca; ma anche come fatto storico capace di illustrare meccanismi e immaginari della contemporaneità. Per questo abbiamo scelto di osservarlo anche da una prospettiva più vicina a noi. Quella della cultura popolare, dei film, delle serie, dei fumetti. Quest’ultimo compito l’abbiamo affidato allo storico Francesco Filippi, appassionato e studioso del “pop”.
Come l’abbiamo fatto? Attraverso uno strumento che crediamo utilissimo nelle mani di un divulgatore: il podcast. Sei puntate, tutte dalla durata di 12 minuti circa e con uscita settimanale per sei settimane, il venerdì, tutte accomunate da un medesimo schema. Un “aneddoto”, un’analisi e, appunto, uno spunto che trasferisca quella storia in scenari a noi più vicini. Il tutto con intermezzi di testimonianze dirette, di fonti fasciste e antifasciste utili a calare l’ascoltatore nel linguaggio talvolta altisonante, talvolta aggressivo, talvolta allarmato, talvolta disperato, dei protagonisti di quel tempo. A prestare la propria voce per il podcast, facente parte della multipiattaforma History Lab della Fondazione Museo storico del Trentino e disponibile sulle principali piattaforme streaming (Spreaker, Spotify, ecc), sono stati gli operatori del Museo. Al progetto, ideato e scritto da Tommaso Baldo e Davide Leveghi, oltre agli stessi hanno partecipato Sara Zanatta, Denis Pezzato e Francesco Filippi. Denis Pezzato ne ha curato il montaggio e la sonorizzazione, Matteo Gentilini la produzione. La vocal coach è Maura Pettoruso, le musiche originali sono di Angelo Naso.